Stefano Folli, Il Sole 24 Ore 19/6/2014, 19 giugno 2014
JUNCKER ALLE PORTE, IL SEMESTRE E LA DIFFICOLTÀ DI CAMBIARE VERSO ALLA UE
Secondo l’ex premier Enrico Letta bisogna sperare in Von Rompuy, l’attuale presidente del Consiglio europeo e buon mediatore, per individuare un valido presidente della Commissione. Ma tutti sanno che un nome è già sul tavolo: quello di Juncker, ovvero il candidato ormai fatto proprio da Angela Merkel, nonostante le iniziali titubanze.
Juncker è considerato il più sicuro interprete della linea dell’austerità, anzi è persino qualcosa di più. È l’emblema stesso della "continuità", ossia di un’Europa "tedesca" che non vede motivo per "cambiare verso" sul piano economico: secondo l’auspicio non solo dell’Italia renziana, ma anche di altri paesi che mal sopportano il rigore e la severità di Berlino. Il problema evidente è che questi paesi - ad esempio, la Grecia di Tsipras - non sono minimamente in grado di costituire una massa critica capace di imporsi al tavolo delle trattative. E di sicuro Renzi, imminente presidente di turno dell’Unione, non può pensare di inaugurare il semestre italiano con un braccio di ferro con la Cancelliera tedesca e il governo più forte dell’Unione.
Infatti Renzi non lo pensa e con realismo si dispone ad accettare la soluzione Juncker che avrebbe volentieri evitato. In teoria tutto può ancora accadere, anche all’ultimo momento. Tant’è che qualcuno ritiene non del tutto tramontato il nome del francese Lamy. Ma sembra più che altro un’illusione. Ai fini pratici italiani, quel che conta è solo questo: il quasi-presidente di turno non ha vere armi per spostare i rapporti di forza nell’Unione; e soprattutto non ha interesse a esporsi in una battaglia persa, con il risultato di incassare una sconfitta che taglierebbe le gambe sul nascere al semestre.
Non è un caso che la stampa inglese parli di un’imminente «disfatta» per il premier Cameron, l’uomo che più di chiunque altro si è battuto contro l’ipotesi Juncker («una persona non votata e non eletta»), al punto di minacciare il ritiro del Regno Unito dall’Unione (ma la mossa è soprattutto il tentativo di rispondere alle pressioni del nazionalista Nigel Farage sull’elettorato conservatore). In definitiva il fronte anti-Juncker si sarebbe forse saldato se la Francia avesse accettato una soluzione alternativa. Non a caso era corsa voce nei giorni scorsi di un sondaggio della Merkel a favore di Christine Lagarde.
Che fosse o no un’operazione tattica, sarebbe stato meglio che i francesi cogliessero la palla al balzo. Ma così non è stato e il drappello anti-Juncker si è subito sparpagliato. Ora Cameron, rimasto con il cerino in mano, se la prende con tutti, anche con il nostro Renzi da cui si è sentito tradito. La verità è che l’intera vicenda si è sviluppata male e va concludendosi peggio. Per cui, se il buongiorno si vede dal mattino, la prospettiva di un’"altra Europa" a breve sembra proprio un sogno di mezza estate.
In fondo, l’unico che potrebbe offrire qualche sorpresa è proprio Juncker, la cui storia è quella di un europeista convinto. Ma in tal caso il terreno di manovra non sarebbero le politiche economiche bensì le istituzioni, con la richiesta di passi avanti sulla via dell’integrazione politica (secondo un’intenzione attribuita alla stessa Merkel). Viceversa le speranze di Renzi riguardano la fine dell’austerità e la spinta allo sviluppo economico. Sotto questo aspetto il nome di Juncker dice che il semestre italiano è già una strada in salita.
Stefano Folli, Il Sole 24 Ore 19/6/2014