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 2014  giugno 20 Venerdì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - BOSSETTI È DAVVERO COLPEVOLE?



BERGAMO - Massimo Bossetti, l’uomo fermato con l’accusa di essere l’assassino di Yara Gambirasio, resta in carcere: secondo il gip gli indizi contro di lui sono gravi e concordanti. Ma questo non ferma l’attività della Procura di Bergamo, della polizia e dei carabinieri. Che ancora cercano di dare risposte ai tanti perché rimasti in sospeso. Quale sarebbe il movente dell’aggressione subita dalla tredicenne di Brembate di Sopra? Lei e Bossetti si conoscevano? Come avrebbe fatto l’uomo ad attirarla nel campo di Mapello in cui è stata uccisa? Il pubblico ministero Letizia Ruggeri, che ha incontrato la stampa, non si sbilancia su questo aspetto: "C’è il segreto istruttorio. Non fatemi domande di questo tipo perché gli accertamenti sono ancora in corso e rischieremmo di compromettere l’inchiesta"

La caccia al movente. Ma per l’accusa un processo contro Bossetti potrebbe reggere anche con i gravi indizi già in possesso dei magistrati. Come la polvere di calce trovata sul corpo e nelle vie respiratorie della ragazza, compatibile con la professione di muratore dell’uomo, come le tracce lasciate dal telefonino del presunto killer. E come il dna di Bossetti ritrovato sui vestiti di Yara: "La traccia genetica è molto, molto significativa - spiega il pm - il materiale, che secondo i periti potrebbe essere sangue, è stato ritrovato in grande quantità sui pantaloni e sugli indumenti della ragazzina, in corrispondenza con un taglio effettuato con un’arma molto affilata. Questa posizione potrebbe indicarci un possibile movente: ma di questo bisognerà discutere al momento opportuno, durante il processo. Certo, noi non smettiamo di indagare".

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Le polemiche sui costi. Il procuratore Francesco Dettori ha voluto rispondere, alla luce del successo ottenuto, ai tanti detrattori che nei mesi e negli anni scorsi hanno accusato gli inquirenti di inefficienza e di spreco di risorse pubbliche: "E’ vero, abbiamo speso svariati milioni di euro. Ma grazie a un lavoro immane siamo riusciti a ottenere un risultato partendo praticamente da nulla: non un testimone attendibile, non una telecamera utile. Solo una piccola traccia di dna e dei tabulati telefonici. Le polemiche e le accuse sono sterili, quando di mezzo c’è la morte violenta di un’adolescente di 13 anni. Abbiamo fatto tutto quello che era in nostro potere". Tutti - dal comandante del Ros, Mario Parente, al questore Fortunato Finolli, rimarcano l’impegno di uomini e mezzi necessario a scavare nella montagna di dati e di profili genetici, fino ad arrivare al nome di Ignoto 1. E poi: ’Il gip pur non avendo convalidato il fermo, per ragioni formali, ha confermato l’impianto e disposto la custodia cautelare per gravi indizi di colpevolezza". Il pm Ruggeri spiega a questo proposito: "Avrebbe potuto fuggire, per questo è stato chiesto il fermo".

Centoventimila telefoni al setaccio. Tutto è partito dal vaglio dei telefoni cellulari che si erano agganciati alle celle di Brembate e Mapello nelle ore del rapimento e dell’assassinio di Yara: 120mila numeri ("E per ognuno di questi abbiamo controllato non solo l’intestatario del contratto, ma anche coniugi o conviventi", spiega il comandante dei carabinieri Antonio Bandiera). Su questo gruppo sono partiti i prelievi del dna, allargati alla cerchia della scuola frequentata dalla tredicenne, della famiglia, degli amici, dei luoghi che in qualche modo potevano avere a che fare con la tragedia. Sono 4.897 i profili genetici analizzati in questi anni dalla polizia scientifica, 9.488 dai Ris, mentre altri 7.435 erano già stati raccolti e in attesa di essere mappati.

L’albero genealogico. È la traccia del dna che porta alle Sabbie mobili, la discoteca vicina al campo di Mapello in cui Yara è morta: proprio tra i 33mila soci del club si trova la prima, vera pista. Il profilo di un ragazzo, simile a quello dell’assassino, porta gli inquirenti a esplorare l’albero genealogico, risalendo fino ai primi dell’Ottocento. È così che si arriva a Giuseppe Guerinoni, padre di Ignoto 1. Poi, scartabellando fra archivi polverosi e elenchi scritti a mano alla ricerca di ragazze madri o di persone che potessero aver vissuto negli stessi luoghi dell’autista di Gorno, alla madre. L’ipotesi che Bossetti "sia figlio di un altro individuo, non imparentato in linea paterna con Giuseppe Guerinoni, è di 1 su 14 miliardi", si legge nella relazione del professor Emiliano Giardina, dell’Università di Tor Vergata, riportata dal gip. Anche la consulenza della dottoressa Cristina Cattaneo è devastante per Bossetti: "I risultati ottenuti hanno consentito di confermare il rapporto di paternità naturale tra Giuseppe Benedetto Guerinoni e il soggetto convenzionalmente indicato carne Ignoto 1, essendo l’indice di paternità almeno pari a 754 milioni, corrispondente a una probabilità di paternità pari a 0,9999999987. Valore che in termini percentuali corrisponde al 99,99999987 per cento".

"L’uomo con la barbetta". Uno degli aspetti di cui dovranno occuparsi gli investigatori è quello delle dichiarazioni rese dal fratellino della tredicenne uccisa. Il quale nel luglio del 2012 aveva spiegato che la sorella "aveva paura di un signore in macchina che andava piano e la guardava male quando lei andava in palestra e tornava a casa percorrendo la via Morlotti" a Brembate di Sopra. Anche queste parole andranno valutate nel prosieguo delle indagini. L’uomo, secondo quanto gli aveva raccontato Yara, "aveva una barbettina come fosse appena tagliata". Massimo Giuseppe Bossetti ha avuto un pizzetto biondo e possedeva una "macchina grigia lunga". Ed è è proprietario - annota il gip - di una Volvo V40 di colore grigio". Il gip precisa che "si tratta però di un teste di minore età, la cui capacità di rappresentazione dei fatti non può essere equiparata a quello di un adulto, e quindi è ben possibile che qualche dettaglio non corrisponda del tutto alla fisionomia dell’attuale indagato".

Parla la madre di Bossetti. Le dichiarazioni della Procura - dove parlano di "indagine rigorosa" e di "un puzzle che si è quasi completato" - arrivano a poche ore da un’intervista di Ester Arzuffi, madre dell’arrestato, al Corriere della Sera. Anche se il figlio confessasse l’omicidio di Yara, ha detto la donna, non gli crederebbe "perché non è vero". La donna ha detto di non aver mai avuto una relazione extraconiugale con Giuseppe Guerinoni - da cui sarebbe nato l’uomo accusato dell’omicidio di Yara Gambirasio - e che la scienza ha sbagliato: "Ne sono la prova". "Per gli investigatori è così", ovvero che Massimo non è figlio di suo marito ma di Giuseppe Guerinoni, ed è Ignoto 1, il presunto killer di Yara. "Per me no al cento per cento - sostiene Ester - Non sono mai stata con Guerinoni". "A meno che il mio cervello non abbia resettato tutto, questa è la verità". E ancora: "Vivevo a Ponte Selva come lui (Guerinoni)", "ma era solo una conoscenza". "Mio marito voleva cambiare lavoro, quindi ci siamo messi in macchina e siamo andati alla ricerca di un altro posto. L’abbiamo trovato alla Filco di Brembate di Sopra". "Ci siamo trasferiti nel 1969, sarà stato marzo o aprile, e loro (i gemelli: Massimo Giuseppe e la sorella Laura) sono nati a ottobre del 1970, peraltro con un mese di anticipo. Mi dice come possono essere figli di Guerinoni?".


REPUBBLICA.IT
Resta in carcere Massimo Giuseppe Bossetti, 44 anni, sposato e padre di tre figli, fermato con l’accusa di aver ucciso la tredicenne Yara Gambirasio. Il gip Ezia Maccora ha disposto la misura cautelare in carcere, ritenendo sussistenti gli indizi di colpevolezza, ma non ha convalidato il fermo poiché non esisteva il pericolo di fuga alla base del provvedimento. Il gip precisa che "sussiste l’esigenza cautelare, avuto riguardo alla gravità intrinseca del fatto, connotato da efferata violenza". Il gip prende anche in considerazione "la personalità del Bossetti, dimostratosi capace di azioni di tale ferocia posta in essere nei confronti di una giovane ed inerme adolescente abbandonata in un campo incolto ove per le ferite e per ipotermia ha trovato la morte".

Eppure lo stesso Bossetti aveva provato a difendersi davanti al giudice: "Sono totalmente innocente, non c’entro niente". La posizione del muratore di Mapello era stata anticipata da Repubblica, che nell’articolo di Paolo Berizzi aveva riportato il suo sfogo in cella di isolamento: "Sono un padre, ho tre bambini, uno ha 13 anni, la stessa età di Yara. Non farei mai un’atrocità del genere".

"Mai vista Yara né conosciuta". Davanti al pm Letizia Ruggeri aveva fatto scena muta, ma col gip ha parlato: "Io quella ragazza non l’ho mai vista né conosciuta". Conosceva qualcuno della sua famiglia? "Ho visto il padre in un cantiere" (dopo che la tragedia era già avvenuta). "L’ho riconosciuto perché c’erano le fotografie sui giornali e nei servizi televisivi". Qualcuno sostiene invece che Bossetti, muratore, e Fulvio Gambirasio, che è geometra, avessero lavorato insieme. Ma lo stesso Gambirasio nei giorni scorsi aveva detto agli investigatori di non conoscerlo, di ricordarsi forse di averlo visto a Brembate di Sopra una volta, ma molto tempo fa. E su questo le due versioni combaciano.

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Il mistero del telefonino. Dov’era il tardo pomeriggio del 26 novembre, quando Yara scomparve? "A casa con la mia famiglia", ha risposto Bossetti. Una circostanza che la moglie, sentita dai carabinieri, non era stata in grado di ricordare. Il telefono cellulare aggancia la cella di via Natta a Mapello alle 17.45 e "non faceva più comunicazioni fino alle 7.34 della mattina successivà", come ha ricostruito la Procura. "Sì, ma era a casa scarico". Bossetti ha risposto in modo preciso, con accanto il suo avvocato, Silvia Gazzetti, salvo che su una cosa: come poteva esserci quello che gli esperti della Procura ritengono con certezza il suo dna sui leggins di Yara quando fu trovata uccisa, tre mesi dopo, in un campo di Chignolo d’Isola, a qualche chilometro da Brembate Sopra. "Non so spiegarmelo", si è limitato a dire.

"Sconvolto" per il padre naturale. Bossetti è rimasto "sconvolto", quando ha saputo, dopo oltre quarant’anni, di essere figlio non del suo padre anagrafico, Giovanni, ma di Giuseppe Guerinoni, l’autista di autobus di Gorno morto nel ’99 e che avrebbe avuto un relazione con sua madre Ester. Ed è stato proprio grazie alla cosiddetta ’pista di Gorno’, raggiunta dopo migliaia di comparazioni del dna, che si è giunti a lui. Ester Arzuffi "presto dirà a sua verità: vuole intervenire per puntualizzare fatti ed eventi emersi in questi giorni e riportare la sua versione rispetto a temi che non ha ancora toccato", ha fatto sapere Benedetto Bonomo, legale vicino alla famiglia Bossetti. Gli investigatori non si sono comunque fermati nalla ricerca di riscontri al quadro indiziario raccolto finora. Quelli di Scientifica e carabinieri sono stati nella casa della famiglia in cui Bossetti, la moglie e i tre figli hanno vissuto fino a lunedì scorso e che ora è sotto sequestro. Ne sono usciti con del materiale raccolto in due sacchetti. Parallelamente proseguono gli accertamenti del Ris dei carabinieri sul materiale preso in precedenza: il computer di Bossetti, arnesi da lavoro e taglierini.

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La gemella: "L’hanno incastrato". "Hanno voluto incastrarlo. Non è lui, ne sono sicura al cento per cento", ha detto la sorella gemella Laura. E ha aggiunto: "Conosco mio fratello, lui è innocente". In piedi, davanti al portone della sua abitazione, ad Almenno San Salvatore in provincia di Bergamo, la donna spiega di non aver mai saputo di una relazione della madre con Guerinoni: "Che io e mio fratello siamo figli illegittimi l’ho scoperto dai giornali. Ma per me, mio padre resta l’uomo che mi ha cresciuto". E aggiunge: "Non prendo le distanze da mia madre. Quello che ha fatto, se è vero, non cambia nulla. Sono cose successe oltre quarant’anni fa".

L’intervento del Garante. Sulla vicenda interviene il Garante della privacy per richiamare i media e per metterli in guardia sull’accanimento informativo. L’autorità richiama i media "al massimo rispetto" dell’essenzialità della notizia e rimarca che neanche l’interesse pubblico legittima l’accanimento sugli "aspetti più intimi della persona tale da determinare irreparabili danni nella vita familiare e di relazione".

Grillo rilancia contro Alfano. E Beppe Grillo sul proprio blog sferra un nuovo attacco al ministro dell’Interno, Angelino Alfano, attraverso un post firmato da Lello Ciampolillo, senatore del Movimento 5 Stelle. "La sconcertante ansia di visibilità di Alfano costituisce un’ulteriore indecorosa pagina di inadeguatezza di un personaggio politico che ormai non può che rassegnare le dimissioni o, in alternativa, essere sfiduciato e mandato a casa. Il M5S aveva già richiesto le dimissioni di Alfano con una mozione di sfiducia. Oggi i cittadini hanno conferma della bontà di quella iniziativa e della assoluta incapacità di questa maggioranza di governo".

"Clamorosa svista istituzionale". Scrive ancora Ciampolillo: "E’ una nuova impresa del nostro brillante ministro, che dopo il caso Shalabayeva riconquista gli onori della cronaca per una clamorosa svista istituzionale. Il giovane ex rampollo di Berlusconi, difatti, pur di millantare meriti di certo non propri, ha rivelato notizie riservate in merito alla svolta investigativa nel drammatico omicidio di Yara. Alfano con il suo tweet, come denunciato dal procuratore della Repubblica di Bergamo, ha messo a rischio tutto l’importante lavoro svolto da magistrati e forze dell’ordine in anni e anni di pazienti riscontri".