Paolo Mastrolilli, La Stampa 20/6/2014, 20 giugno 2014
USA, ARRESTATA LA GUARDIA DI AUSCHWITZ
[Johann Breyer, 89 anni, viveva a Filadelfia dal 1952. Sarà estradato a Berlino] –
Vista dall’esterno la casa di Johann Breyer, nella periferia a nord di Filadelfia, sembra l’anonima residenza di una famiglia «blue collar». Mattoncini rossi, un pezzetto di giardino, e il garage per l’auto. Il tipico luogo dove i genitori della classe lavoratrice allevano i figli e costruiscono il loro sogno americano. In effetti era così anche per Johann, solo che lui custodiva un segreto inconfessabile: durante la guerra aveva fatto la guardia ai prigionieri nel campo di concentramento di Auschwitz. Lo ha custodito per settant’anni, ma martedì scorso è stato arrestato e ora, a 89 anni d’età, verrà estradato in Germania per essere processato.
La madre di Breyer era nata negli Stati Uniti, ma prima della Seconda guerra mondiale si era trasferita in Cecoslovacchia, dove era nato Johann. La storia aveva cambiato in fretta il suo destino, quando il paese era caduto nelle mani dei nazisti. A 17 anni il ragazzo era entrato nelle SS, secondo lui perché lo avevano obbligato, secondo i nuovi documenti raccolti dai procuratori tedeschi e americani perché si era arruolato come volontario. Era stato assegnato al reparto più feroce, ed era finito ad Auschwitz.
Secondo la versione di Breyer, lui era una semplice guardia nella zona militare del campo, obbligata a prestare servizio per controllarne la sicurezza. I procuratori, però, hanno trovato prove che raccontano un’altra storia. Johann in realtà faceva parte del reparto che selezionava i prigionieri all’arrivo, e li destinava per la maggior parte alle camere a gas. Quindi faceva la guardia, ma con lo scopo principale di evitare le fughe e garantire che gli internati destinati ai lavori forzati restassero al loro posto. Tutto questo lo rende un collaboratore volontario dello sterminio, e quindi un imputato da processare.
Breyer era emigrato negli Stati Uniti nel 1952, e si era stabilito nella zona di Filadelfia, dove faceva il ferramenta. Assieme alla moglie aveva tirato su i loro figli, e i vicini lo descrivono come una persona gentile con tutti, che amava giocare con i bambini e dava da mangiare ai cani del quartiere. Il suo segreto era stato scoperto nel 1992, quando il dipartimento alla Giustizia aveva fatto un primo tentativo di deportarlo in Germania. Allora, però, le autorità tedesche non erano molto collaborative, e lui si difese dicendo che era stato ad Auschwitz, ma solo come semplice guardia comandata di guardare fuori dal muro di cinta. Il fatto che la madre fosse nata negli Usa lo proteggeva anche sul piano legale, e quindi il caso fu archiviato senza sviluppi. Johann tornò nella sua casetta a condurre la tranquilla vita del padre di famiglia.
L’atteggiamento della Germania però è cambiato col nuovo secolo, e nel 2011 la condanna dell’ex operaio dell’Ohio John Demjanjuk, accusato di aver servito nel campo di Sobibor, ha creato un nuovo clima. Le autorità tedesche si sono convinte della necessità di perseguire tutti i responsabili del genocidio, qualunque fosse la loro età, e hanno cominciato a cercare anche i documenti relativi al servizio di Breyer. Presto hanno scoperto che la realtà era diversa da quella raccontata: non era un giovane costretto a obbedire, senza sapere cosa stava avvenendo, ma un volontario delle SS che aveva deciso di dare il suo contributo volontario allo sterminio degli ebrei. Mercoledì mattina è comparso davanti ai giudici. I suoi avvocati hanno detto che soffre di demenza, ma ha risposto di capire perché lo vogliono processare.
Paolo Mastrolilli, La Stampa 20/6/2014