l’Unità 18/6/2014, 18 giugno 2014
IL RISIKO DELLE CORRENTI PER LE CASELLE IN EUROPA
Lavori in corso in casa democratica, con più fronti aperti sia qui, al Nazareno, sia a Bruxelles, perché le caselle da riempire sono ancora molte e gli appetiti anche. La segreteria è ancora da completare e il vice di Matteo Renzi, Lorenzo Guerini, è all’opera ma, come spiega in Transatlantico, «al momento non abbiamo nulla di fatto, affronteremo la questione nei prossimi giorni». In realtà la «questione» si è fatta più spinosa dopo l’elezione a presidente Pd di Matteo Orfini, giovane turco, su cui Area Riformista aveva posto il veto e in alternativa del quale aveva avanzato una rosa di nomi che lo stesso segretario alla fine ha depennato. E quindi, adesso, per entrare in segreteria non si accontentano di strapuntini.
I nomi che hanno fatto arrivare al Nazareno sono sostanzialmente tre: Enzo Amendola (che vedrebbero bene agli esteri), Micaela Campana e Danilo Leva. I Giovani turchi dopo il colpo grosso tengono un profilo abbastanza basso, ma puntano in alto a Bruxelles, con Roberto Gualtieri, quale vice presidente del gruppo Pse. Il punto è quella è una casella che vede parecchio interessato anche Gianni Pittella, sostenuto dalla minoranza dem, e il braccio di ferro è già partito. La minoranza manda segnali piuttosto chiari: i Giovani turchi hanno ottenuto la presidenza del partito e quindi possono ritenersi soddisfatti, questo dicono i diretti interessati. Ma Gualtieri, ex direttore dell’Istituto Gramsci, è molto apprezzato dal segretario che non a caso lo ha voluto al suo fianco nei primi viaggi a Bruxelles. Sta di fatto che la riunione prevista oggi proprio a Bruxelles per affrontare la delicata pratica molto probabilmente slitterà per cercare di arrivare a un accordo entro martedì prossimo. Non è una casella di poco conto quella della vicepresidenza, perché se è vero che la presidenza, va a Martin Schultz è anche vero che lo stesso potrebbe, in un secondo momento, andare a fare il presidente del Parlamento lasciando libera la casella per il vice. Ed è chiaro che il Pd, essendo il primo partito all’interno della coalizione, oltre ad essere il partito più votato in assoluto in Europa, ha tutte le carte in regola per aggiudicarsi la postazione.
E poi c’è l’altro tassello, quello di capodelegazione Pd in sede Ue, ruolo ricoperto nella passata legislatura da David Sassoli che anche in questa prima fase sta guidando i neoeletti. Sassoli vorrebbe mantenere il suo status, ma il nome che si fa con più insistenza, e molto gradito a Palazzo Chigi, è quello di Simona Bonafè, miss preferenze.
Insomma, malgrado l’appello del segretario a superare le correnti, a smetterla di dividersi tra bersaniani, renziani, cuperliani e «iani» vari, la logica è ancora quella, dura a morire. Il bilancino, che ognuno vorrebbe far pendere dalla propria parte.
Lo si è visto in Assemblea nazionale, quando una parte di Area Riformista, quando si è trattato di votare per la presidenza del partito, è uscita dalla sala dell’Ergife o semplicemente si è astenuta, come i civatiani. E intanto ieri mattina almeno una frattura si è ricomposta: i 14 senatori che si erano autosospesi dal gruppo dopo la sostituzione di Corradino Mineo e Vannino Chiti in Commissione Affari costituzionali, hanno fatto rientrare la protesta. Restano senatori dem, ma annunciano che continueranno la loro battaglia a suon di emendamenti per cercare di correggere la riforma del Senato sul punto che riguarda la non eleggibilità diretta dei futuri senatori. «Nessuna resa» precisa infatti su twitter l’ex direttore di Rai News, spiegando: «Con Vannino Chiti una battaglia in difesa della Costituzione che continuerà nelle forme e con gli alleati disponibili». La scongiurata scissione viene salutata come un fatto molto positivo da Anna Finocchiaro, presidente della I Commissione: «È un’ottima notizia, che conferma la forza del gruppo». Proprio Finocchiaro, da relatrice del testo sulla riforma del Senato, dopo l’apertura del segretario leghista spiega che «noi siamo pronti, c’è una base di partenza molto compatta e delle forze politiche che si sono dimostrate interessate a questo lavoro presenteremo i nostri emendamenti. In tempi brevi potremo procedere al voto, ma prima faremo una ricognizione politica».
Soddisfatto anche il neopresidente Orfini: «Quella della revoca dell’autosospensione dei 14 senatori del Pd è senz’altro una buona notizia che dimostra il senso di responsabilità di tutto il gruppo del Pd del Senato. Avevo auspicato che il confronto interno al nostro partito sul tema delle riforme costituzionali potesse proseguire in modo più sereno nel rispetto delle idee di ognuno e questa decisione va sicuramente in questa direzione». E il capogruppo dei senatori Luigi Zanda, promette: «Nelle prossime settimane il gruppo dibatterà sul peso e sul significato dell’indicazione costituzionale della libertà di mandato e approfondirà il valore che deve essere attribuito alle posizioni di una maggioranza democratica».