Teodoro Chiarelli, La Stampa 19/6/2014, 19 giugno 2014
MARCHIONNE: NON SPRECHIAMO L’OCCASIONE
[Articolo + lettera] –
Stavolta la lettera aperta l’ha scritta lui, l’amministratore delegato, direttamente ai suoi dipendenti. Sergio Marchionne ci ha riflettuto un paio di giorni, poi si è messo al computer e ha preparato una missiva per tutti i lavoratori italiani di Fiat Chrysler. Il casus belli? La manifestazione «irrazionale e incomprensibile» di lunedì scorso alla Maserati di Grugliasco: 209 persone su 2.019, poco meno dell’11%, che hanno scioperato per un’ora, come chiesto dalla Fiom, per protestare sulle condizioni di lavoro e sui turni. L’agitazione ha causato la mancata produzione di 11 auto. A ciò si aggiunge la proclamazione del blocco degli straordinari, a sostegno della vertenza per il rinnovo del contratto, proclamata dai sindacati del sì (Fim, Uilm, Ugl, Quadri). Episodi minori, normali schermaglie sindacali, si dirà. Non per Marchionne. Che lo spiega con toni accorati nella sua lettera.
Fiat ha resuscitato uno stabilimento, l’ex Bertone di Grugliasco, fermo da sette anni, salvando più di mille posti. A questi si sono aggiunti altri 1.300 posti per altrettanti cassintegrati di Mirafiori e altri 500 si aggiungeranno da settembre. Nella fabbrica è stato investito 1 miliardo per renderla uno degli stabilimenti più moderni al mondo, dove si adottano tecnologie d’avanguardia e vengono costruite auto di lusso di grande successo. E cosa succede? Si sceglie di incrociare le braccia per presunte inadeguate condizioni di lavoro. Con la maggioranza, l’89%, in ostaggio della minoranza, l’11%. C’è più delusione che rabbia nelle parole di Marchionne. Perché il danno non è tanto per le 11 vetture non prodotte, quanto nel segnale che si manda ai mercati, col rischio di gravi contraccolpi per l’azienda e per l’occupazione.
Ma come si fa a spiegare fuori dal nostro Paese che in un’Italia che rischia il declino, in preda alla più grave crisi economica dal Dopoguerra, con una disoccupazione che ha raggiunto picchi mai visti prima, con quasi il 50% dei giovani senza lavoro, si blocca la produzione in una fabbrica che ha una forte domanda, quasi tutta dall’estero? Con sindacalisti che usano la retorica anni Settanta («È stato quasi emozionante per noi vedere centinaia di lavoratori manifestare») invece di instaurare trattative efficaci per il bene dei lavoratori?
E il discorso si allarga al minacciato blocco degli straordinari. Che ancora di più colpirebbe, oltre alla Maserati, la Sevel, in Abruzzo, dove si realizza il Ducato. Certo, il rinnovo del contratto è importante. Siamo sicuri, però, è il senso del ragionamento dei vertici Fiat, che penalizzando le poche produzioni che oggi “tirano” in Italia, si facciano realmente gli interessi di operai e tecnici? Marchionne chiede ai dipendenti Fiat di riflettere sulla gravità delle conseguenze che certe azioni comportano. Di non sottovalutarne gli effetti in un mondo globalizzato, dove conta anche l’immagine che si dà di sé. Sono finiti i tempi della lotta per la lotta. Anche quella parte del sindacato rimasta ancorata a vecchi rituali probabilmente ha bisogno della stessa aria fresca che necessita al Paese. Servono moderne relazioni industriali al posto di vecchi tabù.
Teodoro Chiarelli, La Stampa 19/6/2014
“GIOCHIAMO UNA PARTITA GLOBALE CONTINUATE A MOSTRARE FIDUCIA E PASSIONE” –
Cari Colleghi,
quando abbiamo deciso di creare Fiat Chrysler Automobiles c’era una ragione precisa.
Fare automobili e riuscire a giocare un ruolo di peso in un settore così competitivo richiede la necessità di pensare e agire a livello globale.
Com’è ormai evidente, specie di fronte alle gravi difficoltà economiche dell’Europa e dell’Italia, limitare oggi la nostra prospettiva a livello puramente locale o nazionale, sarebbe stata una scelta miope e rovinosa per la nostra azienda e per tutti voi. L’integrazione tra Fiat e Chrysler, che ha dato vita al settimo costruttore del mondo, è stata essenziale per tracciare un percorso credibile per il futuro delle nostre attività, un percorso serio che offre solide prospettive di ripresa economica e occupazionale anche all’Italia.
Fca oggi è un gruppo globale e interconnesso, dove i destini delle 300.000 persone che lavorano con noi nel mondo sono strettamente legati e complementari.
Si tratta di un sistema fortemente integrato dal punto di vista delle tecnologie, degli impianti produttivi, del lavoro e dei mercati. Proprio questa è la nostra forza più grande, perché è garanzia di stabilità e di equilibrio.
Il fatto di aver introdotto, in Italia come in tutti gli altri stabilimenti, processi razionali e coerenti permette a questa complessa macchina industriale di funzionare in modo efficiente e di autoalimentarsi in continuazione, generando un circolo virtuoso di lavoro e di nuove opportunità.
Come sapete, abbiamo compiuto degli sforzi straordinari per fare in modo che l’Italia, nonostante le precarie condizioni economiche generali e quelle del mercato dell’auto in particolare, rientrasse in questo grande disegno.
Abbiamo fatto tutto il possibile per mantenere aperti i nostri stabilimenti italiani e salvaguardare i posti di lavoro.
Abbiamo anche intrapreso una strategia coraggiosa, puntando sui marchi premium, per permettere alle nostre fabbriche italiane di avere un ruolo cruciale in questo mosaico, diventando un polo di eccellenza per le esportazioni.
Lo abbiamo fatto al di là di una logica di mercato, come atto di responsabilità verso tutti voi e verso il nostro Paese, considerando soprattutto che la disoccupazione ha raggiunto picchi mai visti prima.
Lo abbiamo fatto come atto di coraggio contro il declino e come gesto di fiducia nel futuro, nella convinzione che potesse generare, nel medio e lungo termine, effetti positivi a largo raggio sul tessuto industriale e sociale dell’Italia.
Se però vogliamo che il sistema mantenga il proprio equilibrio è necessario capire che la partita non si gioca più nell’area ristretta della provincia, ma in un campo mondiale.
Gli episodi recenti, dovuti al comportamento di un’esigua minoranza, che hanno causato perdite produttive in un momento così delicato, non possono essere presi con leggerezza.
Parlo direttamente a chi si è reso responsabile di questi episodi.
Vi chiedo di riflettere sulla gravità delle conseguenze.
Non sottovalutate l’effetto che le vostre azioni possono provocare.
Oggi, a differenza del passato, anche la più piccola frattura ha un’eco molto più vasta del vostro ambito lavorativo e familiare.
Colpisce i vostri colleghi dello stabilimento, i fornitori sul territorio, ma a cascata si allarga anche a tutto il resto della comunità dei nostri lavoratori nel mondo.
In un sistema così aperto come quello che abbiamo creato, tutti osservano tutti.
Quello che è successo pochi giorni fa ha certamente cancellato opportunità preziose per sfruttare alcuni picchi di domanda.
Ma, cosa ben più grave, ha inferto un duro colpo al nostro e al vostro lavoro.
Non ha offerto dell’Italia l’immagine che vorremmo portare nel mondo, quella di un Paese serio e di grande valore.
Si è sprecata un’occasione per mostrare le capacità e le qualità dei lavoratori italiani.
Vorrei anche parlare a tutti quelli che, invece, si sono mostrati compatti e leali nell’impegno preso.
Siete la stragrande maggioranza e mi rammarico nel vedere che gli atteggiamenti di pochi finiscono per sminuire il vostro apporto.
Lo trovo incomprensibile, irrazionale e ingiustificato, soprattutto in una fase in cui abbiamo bisogno di indirizzare tutte le nostre energie per rilanciare l’economia e attrarre nuovi investimenti.
Non esiste nessun altro Paese in Europa o nel mondo che permetta a una minoranza di danneggiare i diritti di tutti gli altri, specialmente il diritto al lavoro.
Quello che voglio dirvi è di mantenere il vostro coraggio e la voglia di fare qualcosa di buono.
Continuate a mostrare la fiducia e la passione di cui gli italiani sono capaci e che voi avete già mostrato di avere.
Difendete l’italianità vera – quella fatta di creatività, etica del lavoro e risultati di eccellenza – che sono le risorse più preziose per guadagnarci il rispetto e la stima sul mercato globale.
Di fronte abbiamo l’occasione della vita: quella di dimostrare che l’Italia può giocare un ruolo da protagonista nel mondo dell’auto e che anche qui un nuovo modo di fare industria è possibile.
Non sprechiamo questa opportunità unica.
Torino, 18 giugno 2014
Sergio Marchionne
Amministratore delegato di Fca
Sergio Marchionne, amministratore delegato del gruppo Fiat Chrysler