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 2014  giugno 18 Mercoledì calendario

FRANCESCO INVITA A TAVOLA LA SOBRIETÀ (E LA BAGNA CAUDA…)


Il piatto più prelibato? Per i Gesuiti non ci sono dubbi: il pane. La tradizione dell’ordine favorisce la cucina semplice, e una delle regole per i commensali è proprio quella di saziarsi di pane, perché così si evita il “disordine” che viene dall’essere “tentati da altri alimenti”. Il gesuita Jorge Mario Bergoglio ha evidentemente preso a cuore questa impostazione. La dieta del Papa, infatti, riflette la sua austerità religiosa. Al tempo stesso, però, l’austero Francesco si rivela un uomo che apprezza i piaceri semplici, e alcuni dei prodotti per i quali la sua Argentina è famosa, non dimenticando, comunque, le sue radici italiane.
La prima cena che Jorge Bergoglio ha consumato dopo l’elezione al Soglio di Pietro è stata con il collegio dei cardinali. Il menu prevedeva un piatto di pasta molto semplice; al termine, ha raccontato il cardinale Timothy Dolan, arcivescovo di New York, è stato proposto un brindisi a Francesco, il quale ha accettato e ha, anzi, ricambiato, alzandosi in piedi e lanciando a sua volta un brindisi ai cardinali, esclamando, con un sorriso, «E che Dio vi perdoni!». Ma è proprio da un brindisi che possiamo partire per un nuovo viaggio nelle sobrie, ma non banali, abitudini gastronomiche del Santo Padre. Un brindisi che, molto probabilmente, Francesco farebbe con un bicchiere di vino: è noto, infatti, come gradisca, di tanto in tanto, un sorso di corposo rosso Malbec, classico vino argentino, particolarmente apprezzato se proviene dalla provincia di Mendoza, dai vigneti di Lujàn de Cuyo o da quelli nella Valle de Uco.
Durante il suo servizio come arcivescovo di Buenos Aires, non era raro che a papa Bergoglio fosse chiesto di partecipare a feste o a cerimonie, perfino a compleanni o a benedizioni delle cucine di ristoranti appena inaugurati. Da pastore sempre desideroso di condividere la vita quotidiana del suo gregge, l’arcivescovo cercava di essere presente il più spesso possibile (naturalmente muovendosi in autobus o in metropolitana, passeggero tra i passeggeri…), ma molto raramente decideva di fermarsi a pranzo o a cena.
Era noto, infatti, come Bergoglio preferisse pasteggiare con una scodella di zuppa, cucinata da lui stesso, nel suo appartamentino al secondo piano del palazzo della Curia, a pochi passi dalla cattedrale.
Dove il Papa abbia imparato a cucinare, è ormai storia: nella cucina che era il cuore della casa di famiglia, nel quartiere Flores. «Credo che i miei genitori abbiano comprato quella casa perché aveva una cucina enorme», ha raccontato Maria Elena Bergoglio, sorella del Pontefice, al quotidiano La Repubblica.
«Il fatto è che dopo averla comprata non sapevano più dove mettere i loro cinque figli... Ricordo la sacralità delle domeniche: prima a messa, nella chiesa di San José, poi i pranzi infiniti e bellissimi, con cinque, sei, anche sette portate. E con i dolci. Eravamo poveri ma con grande dignità, e sempre fedeli a quella che per noi era la tradizione italiana. Mamma era una cuoca eccezionale. Faceva la pasta fresca, i cappelletti con il ragù, il risotto alla piemontese, e un pollo al forno da leccarsi i baffi. Mamma non poteva portare in tavola per due volte di seguito lo stesso piatto. Papà si offendeva. E allora con tutto quello che avanzava s’inventava altre cose. Mascherava». E per certi piatti della “tradizione italiana” anche l’arcivescovo avrebbe fatto uno strappo alla sua abituale sobrietà. Una volta raccontò scherzosamente «di essersi recato in un convento per godersi una porzione di pane italiano inzuppato nella bagna cauda, la tipica “salsa calda” piemontese a base di olio extravergine d’oliva, acciughe e aglio, servita in un tegame di terracotta mantenuto caldo dalla fiamma di una candela messa sotto, e usata per dare gusto a tante verdure di stagione. E non poteva non fare parte dei gusti di Bergoglio il caffè espresso, che gli Argentini chiamano il cafecito: a Buenos Aires, l’arcivescovo era solito fermarsi durante le sue lunghe passeggiate a berne uno.
Prima del caffè, però, c’è il pasto. E allora nei piatti portati in tavola per il Pontefice si troveranno preferibilmente del pollo arrosto servito senza pelle e accompagnato da un’insalata, talvolta del pesce, della patata dolce e tanta frutta, con melone fresco in testa.
Non si troveranno, invece, certi sostanziosi classici piatti argentini, come l’asado, ovvero la grigliata mista di carne, o le ricche e friabili emapanadas, fagottini ripieni tanto di uova sode quanto di manzo tritato (il picadillo).
In linea perfetta con le tradizioni della sua terra natia (con il 98 per cento dei suoi connazionali, secondo una ricerca statistica), invece, Francesco ama matear, cioè degustare il mate, l’infuso più amato in tutta l’America Latina.
La dieta di papa Francesco non è soltanto frugale, ma anche decisamente sana.
Il confronto con i suoi predecessori rivela molte curiosità.
Giovanni Paolo II era capace di mangiare un panino al burro con latte di capra per la prima colazione e carni polacche con vino a pranzo, limitandosi ad avanzi per la cena; come dessert amava una torta polacca alla crema, che è divenuta nota come crema papale.
Anche il papa emerito Benedetto XVI per molto tempo ha seguito una dieta in stile “bavarese” che poteva prevedere anche un po’ di birra fermentata nello stile dei monaci (e digressioni più “mediterranee” come fettuccine con gamberi, zucchine e zafferano). Ben più forti erano i palati dei papi del passato, abituati a tenori di vita da monarchi assoluti.
Se papa Gelasio (il cui pontificato andò dal 492 al 496) è rimasto nella leggenda per avere inventato le crêpes, va detto che lo fece non per ghiottoneria ma per sfamare i pellegrini francesi che giungevano a Roma.
La debolezza per le anguille del lago di Bolsena e per il vino Vernaccia costò cara a Martino IV (il francese Simon de Brion, 1281-1285), che morì per una indigestione di pesce, ma ebbe almeno la soddisfazione di rimanere nella storia grazie a Dante Alighieri che lo ricordò fra i golosi in Purgatorio (Canto XXIV, 22-24, della Divina Commedia).
Pio II (Enea Silvio Piccolomini, 1458-1464) spese in banchetti 200mila fiorini, una cifra astronomica per i suoi tempi e anche per i nostri, visto che si aggirerebbe sui dieci milioni di euro. Di Pio IV (Giovanni Angelo Medici, 1559-1565), invece, si ricordano banchetti da 24 portate e una passione per le rane fritte.
Papa Innocenzo XI (Benedetto Odescalchi, 1676-1689) disse che «Non è peccato mangiare e bere a sazietà per il solo piacere», e sarebbe stato beatificato da Pio XII nel 1956. Gregorio XVI (Mauro Cappellari, 1831-1846) aveva una passione che lo avvicinava al primo Papa, Pietro: amava andare a pesca e consumare le sue prede. In fondo, un comportamento “sportivo”, quasi umile.
Tutt’altro che umile, invece, il comportamento di gozzoviglie di un papa di Avignone. Il 22 novembre 1324, una nipote di Giovanni XXII (Jacques Duèze, 1316-1334) diede un banchetto a base di otto buoi, 55 montoni, otto maiali, quattro cinghiali, 22 capponi, 690 polli, 580 pernici, 270 conigli, 37 anatre, quattro gru, due fagiani, due pavoni, 292 uccellini, un’enorme quantità di pesci, più di tre quintali di formaggio, tremila uova, duemila frutti e ben 4.012 pani. Il tutto innaffiato da vino di Bordeaux.
Francesco avrebbe certamente condannato Giovanni XXII. È una cosa che possiamo dire pensando alla sua reazione di dissenso quando ha saputo del costoso buffet sul tetto del palazzo della Prefettura per gli Affari economici del Vaticano, cui sono stati invitati circa 150 ospiti “vip”, fra i quali politici, imprenditori e giornalisti, in occasione della canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, lo scorso 27 aprile.
Il lussuoso rinfresco è costato 5mila euro di vivande e 13mila di allestimento, pagati da due società private. Francesco ha chiesto di avere una relazione sulla vicenda, vista come uno “spreco”. Il Vaticano dell’era Bergoglio non ospiterà più fastosi banchetti. Non sono compatibili con la «Chiesa povera tra i poveri» che vuole il suo pastore argentino.