Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  giugno 20 Venerdì calendario

JUNCKER, NON SOLO GUERRA DI POLTRONE CHI LA SPUNTA DETTERÀ L’AGENDA UE


La nomina o meno di Jean-Claude Juncker alla guida della Commissione europea è molto più di una questione di poltrone o di un’affermazione di orgoglio nazionale. È a tutti gli effetti una scelta politica rilevante: darà il segno ai prossimi cinque anni di funzionamento dei livelli decisionali della Ue e cambierà la distribuzione dei poteri tra le sue istituzioni. In qualsiasi modo vada, promette conflitti.
Alle elezioni del 25 maggio per il Parlamento di Strasburgo, le maggiori famiglie politiche europee hanno avanzato i loro Spitzenkandidaten , candidati alla presidenza della Commissione. Il Trattato di Lisbona prevede che ora il Consiglio europeo (il vertice dei capi di governo) che deciderà la nomina tenga conto del risultato elettorale: non l’obbligo di scegliere il rappresentante del partito vincitore ma l’indicazione di tenere conto del voto e della situazione politica che si è creata nel nuovo Parlamento. Se dunque verrà scelto Juncker — il candidato dei cristianodemocratici, i più votati il 25 maggio — il Parlamento otterrà un riconoscimento di centralità finora mai avuto e vedrà aumentare considerevolmente il suo peso. Ciò non piace a un buon numero di leader di governo, che preferirebbero mantenere più poteri possibili in capo al Consiglio. Non solo inglesi, olandesi, svedesi sono di questa opinione: probabilmente anche le incertezze iniziali di Angela Merkel sul suo amico Juncker erano mosse dal timore che il Parlamento e una Commissione da esso incoronata potessero diventare un contropotere eccessivo a quello dei governi nazionali.
Juncker è pragmatico ed esperto di Europa: per molti versi la garanzia, dal punto di vista dei primi ministri, che non ci saranno drastiche redistribuzioni di poteri. Ciò nonostante, si può prevedere facilmente che tra Parlamento, Commissione e Consiglio nei prossimi anni i conflitti di potere siano destinati a moltiplicarsi. Lo stesso, d’altra parte, succederebbe se Juncker non fosse nominato e il metodo degli Spitzenkandidaten rigettato. Si tratta di scegliere la posizione di partenza per affrontare quello che sarà un lungo contenzioso.