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 2014  giugno 21 Sabato calendario

BRIN, LA SOTTILE LINEA ROSA DEL GIORNALISMO

«Io sono una storica del costume, non una cronista. I miei libri devono incuriosire, certo: ma resistere». Irene Brin l’aveva capito prima degli altri. E forse bisognerà riscriverla, la storia del giornalismo di costume, un genere tradizionalmente considerato frivolo forse perché femminile, in realtà capace di indagare lo Zeitgeist contemporaneo molto più di tanto giornalismo sapientone. È il caso di questo bellissimo saggio “storico” che esce a sorpresa dagli archivi della Galleria d’arte contemporanea. Il diario di un anno considerato dalla Brin come periodo di svolta della vicenda italiana: il 1952, data della rinascita internazionale di un paese affamato, ferito dalla guerra e immiserito dall’autarchia culturale del passato ventennio. Quando sul finire del 1967 l’editore Immordino le chiede di scegliere il “suo” anno per la collana diretta da Milena Milani ( Un anno di...) — la stessa in cui era uscito Le Pervestite di Camilla Cederna — la scrittrice indica la «festa intelligente e stracciona » che aveva visto l’Italia “esplodere” fuori dai suoi confini.
L’Italia esplode. Diario dell’anno 1-952 è il titolo di questo testo rimasto finora inedito e che ora vede la luce grazie a Viella e per la cura di Claudia Palma nella collana “La memoria restituita” diretta da Marina Caffiero e Manola Ida Venzo (pagg. 240, euro 22, in libreria il 9 luglio). Una cronistoria divisa in dodici capitoli — uno per ogni mese dell’anno — che restituisce la seduzione intellettuale e creativa di una Roma ridivenuta caput mundi, come ai tempi di Goethe e Stendhal. Artisti e viscontesse, fotografi à la page e incantevoli modelle in cerca di principe o inutilmente innamorate di Luchino Visconti. Ecco l’incontentabile Cartier-Bresson
e il riservato Jean Genet, un’insolita Ingrid Bergman e il maestro di stravaganze Salvador Dalí, Igor Stravinsky e Graham Greene, Nancy Mitford e Tennessee Williams. È l’anno del made in Italy, lanciato nel mondo dal Grand Hotel di Firenze. L’arte di Visconti e De Sica richiama nella capitale le star internazionali. I “sacchi” di Burri incantano e scandalizzano. E al centro della scena c’è lei, maestra di generazioni di giornaliste, affascinante, cosmopolita, elegantissima. La zarina di Harper’s Bazaar, Diana Vreeland, l’aveva scelta come Rome editor dopo averla ammirata a New York con un tailleur griffato Fabiani. Le scarpe sempre aperte sul davanti, a mostrare l’alluce esemplarmente smaltato. Colta e curiosa, scrittrice raffinata e traduttrice di quattro lingue, fondatrice insieme al marito della prima importante galleria d’arte nel dopoguerra. Sapeva intessere reportage di moda con citazioni dell’eresia catara o di Rasputin, inventrice di un genere letterario che avrebbe annoverato diversi emuli, non solo tra le donne (domani, a Sasso di Bordighera, le sarà dedicato un Museo, che raccoglie opere, abiti e fotografie).
L’Italia esplode fu il suo ultimo libro, scritto nel 1968, a malattia già avanzata. Un’altra rivoluzione stava per esplodere, ma Irene Brin non fece a tempo ad assistervi. La sua vita s’era mescolata con quella del 1952, diventando improvvisamente “calda” e “umana”. «Valeva la pena di viverla», sono le sue ultime parole. E non si fa fatica a crederle.