Roberto Giardina, ItaliaOggi 21/6/2014, 21 giugno 2014
EINSTEIN NO, PRENDIAMO LA MOGLIE
da Berlino
Grave caso di discriminazione sessuale a Berlino? Probabile, ma la vittima è un uomo. Alla Humboldt Universität non hanno assunto il miglior candidato, il più esperto, il più preparato, con la giustificazione: dobbiamo favorire una candidata donna per rispettare le quote rose.
All’ateneo della capitale, come in tutte le università tedesche, i professori sono in netta maggioranza rispetto alle colleghe. Come avviene in quasi tutti i settori, pubblici e privati. E si cerca di correre ai ripari, come sarebbe giusto purché le aspiranti a un posto o a una cattedra siano qualificate. Altrimenti si ottiene un effetto boomerang contro la causa femminile.
Nei consigli di amministrazione e nei consigli di sorveglianza delle più grandi società tedesche sono molto poche le donne. Appena l’8,7%. E le imprese hanno cominciato a promuovere le signore, ma un buon terzo delle manager promosse di recente, si sono arrese e si sono dimesse. A causa del mobbing dei colleghi maschi? Non lo so, ed è difficile comunque provarlo. Per stessa ammissione delle dirette interessate, molte si sono scoperte inadeguate al ruolo e hanno preferito arrendersi. I responsabili si difendono: non troviamo semplicemente tra le nostre dipendenti persone all’altezza. Bisogna preparare le future dirigenti per tempo: in altre parole la discriminazione comincia alla base, e non si può intervenire cominciando dall’alto.
Alla Humboldt cercavano un matematico, e il professore più qualificato era Matthias Aschenbrenner, da anni docente alla University of California. Insieme con la moglie Kirsten, nel 2013, decise che era preferibile far crescere le due figlie in Germania, e la coppia pianificò il rientro, facilitato dalle misure per facilitare il rientro dei «cervelli», e dalle garanzie per non separare i coniugi, se entrambi occupati.
Il professore tornò in patria per esaminare le diverse proposte, disse di no a Freiburg e a Münster dove erano pronti ad accoglierlo, perché in queste due città non c’erano prospettive per la moglie. Meglio Berlino: alla Humboldt avevano bisogno di un matematico nella facoltà di economia. Si candidò, gli risposero che le candidature dall’estero erano le benvenute, Aschenbrenner superò i colloqui brillantemente e si piazzò con largo margine al primo posto. La cattedra era sua, lo rassicurarono.
Subito dopo la doccia gelata: la cattedra, gli comunicarono, era inserita nel programma per favorire le quote rose nei prossimi tre anni, ed era stata finanziata solo in vista dell’assunzione di una Frau Professorin. Alla Humboldt esiste una direttiva interna in cui si consiglia di favorire esclusivamente le donne. Un programma in effetti nazionale: in Germania su 44 mila professori, gli uomini sono 35 mila, la quota rosa è di appena il 20%. E nelle facoltà per tradizione maschiliste, come scienze naturali o matematica, si scende al 10. «Me ne rendo conto«, commenta Aschenbrenner, «ma nessuno mi aveva avvertito. Se lo avessi saputo, sarei rimasto a Los Angeles, o avrei accettato altre proposte. Anche il secondo e il terzo qualificato dietro di me erano uomini. E tra i concorrenti, le colleghe erano solo il 30%». Michael Hartner, dirigente dell’associazione dei professori tedeschi, protesta con veemenza: «Il comportamento della Humboldt è ipocrita. Si rispettano le direttive per le quote rosa, e si ignorano quelle per favorire il ritorno dei nostri migliori talenti dall’estero, e le misure per tutelare i coniugi». E non si pensa neppure agli studenti: perché devono essere privati del diritto di venire preparati e aiutati dal miglior docente sulla piazza? Qualcuno ha attaccato un cartello all’ingresso: «Einstein non c’è posto per te. Assumiamo tua moglie».
Roberto Giardina, ItaliaOggi 21/6/2014