Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  giugno 19 Giovedì calendario

L’OCCASIONE D’ORO DEL KURDISTAN


Ogni crisi crea delle opportunità per qualcuno. Il conflitto in corso in Iraq lo conferma. Gli scontri tra gli estremisti sunniti dell’Isis e l’esercito di Baghdad hanno offerto al Kurdistan iracheno un’inattesa occasione: gettare le fondamenta per la creazione di un nuovo Stato.
Dalla loro, i curdi hanno oggi una serie di vantaggi che, se sfruttati con intelligenza, potrebbero consolidare le mai sopite aspirazioni indipendentistiche. O, comunque, permettere di strappare larghe concessioni da Baghdad. Di fatto il Kurdistan gode di una larga autonomia dal 1991, quando fu imposta una "no fly zone" in Iraq per difenderlo dalle rappresaglie di Saddam. Da allora questo territorio montagnoso ha conosciuto un notevole sviluppo, divenendo un’isola di pace in un Paese dilaniato dalle violenze. La capitale Erbil ospita la sede del governo regionale del Kurdistan (Krg), da tempo ai ferri corti con Baghdad.
La svolta è arrivata il 12 giugno quando i peshmerga, le efficienti forze armate del Kurdistan iracheno, hanno assunto il controllo di Kirkuk. La spiegazione del Krg è semplice, e ragionevole: davanti alla ritirata dell’esercito iracheno la manovra si è resa necessaria per impedire all’Isis di conquistare la città. Se fosse avvenuto, sarebbe stato un disastro. Per tutti. Vicina al confine con il Kurdistan, 800mila abitanti, Kirkuk è la città più cosmopolita dell’Iraq, e la più contesa. Gli uni accanto agli altri convivono curdi, cristiani, caldei, assiri, turcomanni e arabi. Quando ne parlano, i curdi la definiscono «la nostra Gerusalemme». Da diversi anni invocano un referendum volto a stabilire lo status della città e di sette territori circostanti.
Kirkuk è importante soprattutto per il suo petrolio. Le fiamme che si innalzano dai pozzi, a 10 chilometri dalla città, sono il suo biglietto di presentazione. Per quanto la produzione dei due vicini giacimenti sia scesa a meno di 500mila barili al giorno, le riserve sono superiori a 12 miliardi di barili, tra le maggiori del Paese.
Il petrolio è sempre stato argomento di scontro con il Governo iracheno. Erbil da tempo reclama il diritto di esportare il suo greggio e il suo gas. Dal 2005 le major straniere arrivate qui hanno trovato riserve per 12 miliardi di barili. Baghdad non vuole sentire ragioni: l’export deve essere gestito dal Governo. Nei periodi di crisi è arrivata a congelare il budget del Kurdistan e a minacciare le compagnie internazionali di estrometterle dall’Iraq se concludono affari con il Krg. Finora i curdi hanno esportato il loro greggio ricorrendo a cisterne che fanno spola con il confine turco. Da marzo hanno inaugurato anche un proprio oleodotto, per quanto le vendite siano limitate a causa delle minacce di Baghdad.
Oggi, però, le cose potrebbero cambiare. I curdi hanno in mano delle carte vincenti. La prima è quella militare. Gli agguerriti peshmerga sono la sola forza regionale capace di scalzare con facilità l’Isis. Una volta consolidata la protezione di Kirkuk, i curdi potrebbe strappare ulteriori concessioni a Baghdad. In primo luogo risolvere a loro favore la spinosa questione delle rendite del loro petrolio. Concessioni difficili in tempi normali. Ma, se vuole davvero l’aiuto dei curdi, il debole governo di Baghdad dovrà dare qualcosa in cambio. E se anche non lo desse, Erbil ha un’altra opzione: trattenere i territori conquistati e dichiarare unilateralmente l’indipendenza. Ecco perché, approfittando del caos, il Krg sta aumentando le sue esportazioni. Tra gli acquirenti figurano anche Usa e Israele. E soprattutto la Turchia. Sul fronte politico acerrimo nemico dei curdi, Istanbul è il primo partner commerciale di Erbil.

Roberto Bongiorni, Il Sole 24 Ore 19/6/2014