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 2014  giugno 21 Sabato calendario

AZZARDO, UN ARCIPELAGO DOVE CRESCE IL SOMMERSO

L’ultima ricerca presentata dalla con­sulta nazionale antiusura non è an­data giù a Sistema gioco Italia, la fe­derazione dell’azzardo aderente a Confindu­stria. A tal punto da scrivere una lettera al ministro dell’Interno Angelino Alfano, al presidente del­la Caritas, il vescovo Giuseppe Merisi, e al se­gretario generale della Cei, il vescovo Nunzio Galantino, il quale nei giorni scorsi aveva invi­tato a «dire basta alla pubblicità di tutti i gio­chi d’azzardo con vincita in denaro». Secondo Massimo Passamonti, presidente della confe­derazione di gestori e concessionari, i risulta­ti della ricerca non sono corretti. «In questi an­ni non abbiamo mai chiuso le porte al dialogo ma, anzi, lo abbiamo sempre ricercato con tut­ti gli interlocutori. Ciò presuppone, però, che si parta da dati certi, reali e comprovati, altri­menti – è questa l’accusa contenuta nella mis­siva – non è possibile alcun dialogo, ma ci si li­mita ad enunciazione di posizioni tanto inuti­li quanto sterili». Per cominciare vengono contestate le stime sul gioco sommerso su cui, secondo Passa­monti, non ci sono rilevazioni reali né atten­dibili. Il sociologo Maurizio Fiasco, curatore della ricerca contestata, precisa però che, al contrario, non vi è una omogeneità tra i dati ri­guardanti il gioco legale. E questo deve inso­spettire. Per esempio la provincia nella quale si gioca di più (Pavia) ottiene un dato propor­zionalmente più alto di 17 volte rispetto al­l’ultima in classifica (Enna). Una discrepanza anomala se si considera che invece per il Lot­to e il Superenalotto (giochi per i quali non è possibile una manomissione da parte delle sin­gole ricevitorie) le province italiane fanno re­gistrare dati tra loro sovrapponibili. «Inoltre oggi sappiamo che il nu­mero di slot machine in rapporto al numero di abi­tanti è pressoché uguale in tutta Italia – spiega Fiasco –, dunque non possiamo dare per assodato che in alcune regioni le slot pro­ducano dieci volte di più che in altre». In supporto arriva l’indice di con­dizionamento mafioso adoperato dal ministe­ro dell’Interno sulla base di dati elaborati dal centro studi Transcrime, dell’Università catto­lica. Guarda caso, alcune delle province appa­rentemente parsimoniose in tema di scom­messe sono quelle a più alta densità mafiosa e dove maggiore è stato il numero di indagini che hanno permesso di accertare manomis­sioni agli apparecchi da gioco, occultando al fi­sco milioni di euro di scommesse.
Un errore però, Fiasco lo ammette. Nella ri­cerca si parla dei cosiddetti ’ippodromi online’ tassati allo 0,1%: «In realtà la per­centuale è dello 0,2 perciò il prelievo fiscale sale da 10 a 20 milioni». Ma Sistema gio­co Italia segnala che nel ca­so di slot e videolottery ( Vlt) è stata «fortemente sottosti­mata la parte erariale che è il 5% e non il 2%’. «Quello che non viene detto è che il prelievo del 5% – precisa Maurizio Fiasco – è stato intro­dotto da meno di un anno, visto che per ’lan­ciare’ questi giochi la tassazione era ferma al 2%. Comunque percentuali troppo basse se si pensa a quanto ammonta la tassazione sul ci­nema o i libri». Altro nervo scoperto: il presunto sovraindebi­tamento dei concessionari con il sistema ban­cario. Passamonti smentisce, ma Fiasco ricor­da che «nell’ultimo anno più di una volta i con­cessionari hanno emesso obbligazioni non per aumentare il capitale o reinvestire la liquidità, ma per far fronte agli impegni finanziari e fi­scali ». Peraltro il sociologo restituisce alle major dell’azzardo l’accusa secondo cui esse siano tassate come le altre imprese. «Questo dipen­de dal reddito che esse producono, ma non si può negare che la tassazione al consumo so­no più basse di quelle per il pane».
Nella lettera di Sistema Gioco Italia si ricorda che l’azzardo da lavoro a 140mila persone. «An­che questo dato – insiste Fiasco – non è reale. Perché tiene conto dei dipendenti dei bar e del­le tabaccherie che non sono lavoratori diretti del comparto del gioco. In realtà il comparto produce pochi posti di lavoro, meno di 70mila». E pensare che altri comparti, con un giro d’affari più basso, danno lavoro vero a molte più famiglie senza generare costi sociali, come quello delle ludopatie.