Leonardo Coen, il Venerdì 20/6/2014, 20 giugno 2014
L’ANATEMA DI DEBORA: DANNEGGIANO ANCHE NOI PIETÀ ZERO PER I LADRI
[Debora Serracchiani]
Ai margini orientali della padana Mazzettaland si situa il probo Friuli-Venezia Giulia: lo governa l’intransigente Debora Serracchiani, vice segretaria nazionale del Pd, 43 anni e mezzo che a vederla si dimezzano, con quel volto da ragazzina impertinente. Inganna, l’aspetto. Debora è una combattente politicamente irriducibile, capace di ribaltare sondaggi e previsioni. L’hanno infatti eletta a sorpresa poco più di un anno fa, quando si andò a votare il 21 e il 22 aprile del 2013: sgominò i Cinquestelle che a parole dicevano di mangiarsela, una come lei. Spodestò il presidente uscente Renzo Tondo, leader del centrodestra, che non la prese troppo sul serio. Fu una sconfitta dolorosa per Berlusconi e Grillo. E un sospiro di sollievo per chi patrocinava, in casa Pd, radicali cambiamenti generazionali. Insomma, una bandiera nuova da sventolare.
Ma ora quella bandiera fatica a trovare il vento giusto. Soffia una bora che promette sconquassi. Qualcuno pensa che faccia bene a spazzare quel che resta del vecchio sistema: «Il nostro compito è difendere la cosa pubblica. Non gli interessi privati. Chi non è d’accordo non può far parte di questo Pd» dice senza giri di parole Serracchiani.
È come se tracciasse una nuova linea di frontiera. Di qui, la bella terra pasoliniana del Tagliamento e dell’Isonzo governata da Debora. Di là, dal fiume e tra gli alberi (tanto per parafrasare Hemingway), scorre il fluviale e torbido vitalizio milionario di Giancarlo Galan, alimentato da tangenti bipartisan che hanno pesantemente coinvolto persino il sindaco Pd della Serenissima, e questo la Serracchiani non lo tollera, ecco il confine politicamente discriminatorio: «Chi tradisce il mandato degli elettori deve sparire dalla politica. Per sempre».
Dura, la battaglia. Dentro e fuori il partito. Vedi quel che è successo a Livorno, roccaforte perduta della sinistra in crisi e in intrighi. Ogni giorno, una stilla di veleno in più filtra dalle paratie lagunari del Mose che non riescono ad arginare l’acqua alta dei gossip e dei verbali su Ladropoli alla venexiana. Debora premette e promette: "Sulla legalità il nostro nuovo Pd non fa sconti a nessuno. Ciò che è avvenuto non è giustificabile. Né accettabile. Né possibile".
Nessuno, sinora, ha rivolto ai politici una domanda piccola piccola, ma fondamentale (e non fondamentalista): davvero è così difficile essere onesti?
«No, non è così difficile. Anzi».
Anzi cosa?
«Qualcuno pensa che gli sia dovuto tutto, quando arriva a occupare un posto di responsabilità pubblica. Quello che è successo è stato un colpo molto brutto, ancor più brutto perché avvenuto in un momento in cui noi politici ed amministratori ci muoviamo a fatica, cercando di recuperare credibilità».
Lo tsunami del voto Pd delle europee aveva premiato i tredici mesi di governo della Serracchiani con un eccellente 42,2 per cento, superiore di un paio di punti rispetto alla media nazionale. A lei gli elettori avevano concesso una sorta di linea di credito: tu dici di voler svecchiare e rinnovare la classe dirigente del tuo partito e in campagna elettorale hai affermato di voler ridurre le spese regionali e di abbassare i costi della politica. Ebbene, provacelo.
«E noi l’abbiamo fatto. I consiglieri sono passati da 62 a 49, compreso il governatore. Abbiamo approvato la diminuzione degli emolumenti dei consiglieri, l’eliminazione dei vitalizi e la riduzione del 90 per cento dei costi dei Gruppi. Sul piano legislativo, abbiamo approvato la legge voto per l’abolizione delle provincie».
Ma la gente chiede anche incentivi, aiuti per combattere disoccupazione e recessione. L’imposizione fiscale è percepita come confisca, come saccheggio, soldi che vanno a finire nelle tasche dei corrotti…
«Allora, partiamo dalle imprese. Nel primo anno, 150 milioni sono stati investiti per rilanciare il sistema economico e industriale e fronteggiare la crisi. Proprio in questi giorni abbiamo elaborato il piano regionale del rilancio industriale. Siamo riusciti a fare sistema e dare risposte concrete, chiudendo positivamente importanti stati di crisi. Il caso Electrolux, quello della Ideal Standard. L’accordo di programma sulla Ferriera di Servola. Fincantieri. La Regione ha finalizzato investimenti mirati. Destinati a creare lavoro e qualità. Abbiamo mantenuto in sicurezza il sistema di Welfare. Abbiamo affrontato la crisi a faccia aperta. Siamo temprati dalla Storia».
Quando si è trattato di votare norme nell’interesse della Regione, si è unita anche parte della minoranza.
«L’immobilismo aveva zavorrato la Regione. Oggi la gente si è accorta quanto sia importante agire immediatamente e con poteri forti. La nostra maggioranza è coeva. Non dilapidiamo le risorse. Valorizziamo i distretti, come quello Tecnologico di Monfalcone per la Navalmeccanica. Facciamo stage per tirocini pagati coi fondi europei, di fatto seguiamo caso per caso».
Cinquestelle vi contesta duramente. Soprattutto sulla questione del reddito di cittadinanza.
«Era presente nel nostro programma elettorale, il problema è trovare le risorse senza scardinare il sistema delle attuali tutele sociali. La Sanità e il trasporto pubblico locale non accedono al fondo nazionale. Non prendiamo nulla dallo Stato. Non nego, tuttavia, che siamo in difficoltà, perché nel frattempo abbiamo partecipato all’abbattimento del debito pubblico nazionale, come tutte le altre regioni. Questa è la realtà con la quale dobbiamo confrontarci. In questo senso, siamo una sorta di Regione virtuosa».
Avete però speso 700 mila euro per fare arrivare il Giro d’Italia in Friuli, sullo Zoncolan, e a Trieste, con tanto di Frecce Tricolori e concerto dei Dire Straits…
«Un affare. Anche volendo trascurare quanto è arrivato direttamente sul territorio (solo a Trieste hanno stimato un incasso di tre milioni nei tre giorni legati al Giro, non sono spiccioli), l’impatto mediatico che c’è stato non ha prezzo».
Peccato che siano sempre troppi i politici che hanno un prezzo.
«Per costoro, nessuna pietà».