Alessandro Oppes, la Repubblica 20/6/2014, 20 giugno 2014
LA PROMESSA DI FELIPE VI “ONESTI E INTEGRI VI FIDERETE DI NOI”
MADRID.
Sorride, si morde nervosamente il labbro inferiore, in un gesto che è tipicamente suo. Ma che sintetizza anche la preoccupazione per l’avvio di una nuova fase storica disseminata di incognite. Sono trascorse da poco le 10,30 del mattino quando Felipe di Borbone e Grecia — in una Madrid blindata da oltre settemila agenti — giura solennemente fedeltà alla Costituzione davanti al Parlamento a camere riunite. Una formula (per la prima volta completamente laica) semplice e stringata, pochi secondi appena, prima di essere proclamato re di Spagna con il nome di Felipe VI dal presidente delle Cortes Jesús Posada. Nell’emiciclo non c’è il padre Juan Carlos, per scelta precisa, per non distrarre il fuoco dei riflettori dall’unico grande protagonista di una giornata che garantisce alla dinastia la continuità istituzionale. Segue la cerimonia in tv l’ex sovrano, dal Palazzo della Zarzuela dove un’ora prima aveva imposto al figlio ed erede il fajín, la fascia rossa di capo supremo delle forze armate. Subito dopo, il rapido trasferimento in auto dei nuovi reyes verso il centro della capitale: Felipe in alta uniforme dell’esercito, Letizia — che appena saliti a bordo della Rolls Royce ha avuto un tenero gesto d’affetto verso il marito, una carezza sulla guancia — con un abito bianco, corto ma elegante e «corretto», assicurano gli esperti di protocollo.
Già in Parlamento, subito dopo la proclamazione, il re ricambia con un bacio alla sposa, la giornalista televisiva diventata regina. Le piccole Leonor e Sofia (la prima, da ieri, erede al trono) osservano serie, applaudono timide. Commossa la regina Sofia, che vede realizzato il sogno di tutta una vita. Ma più ancora di lei è commossa l’Infanta Elena, sorella maggiore del monarca, l’unica ad avere gli occhi lucidi. Non c’è Cristina, ormai tagliata fuori dai destini dei Borbone per lo scandalo in cui è coinvolta insieme al marito. Ed è proprio da questa nota dolente — il tema della corruzione — che parte Felipe VI nel suo messaggio alla nazione, 23 minuti che sono una dichiarazione d’intenti con una promessa di fondo: «Una monarchia rinnovata per un tempo nuovo ». Lo dice in modo chiaro: «La Corona deve guadagnarsi la fiducia e l’appoggio dei cittadini con una condotta integra, onesta e trasparente ». Sfida tra le più ardue, in un paese che ha smesso di credere nelle istituzioni.
Ma non è l’unica. La Spagna rischia anche la frattura territoriale per le rivendicazioni separatiste di catalani e baschi. «In questa Spagna diversa e solidale — dice il re — entriamo tutti». Il monarca lancia un monito ai politici perché non «rompano mai i ponti per il dialogo », nella convinzione che «in una Spagna unita e diversa c’è spazio per tutti». Il consenso è quasi unanime. Tutti in piedi ad applaudire, ma con due eccezioni non casuali. Sono proprio i presidenti basco e catalano, Iñigo Urkullu e Artur Mas, a restare immobili, impassibili. Un «affronto» con un occhio all’elettorato. Sotto il sole di mezzogiorno, il bagno di folla lungo le strade del centro di Madrid, con il piccolo colpo di scena: auto scoperta, lo voleva Felipe ed è riuscito a imporlo, nonostante le perplessità dei servizi di sicurezza. Dal balcone del Palazzo Reale, prima foto di famiglia dei monarchi uscenti ed entranti, col la folla entusiasta a sventolare le bandierine distribuite dal Comune. In una giornata così, non c’è spazio per il dissenso: gli anti-monarchici respinti alla Puerta del Sol sono costretti a ripiegare in una piazza meno centrale. I pochi che provano a spingersi con bandiere repubblicane fino alla Gran Vía, dove passa il corteo reale, vengono subito bloccati. In serata gli agenti hanno caricato una manifestazione di repubblicani.
Alessandro Oppes, la Repubblica 20/6/2014