Tonia Mastrobuoni, La Stampa 14/6/2014, 14 giugno 2014
GELO CON CAMERON, ORA MERKEL SPERA NELL’ASSE CON L’ITALIA
Preso atto dei disastrosi risultati elettorali di Hollande e Cameron e infuriata in queste ore per la decisione del gruppo parlamentare di cui fanno parte i Tories di accogliere gli antieuro tedeschi, Angela Merkel guarda con speranza ad un unico Paese: l’Italia. Sepolti gli anni dei risolini, secondo fonti ben informate la cancelliera sta seguendo attentamente le mosse di Renzi - reduce invece del trionfo alle europee - per decidere quanti margini concedergli da settembre. Per ora resta sulle sue dinanzi agli annunci del premier di rivoluzioni europee dal primo luglio, data d’avvio del semestre di presidenza italiana, ma se nei prossimi mesi dovessero andare in porto due, tre riforme importanti, l’autunno potrebbe cambiare tutto – sempre che il vecchio-nuovo balletto del Pd sull’orlo di una crisi di nervi non contagi l’esecutivo.
Per ora, il governo tedesco considera la riforma del lavoro solo un «timido inizio», ma osserva anche con interesse le riforme della p.a. e lo sfoltimento burocratico promessi. Il disavanzo, inoltre, è lontano dalla soglia d’allarme. Dall’autunno si potrebbe riflettere su una golden rule al Patto di stabilità per concedere margini di spesa, magari impegnando l’Italia su contratti meno vincolanti delle «partnership for growth». I dettagli si discuteranno poi, ma l’investimento politico c’è. Ancora molto cauto, ma c’è. Ed è anche nell’interesse della cancelliera che il nostro Paese torni tra i grandi: nello smottamento generale causato dalle europee, un’Italia forte fa comodo anche alla Germania.
Intanto, però, i rapporti con Cameron, cui la cancelliera ha sempre coperto le spalle nella violentissima campagna contro Juncker, sostenendo che «serve un candidato condiviso da tutti», hanno subito una pesante scossa dopo che gli antieuro Afd sono stati ammessi tra i conservatori e riformisti europei (Ecr), assieme ai Tories. Si mormora che il premier britannico avesse dato la sua parola alla cancelliera per tenerli fuori: a quanto pare non tutti e 19 i suoi hanno obbedito. In ogni caso, ora che l’Ecr è lievitato a terza forza in Parlamento, certo non dispiace neanche a Cameron. Si tratta però di un passaggio che complicherà non poco i rapporti con Berlino.
Merkel, oltretutto, è in un momento difficilissimo. Primo, la sua decisione di strappare la partita della presidenza della Commissione al Parlamento per condurla in prima persona a nome del Consiglio – Van Rompuy è l’incaricato ufficiale ma è ovvio che tutti guardano a lei per capire chi vincerà – si sta rivelando rischiosa. Durante la campagna elettorale si è occupata d’altro e non ha capito quanto fosse personalizzata la corsa alle urne della Spd a favore di Martin Schulz, rafforzando negli elettori l’idea di un voto diretto del capo dell’esecutivo Ue. Molti, in Germania, la accusano ora di tradire la volontà elettorale.
Inoltre, l’ormai famoso schema Merkel in questo caso mostra la corda. Di solito, la cancelliera tiene coperta la sua scelta finché le controparti non hanno bruciato tutti gli altri candidati attraverso veti reciproci. Fece così con l’elezione del presidente della repubblica Köhler e in mille altre occasioni: scopre le carte all’ultimo momento. Tuttavia, il tatticismo della cancelliera è un’arte da esercitare lontano dai riflettori. Ma ora non c’è palcoscenico più illuminato di quello delle nomine europee. E nel suo ostinato silenzio sul suo candidato vero, appare soltanto debole e riluttante. Ormai solo un passo indietro di Juncker sembra poterla salvare dall’impasse in cui si è infilata.
Infine, si ritrova in casa la grana degli Afd. Sdoganati in Europa tra i conservatori, rafforzeranno la parte della Cdu/Csu che da settimane chiede di discutere la possibilità di alleanze future con Lucke. Un’opzione che la cancelliera ha sempre escluso. Ma le prime avvisaglie dello smottamento si colgono già in Sassonia: lì si vota, quest’estate, e la Cdu non ha escluso una coalizione con gli Afd. Potrebbe essere solo l’inizio.
Tonia Mastrobuoni, La Stampa 14/6/2014