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 2014  giugno 19 Giovedì calendario

CONFESSIONI DI UN VESCOVO


Testimoni diretti parlano di un vescovo infuriato che si aggira per i corridoi della Curia di Mazara del Vallo gridando al complotto. Don Nicola, il suo segretario, gli ha appena portato una copia di Panorama, già anticipata dalle agenzie di stampa e dai quotidiani. La copertina è dedicata ai debiti milionari della diocesi: quasi 6 milioni di euro.
Per monsignor Domenico Mogavero è un brutto colpo: forse era convinto di aver messo tutto a tacere sostituendo l’economo, don Franco Caruso, e correndo dal Papa, lo scorso 6 giugno, per garantire che avrebbe accertato tutti i debiti e provveduto a un piano di rientro. Da qui la sua sorpresa e irritazione quando Panorama ha svelato la drammatica situazione economica che investe una delle diocesi più in vista della Chiesa siciliana. E la reazione non si è fatta attendere.
Il giorno stesso Mogavero riunisce i fedelissimi: don Francesco Fiorino, rettore del seminario, il ragioniere della diocesi Sergio Sardo, i due nuovi economi, Rosario Tumbarello e Giovanna Benigno, e il portavoce Max Firreri. La festa patronale di San Vito è alle porte e bisogna cercare di mettere a tacere immediatamente le voci. Al termine della riunione il vescovo detta un duro comunicato per smentire l’esistenza del «buco» da 6 milioni di euro: «Questa notizia è priva di fondamento» scrive nella nota. Segue una dettagliata elencazione di cifre che in realtà sono esattamente quelle pubblicate da Panorama la scorsa settimana. Secondo Mogavero la situazione dei conti della diocesi è sotto controllo: il bilancio è stato approvato e illustrato al clero nel corso di un’assemblea lo scorso 14 maggio. Ma sono le sue stesse parole a smentire clamorosamente questa ricostruzione. Panorama, infatti, è venuto in possesso della registrazione di quella assemblea e la verità che ne emerge è totalmente diversa da quella che oggi il vescovo vorrebbe far apparire.
Il 14 maggio nell’aula magna del seminario di Mazara, Mogavero convoca tutti i preti della diocesi. Nessuno sospetta quanto sta per annunciare, tanto che i partecipanti sono appena una ventina. Il presule ha fatto preparare le fotocopie del bilancio diocesano 2013: cinque pagine in tutto, di numeri e tabelle. È la prima volta che il vescovo fornisce ai sacerdoti una copia scritta del rendiconto economico della Chiesa di Mazara. Mogavero prende la parola con un certo imbarazzo e lamenta l’assenza dell’ex economo, don Caruso: «La differenza tra chi può fuggire o scappare e chi invece rimane sta tutta nelle responsabilità che ognuno è tenuto ad assumersi» afferma duro Mogavero. Quindi va dritto al punto: «Quello che c’è in questi fogli è la verità, dura e cruda perché siamo in una situazione di grande difficoltà: da questo momento cambieranno tante cose». L’assemblea dei preti ascolta in religioso silenzio la lettura del bilancio. Alla fine molti sono sbigottiti. Il primo a rompere il ghiaccio è don Fiorino. Inizia timidamente: «È chiaro che la situazione della diocesi è fortemente debitoria, una cifra molto forte». Ma presto diventa un fiume in piena e non risparmia neppure il vescovo: «Il foglietto (il bilancio, ndr) io l’avevo chiesto l’anno scorso perché mi sembrava opportuno, la dico seriamente questa cosa. In questi anni io mi ero permesso di sottolineare al vescovo che c’erano delle carenze e poca chiarezza nel bilancio, nelle uscite». Il sacerdote se la prende con le spese per il personale: «Uno trova nel bilancio “compensi di lavoro autonomo”, 40.629 euro: chi sono queste persone? C’è un costo a mio parere, l’avevo fatto notare l’anno scorso, molto eccessivo: sembriamo la diocesi di Milano o di Monaco di Baviera». Poi punta il dito sulla vendita di alcune proprietà senza alcuna autorizzazione: «Gente che si presentava a vendere terreni, per esempio a Tonnarella, con biglietti di carta di quaderno a quadretti: “Su incarico della Curia vescovile il sottoscritto muratore è autorizzato...” così sono scomparsi interi beni immobili che oggi potevano servire alla diocesi». Don Fiorino è incontenibile. Protesta per gli 8.741 euro dati a sua insaputa all’addetto stampa («Io che sono il direttore non so nulla di questa voce. A chi sono stati dati questi soldi? Magari per conoscenza! Ma io sono il direttore!»). E aggiunge che dei 48 mila euro che figurano in bilancio come contributo al seminario diocesano «ad oggi non risulta che sia arrivato un euro!».
Il j’accuse di don Fiorino non lascia scampo a monsignor Mogavero che ammette le sue responsabilità: «È colpa mia, lo so. Ma io in questo momento sto ammettendo la mia colpa di non essere potuto intervenire perché non sono stato informato. E questa è tutta colpa mia, lo so». Poi contrattacca: «C’è un meccanismo perverso che sta emergendo a me, sta emergendo in queste settimane in cui io finalmente ho potuto accedere, nonostante io l’avessi chiesto 10 mila volte, alla effettiva situazione economica della diocesi». Le parole del presule però non bastano ad arginare l’onda montante delle proteste dei sacerdoti. È la volta di don Salvatore Pavia che se la prende per il contributo dato alla parrocchia di Sant’Antonio di Padova a Mazara 2, guidata dall’ex segretario del vescovo, don Giuseppe Titone: «Credo sia stato vergognoso: io non ho avuto il letto per dormire e mi è stata comprata una cucina che ogni volta che aprivo uno sportello mi cadeva in testa e per la canonica di Mazara 2 si spendono 37.449 euro. I piatti col filo d’oro, l’aria condizionata in tutte le stanze».
Il vicario generale, don Giuseppe Undari, ce l’ha invece con l’economo don Caruso, che ha ricevuto un prestito dalla diocesi di quasi 54 mila euro: «Io ho chiesto da vicario generale 3 mila euro e mi sono stati negati. Mi è stato detto: la diocesi in questo momento non può darti dei soldi. Ad altri invece sono stati dati. Non è possibile: due pesi e due
misure!». Mogavero cerca di calmarlo: «Don Giuseppe non ti incavolare: se i soldi in cassa non ci sono, non è che l’economo può inventare soldi». Ma subito dopo è don Salvatore Cipri a intervenire: «Circolano voci di stipendi in più, oltre a quello dell’Istituto sostentamento clero: 900, mille euro in più. Si restituiscano, se indebitamente appropriati». Don Cipri ha tenuto la cassa della diocesi fino al 2006, prima di cederla a don Caruso e rivendica di aver lasciato «1 miliardo di attivo liquido nelle banche» (forse intende dire 1 milione di euro). Vuole sapere dove sono finiti i soldi e quanto si è speso per la nuova chiesa di Pantelleria. Gli fa eco don Undari: vuole capire perché la diocesi ha 111.261 euro di debito nei confronti dell’associazione Cemsi, presieduta dallo stesso vescovo. Mogavero si difende chiamando in causa i suoi collaboratori e il Vaticano: «Tutto è passato dal collegio dei consultori e dal consiglio degli affari economici. Financo il parere per fare i 4 milioni e 700 mila euro di mutuo che è stato autorizzato anche dalla Santa Sede». Ma don Gianluca Romano, che fa parte di quegli organismi, non ci sta a essere chiamato in causa: «Non è vero che il collegio dei consultori è stato zitto. Caro eccellenza io da anni ho fatto notare: ma tutte queste spese, ma siamo sicuri? Tutte queste cose non sono nate adesso e sono state dette. Ho chiesto conto della remunerazione dei curiali e mi si presenta un foglio con delle lettere iniziali. Io l’ho messo sul tavolo e ho detto: questa è una presa in giro, ok? È stato chiesto conto anche di una Multipla comprata con i soldi della diocesi».
I preti vogliono sapere dal vescovo come pensa di uscire dalla crisi: «Noi con questo disastro adesso verso che cosa andiamo?» chiede don Cipri. Don Edoardo Bonacasa è ancora più esplicito: «Dobbiamo dire qual è la direzione per uscire da questa merda!». Il vescovo ammette: «Siamo in una situazione estremamente critica. Siamo in tempesta: ma il capitano e l’equipaggio che perdono la calma mentre la nave è in mezzo alla tempesta, affondano». Ascoltandolo è difficile sostenere che è tutto sotto controllo e il «buco» è solo un’invenzione di Panorama. Il vescovo di Mazara, che è acuto latinista, ricorderà certamente il famoso proverbio: «Ex ore tuo te judico» («Ti giudico dale tue parole»).