Il mio Papa 18/6/2014, 18 giugno 2014
BENEDETTO XVI
[PRIMA PARTE]
All’inizio del Novecento, Marktl non era tanto diversa da oggi: un tranquillo villaggio tedesco, nella Baviera meridionale, aggrappato al fiume Inn. In italiano, il nome potrebbe essere tradotto «piccolo mercato», ricordo forse di un ruolo nell’antica rete di intensi commerci tra Monaco di Baviera – che è a un centinaio di chilometri – e l’Austria...
Al numero civico 111 di Schulstrasse c’era e c’è una casa bianca, con il tetto spiovente marrone scuro. È proprio qui che, nella primavera del 1927, Maria Rieger rende il marito Joseph Ratzinger padre per la terza volta. I primi due figli si chiamano Maria e Georg, e hanno 5 e 3 anni; per il nascituro è stato deciso che porti il nome del babbo. Così, tra le mura di casa (oggi una meta per i fedeli), il 16 aprile 1927 alle 4.15 nasce Joseph Aloisius Ratzinger, destinato a diventare Benedetto XVI, il papa teologo.
UN’ADOLESCENZA DIFFICILE
II neonato viene battezzato nel giorno stesso della nascita, e viene facile immaginare una grande festa, con gli abitanti che rendono omaggio a Joseph senior, che di Marktl è lo stimato commissario di polizia, e a mamma Maria che, figlia di artigiani originari di Bressanone in Alto Adige, ha invece lavorato come cuoca in piccoli alberghi.
Nei primi anni di vita del piccolo Joseph, il lavoro costringe spesso papà Ratzinger a trasferirsi da una città all’altra, e solo nel 1937, quando decide di andare in pensione, la famiglia riesce a mettere radici. Lo fa spostandosi una sessantina di chilometri più a sud, a Traunstein, che papa Ratzinger definirà una cittadina dal sapore «mozartiano»: qui inizierà la sua formazione culturale e morale.
È un periodo molto duro. Il governo nazista, infatti, è oppositore dei cattolici, «Mentre nostro padre», ricorderà Georg Ratzinger, «era un acerrimo nemico del nazismo, perché credeva che fosse in conflitto con la nostra fede».
Joseph porterà sempre con sé il doloroso ricordo di quando vede i nazisti colpire il parroco prima della celebrazione di una Messa. Nel 1939, comunque, il futuro Papa si iscrive al seminario locale con il fratello Georg.
PARTE PER LA GUERRA
Gli studi, però, devono essere abbandonati molto presto: l’istituto, infatti, nel 1942 viene chiuso e destinato a uso militare. Nel frattempo, nel ’41, Joseph è stato arruolato contro la sua volontà nella Gioventù hitleriana, l’organizzazione paramilitare giovanile nazista, che sta preparando i giovani per la Seconda guerra mondiale.
Il destino per i giovani fratelli Ratzinger è segnato: combattere. Joseph è spedito a nord di Monaco, a un reparto di artiglieria contraerea esterno alla Wehrmacht (cioè “forza di difesa”, il nome delle forze armate tedesche fra il 1935 e il 1946), il cui compito era difendere uno stabilimento della Bmw. Viene poi assegnato alle intercettazioni radiofoniche. Il 10 settembre 1944, infine, la sua unità è sciolta e Joseph può tornare dalla sua famiglia... Ma mentre è sulla strada di casa riceve un nuovo incarico: viene trasferito al confine tra l’Austria e l’Ungheria; in novembre, poi, è inserito in fanteria e collocato presso la caserma della sua Traunstein, da dove, dopo non aver mai sparato un colpo, tenta di disertare nell’aprile 1945. Rischia la fucilazione e si salva solo grazie a un amico sergente che lo fa fuggire di nascosto. La guerra finisce. All’arrivo degli Alleati, Joseph finisce in un campo di detenzione perché, anche se è stato ostile al nazismo, è comunque un militare. Viene rilasciato quasi subito, comunque, e all’alba dell’estate, quando anche il fratello Georg torna a casa dalla prigionia in Italia, la famiglia Ratzinger può finalmente riunirsi.
ALFRED, IL MAESTRO E L’AMICO
La pace permette a Joseph di riprendere gli amatissimi studi. Verso la fine del 1945 si iscrive alla Scuola superiore di filosofia e di teologia di Frisinga, dove incontra il primo mentore. È il teologo Alfred Läpple, responsabile della sala di studio. Ha raccontato Läpple: «Durante una pausa, mi si avvicinò questo giovane, che non avevo ancora conosciuto. Mi disse: “Sono Joseph Ratzinger, e ho per lei alcune domande”. Da quelle domande nacque il nostro primo lavoro insieme. E fu l’inizio di tante chiacchierate, di tante passeggiate, di tante discussioni appassionate e di tanti studi fatti insieme. È partita lì la grande amicizia di una vita. Non ci siamo mai persi di vista». La vita in seminario, però, non è semplice. Metà dell’edificio scolastico è ancora attrezzata a ospedale militare alleato. I circa 120 seminaristi sono radunati in tre stanzoni. Ci si sveglia prestissimo, alle 5.30, per la messa, poi si fa colazione insieme e si corre a lezione: filosofia, teologia, scienze... E anche letteratura: Joseph si innamora di scrittori come Fëdor Dostoevskji, Paul Claudel, Georges Bernanos, François Mauriac e Gertrud Von Le Fort.
A 24 ANNI SPOSA LA CHIESA
Ratzinger non dimenticherà mai l’esperienza di Frisinga: «Ha un ruolo molto speciale. In essa ho ricevuto la formazione che da allora caratterizza la mia vita. Così, in qualche modo questa citta è sempre presente in me e io in lei», sono le parole che Ratzinger ha usato nel 2010 quando ne ha ricevuto la cittadinanza onoraria.
Dopo un anno e mezzo a Frisinga, però, Joseph decide di andare nella più cosmopolita Monaco di Baviera. Prima entra nel seminario Herzogliches Georgianum, dove studiavano tutti i candidati al sacerdozio della regione. Successivamente va all’Università Ludwig-Maximilian.
Nella città bavarese diventa diacono il 29 ottobre 1950, mentre il 29 giugno 1951 è ordinato presbitero assieme a Georg dal cardinale Michael von Faulhaber, arcivescovo di Monaco e Frisinga (la stessa carica a cui anche lui verrà nominato circa 25 anni dopo). Non è uno qualsiasi, Joseph: rispetto ai compagni ha una marcia in più.
A 28 anni inizia a insegnare alla Scuola di teologia di Frisinga, mentre durante l’estate del 1953 ottiene il dottorato con il massimo dei voti e la lode. Di quegli anni c’è un ricordo della teologa tedesca Uta Ranke-Heinemann: «Era la star tra gli studenti maschi; c’erano poche studentesse femmine, e tutte ammiravamo la sua intelligenza. Ma c’era qualcosa di più di lui che stimavo. Era uno studente piuttosto timido, non ossessionato dal suo ego. Mi piaceva la sua intelligenza umile».
Joseph è uno studioso predestinato: a soli 30 anni ha già l’abilitazione per insegnare all’università e l’ateneo di Monaco gli affida la prima cattedra, di Teologia fondamentale.
LA PRIMA VOLTA IN VATICANO
Dopo essersi spostato all’Università di Bonn, nel 1962 arriva un altro momento di svolta.
L’arcivescovo di Colonia Josef Frings è rimasto impressionato da una sua conferenza e, attraverso il proprio segretario Hubert Lume, ex compagno di studi di Ratzinger, inizia a frequentarlo. E lo vuole a Roma con sé, come assistente, al Concilio Vaticano II, la riunione di tutti i vescovi voluta da papa Giovanni XXIII per riformare la Chiesa. Joseph scrive il discorso di presentazione di Frings e conquista i complimenti di papa Giovanni: «Proprio queste erano le mie intenzioni nell’indire il Concilio», dice Roncalli abbracciando Frings.
Nella trasferta romana, Ratzinger abita presso il Collegio dell’Anima, vicino a piazza Navona, e si conquista il buffo soprannome di “ragazzo del coro” per il suo volto giovanile. È considerato come un vero riformatore dai membri del Concilio, ma la morte del Papa rischia di bloccarne le brillanti idee. Fortunatamente come successore viene nominato Giovanni Battista Montini, Paolo VI, che garantisce che lo spirito del Concilio rimanga inalterato. Joseph riesce a convincere anche il nuovo Pontefice.
DA UNA CATTEDRA ALL’ALTRA
Passa un anno e Joseph affronta una triste perdita. Dopo il papà, scomparso quattro anni prima, lo lascia anche la madre Maria, dopo una malattia lunga e dolorosa. «La luce della sua bontà è rimasta e per me è divenuta sempre più una concreta dimostrazione della fede da cui lei si era lasciata plasmare», racconterà il Papa. II fratello Georg, invece, parte per Ratisbona, perché è nominato maestro di cappella (cioè responsabile musicale) del duomo...
Gli affetti più cari, dunque, sono scomparsi oppure sono lontani. Per compensare la tristezza, Raztinger si immerge nel lavoro alternando fino al 1965 gli studi per il Concilio Vaticano (che si conclude in quell’anno) e gli impegni in ateneo. L’attività universitaria, infatti, è intensissima. Per 15 anni si trasferisce da un’università all’altra: dopo Bonn, va a Münster, e poi a Tubinga, dove viene chiamato dal famoso teologo Hans Küng, che ha conosciuto nel 1957.
Nel pieno dei moti studenteschi del 1967/’68, turbato dal radicalismo di Tubinga, il professor Ratzinger cambia ancora, per recarsi all’Università di Ratisbona, aperta da un paio di anni. Qui finalmente trova un ambiente tranquillo, ideale per lui, che sarà anche vicepresidente dell’ateneo nel 1976 e 1977. Nel 1972, con illustri colleghi come Hans Urs von Balthasar, Henri de Lubac e Walter Kasper, fonda la rivista Communio, che immediatamente diventa un punto di riferimento per il dibattito teologico, e ancora oggi è pubblicata in ben 17 lingue.
LA NOMINA AD ARCIVESCOVO
II 24 marzo 1977, tre settimane prima di compiere 50 anni, Ratzinger riceve da Paolo VI il regalo: è nominato arcivescovo di Monaco e Frisinga, le città della sua Baviera a cui deve così tanto. Passano quattro mesi e si aggiunge un’altra carica fondamentale: quella di cardinale. Durante la celebrazione, papa Montini dice a Joseph: «Diamo attestato di questa fedeltà anche a lei, cardinale Ratzinger, il cui alto magistero teologico in prestigiose cattedre universitarie ha fatto vedere come la ricerca teologica non possa e non debba andare mai disgiunta dalla profonda, libera, creatrice adesione al Magistero che interpreta la Parola di Dio».
L’INCONTRO CON WOJTYLA
L’anno seguente, dopo 15 anni di un pontificato illuminato, muore anche Paolo VI. Monsignor Ratzinger viene convocato per la prima volta a un conclave. È uno dei cardinali più giovani e forma un piccolo gruppo insieme ad altri cardinali tedeschi. Il loro voto va al patriarca di Venezia (il titolo del vescovo alla guida della Chiesa nel capoluogo veneto è “patriarca “, ndr), lo sfortunato Albino Luciani. Giovanni Paolo I, infatti, muore appena 33 giorni dopo essere stato eletto.
Ratzinger lo aveva conosciuto l’estate precedente, durante una vacanza a Bressanone, ed era rimasto impressionato dalle sue idee. «In quella occasione ho avuto modo di ammirare la sua semplicità», ricorderà. «Mi raccontò che conosceva bene quei luoghi, dove da bambino era venuto con la mamma in pellegrinaggio. Luciani aveva tanti bei ricordi di quei luoghi e anche per questo era contento di tornare a Bressanone».
La scomparsa improvvisa del Papa sorridente e umile è un duro colpo per la Chiesa, ma all’orizzonte si profila una nuova grande figura. È quella di Karol Wojtyla, arcivescovo di Cracovia. Durante il nuovo conclave nasce l’amicizia tra il cardinale tedesco e il cardinale polacco: «Dall’inizio ho sentito una grande simpatia. Percepii con forza il fascino umano che egli emanava e, da come pregava, avvertii quanto fosse unito con Dio».