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 2014  giugno 21 Sabato calendario

ESTER E GUERINONI ERANO VICINI DI CASA

Questa è l’incredibile storia vera di come sia stato scoperto il presunto assassino di Yara Gambirasio. La svolta decisiva non è arrivata dalle investigazioni scientifiche, nulla di simile a Csi. Ma da un bar di mezza montagna, con fuori gli alberi scossi dal vento e dentro sette tavolini rotondi, dove si gioca a carte e si beve forte. La svolta è arrivata da un maresciallo dei carabinieri di nome Giovanni Mocerino, 58 anni, nato ad Afragola, ma residente a Clusone, in Alta Val Seriana. Il che, di per sé, sarebbe già un piccolo romanzo. Uno che mette il suo nome sull’elenco del telefono. Uno che sa parlare alla gente di questa valle, chiusa al limite della reticenza. Uno che è arrivato a lavorare nella polizia giudiziaria della procura di Bergamo, ma non ha smesso di fare il vecchio lavoro da investigatore di strada.
Insomma: da due anni avevano individuato il profilo genetico di «Ignoto 1», il sospettato. Macchie di sangue sugli slip e sui leggins di Yara avevano fornito un Dna univoco. Erano riusciti a risalire al padre dell’assassino, l’autista di corriera Giuseppe Guerinoni, morto nel 2009. Esclusi i figli naturali, bisognava trovare un figlio illegittimo. Quindi, una madre. Una donna misteriosa.
Hanno preso tutti gli elenchi possibili: figli abbandonati, figli non riconosciuti, donne madri della Val Seriana, donne che si sono trasferite negli anni Settanta, tutte le clienti di una stazione termale di Salice Terme frequentata da Guerinoni. Prelevati 18 mila Dna, ma niente. Nessuna traccia. Ed è così che entra in scena il maresciallo Giovanni Mocerino.
Lui abita a 6 chilometri da Ponte Selva. Abita, cioè, molto vicino a dove era vissuto Guerinoni. Torna a parlare alla gente della valle. E quello che dice a tutti, più o meno, è questo: «Se sai qualcosa, per favore, raccontamelo. Va bene anche senza verbali, basta una confidenza. Aiutami a trovare l’assassino di Yara».
Due settimane fa un signore grande e grosso di nome Antonio Negroni rompe il silenzio. In verità, aveva già parlato una volta di questa storia. Solo una, confidandosi con un giornale locale che si chiama «Araberara»: «Certo che conoscevo Giuseppe Guerinoni, eravamo amici e colleghi. Per me era un uomo con la U maiuscola. Dovete scriverlo...». L’onore. La rispettabilità. Gli uomini con la U maiuscola. Non aveva detto molto di più. Ma dai ricordi di quell’amicizia giovanile, alla fine, è affiorato un nome. Una confidenza per il maresciallo: «Il Giuseppe aveva una tresca con la signora Ester Arzuffi».
Qui la storia diventa davvero incredibile. Perché il profilo genetico della signora Arzuffi era già stato prelevato. Così come ha dichiarato, ieri in conferenza stampa, il pm Letizia Ruggeri: «Lo avevamo preso il 27 luglio 2012, in qualità di donna nata in Val Seriana ed emigrata nella zona di Brembate». Eppure, quel Dna giusto non aveva prodotto alcunché di interessante. Si era perso da qualche parte. Un mistero nel mistero. Salvo tornare di attualità grazie al lavoro di strada del maresciallo.
La prima cosa che è saltata agli occhi, ancora prima della comparazione genetica, è stata la geografia: Ester Arzuffi, già sposata con Giovanni Bossetti, viveva nella stessa via e nello stesso palazzo dell’autista Guerinoni. Ponte Selva. Strada provinciale. Dove c’erano gli alloggi del cotonificio Pozzi, e adesso c’è un palazzone moderno e un negozio che vende stufe. Erano vicini di casa nel 1969. Massimo Bossetti, il presunto assassino di Yara, è nato nel 1970. Quando la sua famiglia si era appena trasferita a Brembate.
«Ho fatto quello che dovevo fare - dice Negroni, l’ex autista di corriera - non voglio più parlare di questa storia». Anche il maresciallo Mocerino si schermisce: «È stato un colpo di fortuna, come ogni tanto ne capitano nella vita. Il successo è di tutti. Preferisco non dire altro...». Ora che il caso è chiuso.

Vicini di casa La palazzina di Ponte Selva (oggi ristrutturata) dove nel 1969 vivevano sia Ester Arzuffi che l’autista Giuseppe Guerinoni