Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  giugno 20 Venerdì calendario

IL PROCESSO ILVA SUBITO SOSPESO, GLI ATTI IN CASSAZIONE


Cominciato e subito rinviato al 16 settembre. Così il processo a Taranto per il disastro ambientale dell’Ilva. La decisione di rinviare tutto a dopo le ferie è stata presa dal gup Wilma Gilli per decidere sulle eccezioni sollevate dai difensori di alcuni imputati. L’ipotesi di un avvio del processo con rinvio immediato circolava già da alcuni giorni considerato che c’è un’istanza di rimessione presentata dalla difesa del gruppo Riva e di alcuni imputati. Nessun sit-in all’esterno della caserma del comando provinciale dei Vigili del fuoco, solo qualche striscione dei Cobas, ma a distanza dall’edificio. Il processo noto come «Ambiente svenduto» riguarda il disastro ambientale compiuto dall’Ilva secondo l’accusa della Procura che chiede il rinvio di 49 persone e di 3 società. Coinvolti fra gli altri Nicola e Fabio Riva, fratelli e proprietari dell’Ilva, ma anche ex direttori del siderurgico tarantino, dirigenti dello stabilimento, politici, amministratori pubblici come il sindaco di Taranto, Ezio Stefano, e il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola. Ieri davanti al gup Wilma Gilli nella prima udienza sono state decine le richieste di costituzione parte civile da esaminare ma soprattutto con un grosso nodo da affrontare: se rimettere subito gli atti alla Corte di Cassazione, visto che gli avvocati del gruppo Riva e di altri imputati chiedono la rimessione del processo, ovvero il trasferimento in un’altra città, oppure costituire comunque le parti civili, in almeno un paio di udienze, poi attendere il verdetto della Suprema Corte. Alla fine l’aggiornamento al 16 settembre ma per alcune eccezioni sollevate dalla difesa.
La carta della rimessione del processo è stata invece giocata dalla difesa nella convinzione che a Taranto non esistano le condizioni per uno svolgimento «sereno» del processo. Troppo rilevante è il caso Ilva, grande l’impatto, anche psicologico, sulla città, ancora recenti sono le manifestazioni e i cortei di protesta contro l’acciaieria, l’ultimo dei quali si è tenuto ai primi di aprile scorso.
Il processo, quindi, dicono i legali del gruppo Riva e di altri imputati, va spostato in alto luogo. La Procura respinge le accuse e fa presente che l’equilibrio del giudizio a Taranto è dato dal fatto che proprio i Riva, i principali indagati, visto che per loro l’accusa è di associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, nelle scorse settimane sono stati assolti dall’accusa di monopolio illecito al porto. Tra i presenti in tribunale spicca la presenza di Aurelio Rebuzzi, che ha perso il figlio 16enne qualche tempo fa a causa di una grave malattia. C’è Vincenzo Fornaro, l’allevatore al quale nel 2008 furono abbattuti centinaia di capi di bestiame, tra pecore e capre, che risultarono contaminate dalla diossina dell’Ilva. E giustizia chiedono un po’ tutti coloro che hanno perso i loro cari o subito danni dall’inquinamento. «Se non ci fosse giustizia, i nostri familiari morirebbero due volte», sottolinea Aurelio Rebuzzi. «Non si risolve il problema chiudendo l’Ilva – ammonisce Maurizio Landini, segretario della Fiom Cgil – L’Ilva deve continuare a produrre e a garantire lavoro ma in un quadro completamente nuovo e diverso dall’attuale. Lo stabilimento va risanato, messo a norma e reso sicuro».