Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  giugno 17 Martedì calendario

IRAK E ISRAELE, DOPPIA PALUDE IN CUI S’IMPANTANERÀ IL MONDO


Quanto pesa un litro di sangue musulmano a confronto di un litro di petrolio? Poco, dal momento che il prezzo è spinto al ribasso dall’impotenza della società internazionale (e dal disinteresse) per quasi un milione di morti in Siria e per le sofferenze di oltre un milione di profughi della sua guerra civile. E ora si aggiunge anche la confusione e paura create dalle truppe del neo Califfato islamico Isis - nato da una costola di Al Qaida - ma meglio organizzato e più feroce. Di fronte a questo nuovo «Stato», l’Iran sciita e l’America « democratica » stanno per affrontarsi in uno scontro che potrebbe diventare un’Intifada araba di proporzioni e conseguenze imprevedibili. 
Il fatto che lo smembramento di un grande Stato come l’Irak (lacerato fra sciiti, al potere, sunniti oppressi e curdi in attesa di guadagnare sulla debolezza degli altri) attiri l’attenzione è naturale come le esitazioni dei governi interessati a cacciarsi in un pericoloso conflitto. Innaturale che per mesi nessuno in Occidente se ne sia accorto (le statistiche ancora due mesi fa annunciavano trionfalmente il ritorno della produzione del petrolio iracheno ai livelli del tempo di Saddam Hussein). D’altra parte è strano che pochi, in un’Europa così attenta al conflitto israelopalestinese, si siano accorti che le lungaggini dell’inutile negoziato americano e l’accordo fra Hamas di Gaza e al Fatah in Cisgiordania preparassero la terza Intifada contro Israele. Una fase rinnovata di conflitto il cui inizio sarà datato in futuro dagli storici con giovedì 12 giugno. Cerchiamo di spiegare ai lettori cosa sta succedendo nelle doppie paludi siro-irachena e palestinese, nelle quali l’Occidente si troverà impantanato ancora per un’altra estate, tra petrolio e profughi. 
A È crollato in Irak, Siria, Palestina e scricchiola altrove il sistema politico, territoriale, militare creato cento anni fa dalla Francia e dall’Inghilterra dopo la prima guerra mondiale. Si tratta, assieme alle cosiddette rivolte arabe, di un terremoto che investe - a seconda se ci si mette dentro gli 80 milioni di turchi e gli 80 milioni egiziani - più di 200 milioni di musulmani. Un sistema che non è imploso come quello sovietico alle porte di un’Europa unita, protetta dalla Nato e con partiti comunisti nazionali sgonfi, ma che esplode davanti a un’Europa divisa, imbelle, non più sostenuta dall’America, con dentro 20 milioni di musulmani - per lo più sunniti - e altri 10 milioni di rifugiati in attesa di entrarvi dentro. Milioni che nel nome della democrazia ne indeboliscono i valori cristiano-liberali per i quali ben pochi giovani europei sono disposti a morire, preferendo andare a combattere contro l’Occidente sotto la bandiera nera di 
Isis. 
B Da queste rovine di sistema e con l’emergere di uno Stato ebraico, nasce anche il più lungo conflitto dell’epoca moderna, vanamente cercato di essere risolto dalla diplomazia occidentale, con a capo quella del presidente Obama. 
C Con un tempismo cieco, un commando palestinese non ancora identificato ( da Gaza? Dalla Cisgiordania? Da Israele stesso?) ha rapito giovedì sera tre giovani israeliani tra i 16 e i 19 anni. Ventimila soldati e poliziotti li stanno cercando ( apparentemente con la collaborazione della polizia palestinese di Abu Mazen). Qualunque siano i risultati, gli effetti saranno disastrosi e probabilmente condurranno all’inizio di una terza intifada. 
D Perché?
a) Se i giovani rapiti saranno ritrovati sani e salvi, la strategia del rapimento suggerita da Hamas, di recente unitosi con Al Fatah nel nuovo governo di unione palestinese, si dimostrerà vincente con questa prova generale. Ogni israeliano catturato diventa una potenziale carta di scambio sproporzionata (per la liberazione del soldato Ghilad Shalit, Netanyahu ha liberato 1000 prigionieri palestinesi). Israele sarà un paese attanagliato dalla paura non dei suoi nemici esterni, ma dei suoi abitanti arabi islamici interni.
b) Se ci scappa il morto - ostaggio, rapitore, soldato - scoppia la vendetta. Nel quadro del trionfo militare dell’estremismo islamico, nel vuoto di potere dell’Irak, nella possibilità di uno scontro fra America e Iran (che però potrebbe essere anche una apertura all’intesa), nella sete di vendetta dei sunniti maltrattati dagli sciiti del governo di Bagdad, emerge una nuova forza sunnita opposta a tre Stati: la forza curda, che vuole allargare la sua autonomia amministrativa ed economica da Baghdad. Una forza che minaccia l’unità territoriale della Turchia, dell’Irak e dell’Iran stesso. Non ha bisogno di soldi (li prende dai suoi pozzi di petrolio), di armi, di ideologia (sono sunniti, ma più tribali che religiosi) e potrebbe bloccare interventi esterni: turco, iraniano, americano, oltre a essere legato a una storica collaborazione con Israele.
 Il guaio di questa situazione non è tanto la sua disumanità, la giustificazione del crimine con la religione, i giochi economici per il petrolio irakeno sulla pelle di masse di poveracci, sradicati, indifesi, di manipolati, di bambini, i cosiddetti rifugiati. Il guaio è che un intero sistema politico è crollato e non ve ne è, per il momento, uno di ricambio. Quello multinazionale russo o americano è ancora potente, ma incapace di menare il bastone sul nemico giusto o azionare la propria influenza sull’alleato di ieri. L’Europa arricchita nel secolo passato dai milioni di profughi, da lei stessa creati, trema davanti all’arrivo di qualche migliaia di disperati (molti dei quali lasciati annegare coi loro bambini e i loro certificati universitari), usando la loro tragedia per rinfocolare gli istinti nazionalisti razzisti da cui si credeva per sempre liberata. La Lawrence in gonnella, Gertrude Bell, esploratrice, grande agente britannico nel mondo arabo, lasciò scritto: «Chi tocca l’Irak chiama la tempesta». Non era una profetessa, ma l’Irak era stato una sua invenzione.