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 2014  giugno 19 Giovedì calendario

LA LEGGE ANTI-PEDOFILIA RISPARMIA I MANGA


PECHINO.
Cade in Giappone un altro pezzo del muro che sostiene l’ossessione sessuale di uno dei popoli più repressi del mondo. Il parlamento di Tokyo ha approvato ieri il testo definitivo della legge che dichiara reato il possesso di materiale pornografico con protagonisti minori di 18 anni. La misura, in vigore entro un anno, stabilisce fino a dodici mesi di carcere per i trasgressori e multe di oltre 7 mila euro. Produrre e distribuire immagini pedopornografiche in Giappone è illegale da quindici anni, ma l’ipocrisia alimentata dalle potenti lobby del porno era riuscita fino a ieri a tutelare l’uso privato del porno pedofilo.
Resiste ora l’ultimo bastione del sesso rivolto ai maniaci dei bambini: i “manga”, i famosi fumetti nipponici, e i film d’animazione. Produttori di “anime” e di cartoon sono riusciti a far dichiarare illegale solo lo sfruttamento di minori in carne ed ossa, ma non i sogni pedofili partoriti dalla fantasia. Nel nome della «libertà d’espressione» e dell’arte, i giapponesi potranno continuare a sfogliare le popolarissime storie porno centrate sui minori, o a guardare cartoni animati con stupri e violenze ai danni di teenagers.
Il governo di Tokyo, pressato dalla comunità internazionale, è stato costretto a punire i fruitori di materiale pedopornografico dopo che nel 2008 una denuncia all’Onu accusava lo Stato di non fare abbastanza per difendere i bambini dallo sfruttamento. Inchieste internazionali hanno rivelato come il Giappone fosse il primo esportatore e il primo cliente di immagini per pedofili. Nel maggio scorso, tra grandi polemiche, la capitale ha deciso di vietare ai minori la vendita di un “manga” centrato su una relazione incestuosa. Nonostante l’indignazione globale, la nazione resta invasa di foto e disegni porno con soggetti infantili. I cosiddetti “idoli giovanili” monopolizzano la pubblicità, che continua a puntare su modelle e modelli giovanissimi, in pose provocanti e abiti sexy. Gli psicologi sostengono che la mente dei giapponesi è in grado di cogliere il simbolismo della gioventù, metafora della natura umana più nascosta, che spesso rivela l’esistenza drammatica degli adulti. Un bambino sarebbe cioè l’icona della realtà più intima di ogni persona e non il simbolo di un’età della vita. Questi argomenti, tesi a difendere la “giapponesità” quale sensibilità esclusiva del Sole Levante, incomprensibile per gli stranieri, hanno ritardato per decenni la tutela dei minori e anche in queste ore continuano a spaccare il Paese. Chi condanna l’esclusione di “manga” e cartoon pedopornografici dalle sanzioni, osserva che ciò incoraggerà i maniaci a passare all’azione. I difensori della “libertà d’espressione” assicurano invece che proprio la possibilità di sfogarsi con la fantasia, previene violenze e abusi sui minori.
Alla Camera Alta di Tokyo, la destra conservatrice ha anche sostenuto che «assegnare un’età ad una persona disegnata è impossibile» e che l’arte «può ritrarre con tratti infantili anche un vecchio, per sottolineare il suo essere prigioniero di istinti originari». Intellettuali e associazioni di tutela dei minori hanno promosso il divieto del consumo di pedopornografia, ma continuano a condannare il fatto che in Giappone i minori restino «scandalosamente esposti ad una pornografia invasiva». Il divieto di Tokyo consegna ora alla Russia l’esclusiva dei bambini legalmente sfruttabili dai pedofili in una super-potenza: nell’ex Urss adescare minori per vendere immagini a luci rosse resta un affare da decine di milioni all’anno.

Giampaolo Visetti, la Repubblica 19/6/2014