Paolo Siepi, ItaliaOggi 20/6/2014, 20 giugno 2014
PERISCOPIO
L’ex pm del caso Tortora nominato assessore alla legalità a Pompei. Pronto un mandato di cattura per Plinio il vecchio per complicità con l’eruzione. Il Rompispread. MF.
L’ultimo che esce, per favore, spenga Alfano. Jena. La Stampa.
Squinzi: Renzi è come la Ferrari. Sempre dietro a una tedesca. Spinoza. Il Fatto.
Le fabbriche livornesi hanno chiuso, prospettive non esistono, ma i livornesi, che hanno le loro enormi colpe, si sentono ancora più ganzi di tutti. Quando sento parlare di turismo da implementare o di accoglienza da riservare al visitatore mi viene da ridere. I livornesi sono i primi nemici del turismo e non amano che qualcuno si sdrai sul loro scoglio. Livorno è un posto strano. Una riserva indiana. Un microcosmo che si illude di bastare a se stesso. E lo dico con il cuore ferito, guardando da lontano una città che, per me, un tempo, significava qualcosa e che, adesso, osservo imbarbarita. Paolo Virzì, regista, livornese. Il Fatto.
Mineo è un’unghia che gratta sulla lavagna; un polline tra gli allergici. Sdm. Il Foglio.
Anche Dell’Utri è convinto che Berlusconi sia stato fatto fuori dalle cancellerie europee perché aveva difeso gli interessi dell’Italia davanti all’Europa. Invece, mi ha detto Dell’Utri: «Mercenari della politica hanno trattato a sfavore dell’Italia con l’ingresso nell’euro. Quest’ultimo è stato premiato con la presidenza della Ue e stava per diventare capo dello stato». Era chiaro che si riferiva a Prodi. E, secondo me, alludendo ai magistrati, ha concluso dicendomi: «Bisogna sempre chiedersi di chi si fanno gli interessi. Quali poteri criminali si tutelano. Perché niente è come sembra». Lucio Barani, senatore di Forza Italia, uscendo dal carcere di Parma dove ha incontrato Marcello Dell’Utri. Agenzie.
Maturità anche per il marò Girone. Alla terza prova, quelle che, se non la sai, lasciale, non sparare a caso. Spinoza. Il Fatto.
Sono genitore di un ragazzo che, dal dicembre 2002, è in stato vegetativo, minimamente cosciente. A volte mio figlio, che gestiamo in casa, apre gli occhi e ci guarda o accenna a un bacio, dopo che mia moglie gli ha sfiorato con le labbra la guancia. Ripetendo più volte la parola mamma, lui la sillaba. Quando accadono queste cose, a me e a mia moglie, si accende una luce immensa che ci dà una gioia indescrivibile e la forza di lottare per rendergli l’esistenza più accettabile. Sergio Famà. Il Foglio.
Ogni Stato ha i rivoluzionari che si merita. Palmiro Togliatti.
Dato che il Pd è diventato il partito dei grandi (grande finanza, grandi imprese, grandi banche) noi vogliamo diventare il partito di tutti gli altri. Delle piccole imprese, di chi lavora, delle famiglie. Matteo Salvini, segretario della Lega Nord. Corsera.
Io tanto felice non lo sono. In certe notti afose mi chiedo se sia ancora possibile esserlo, felici, in un’epoca ove l’uomo più potente del globo decreta la gay adoption, inequivocabile annuncio della fine del mondo. Umberto Silva, psicanalista. Il Foglio.
All’inizio, i redattori del Corriere della Sera non furono scontenti della scelta di Alberto Cavallari come direttore. Da corrispondente da Parigi, Cavallari era stato molto valorizzato da Di Bella e aveva assicurato al giornale una produzione giornalistica di alto livello. Purtroppo, appena insediatosi, ben consapevole che la sua candidatura era stata il frutto avvelenato di una congiura politica, si regolò di conseguenza, affidandosi mani e piedi al Cdr (il sindacato dei giornalisti, ndr) e ai sinistrorsi più tignosi, che erano molto ascoltati e bivaccavano nel suo ufficio. Fra costoro, oltre a Fiengo, ricordo in particolare il caporedattore Giovanni Panozzo e il capocronista Salvatore Conoscente, entrambi provenienti dall’Unità, al pari di Giancarlo Pertegato; tutti assunti da Di Bella, pensa te che libero muratore reazionario, quando il Pci aveva deciso di sbaraccare la redazione milanese del quotidiano in barba ai diritti dei lavoratori. Cavallari stilò le liste di proscrizione. Io, in quanto anticomunista, anzi peggio, socialista, fui immediatamente catalogato fra i rompicoglioni da epurare. Essendo io, in quel momento, capo della redazione politica, ero considerato una mina vagante. Avrebbe potuto trasferirmi: rientrava nelle sue prerogative di direttore, sancite dall’articolo 6 del contratto di lavoro giornalistico. Ma siccome, all’occorrenza, i sinistri sanno sommare la pavidità alla scaltrezza, ricorse a uno stratagemma che lo mettesse al riparo da una causa per demansionamento. Unificò la redazione politica con la redazione interni, operazione assurda in un giornale di quelle dimensioni, e a capo del corpaccione mise Livio Sposito, con il sottoscritto come vice. Elegantemente espropriato d’ogni possibilità di controllo su contenuti e titolazione, mi veniva anche impedito di scrivere, nel senso che, qualsiasi articolo proponessi, a Cavallari non andava a sangue. Vittorio Feltri e Stefano Lorenzetto, Buoni e cattivi (Marsilio).
«Il guaio non è essere vecchi, è sentirsi giovani». Paul Valéry.
Il regista Mario Missiroli era irresistibile. Mi raccontò l’incontro con mia moglie Ilaria Occhini quando erano entrambi al primo anno dell’Accademia drammatica. Ilaria gli si avvicinò e per attaccar discorso gli disse: «Lei conosce i Casini?». Alludeva all’editore amico di famiglia. E Mario, interdetto, pensando ad altri casini, rispose: «Sì, mi pare di conoscerli». Raffaele La Capria, scrittore. Il Foglio.
Sono stato sessualmente molto attivo, ma senza nessun coinvolgimento. Ed era chiaramente sintomo di una nevrosi. Quando mi innamoravo di una donna e subentravano gli affetti, non riuscivo più a fare l’amore fisico. Mi sembrava di commettere un incesto. Luca Canali, latinista, scomparso a 88 anni. la Repubblica.
Entrarono nella stalla. Il Belomm mungeva Poppea, la mucca svizzera che dava fino a 25 litri di latte al giorno. Quando furono a un passo, il famiglio torse i capezzoli e, strizzandoli, raggiunse Silvia in piena faccia con uno schizzo. Dopo l’allegra fuga, Renzo tornò e volle farsi zampillare in bocca il liquido tiepido. In fondo all’aia la Peppa, starnazzando, radunava i polli e i tacchini coadiuvata da Berìn, il quale riparava con la sua intelligenza canina gli errori tattici di quell’enorme gallina umana. Luigi Santucci, Il velocifero (Mondadori, 1963).
Due amici, di professione borsaioli, s’incontrano al caffè: «Prendiamo qualcosa?», fa uno. «Sì, a chi?». Gino Bramieri, Barzellette (Euroclub).
Il giorno che sarò me stesso, non mi riconoscerò. Roberto Gervaso. Il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 20/6/2014