Nicola Imberti, Il Tempo 19/6/2014, 19 giugno 2014
PIÙ DI 200 RAGAZZINI UCCISI IN 10 ANNI
Ci sono momenti in cui il silenzio si rompe. La notizia finisce in prima pagina accompagnata dai commenti di chi, dall’alto della propria scienza, cerca di spiegare le ragioni di tanto male. I loro nomi diventano famigliari. Giulia, Gabriele, Yara, Sidny, Simona, Kesi, Samuele. A volte anche i loro volti, quasi sempre sorridenti e spensierati come solo i bambini sanno essere. Accade per qualche giorno. Poi di nuovo il silenzio.
Funziona così. Quando un minorenne viene barbaramente ucciso il circo mediatico accende riflettori e telecamere e porta sulla scena il dolore, l’incredulità, lo sdegno. Ma alla fine prevale l’idea che si tratti di un’eccezione. Raptus improvvisi e, per questo, rari.
Non è così. Basta guardare i dati per accorgersi che siamo di fronte ad una vera e propria «strage degli innocenti». Secondo un dossier dell’Associazione Meter Onlus di don Fortunato Di Noto, negli ultimi 10 anni, sono 243 i bambini uccisi. Spesso da uno dei genitori.
Volendo essere precisi si tratta di 24 l’anno, due al mese. Un fenomeno che l’associazione descrive con il termine di «bambinicidio» e che, con tutta probabilità, è sottostimato. Infatti non è facile recuperare informazioni. Tante, troppe, le forme di violenza cui i minorenni vengono sottoposti. E l’omicidio è solo la punta dell’iceberg.
Sempre secondo il dossier ogni settimana in Italia una madre o un padre uccidono o tentano di uccidere 3-4 figli con una media di circa 170 bambini vittime in un anno.
L’Istat ha provato a tracciare un quadro prendendo come punto di riferimento i "delitti denunciati dalle forze di polizia all’autorità giudiziaria". Nel 2011 gli omicidi volontari di under 17 sono stati 9 (7 erano vittime di età inferiore ai 13 anni). Sedici, poi, i tentati omicidi anche se il vero dramma riguarda le percosse (559 casi di cui 219 con protagonisti under 13), le lesioni dolose (2298 casi di cui la maggior parte su ragazzi tra i 14 e i 17), le minacce (973 casi). Piuttosto alto anche il numero delle violenze sessuali denunciate: 189. E non può lasciare indifferenti il fatto che 112 di questi episodi avessero come protagonisti dei minori di 13 anni.
Ma la cosa che più impressiona è il trend. Negli anni sono infatti cresciuti sia le denunce per percosse che quelle per minacce e lesioni dolose (nel 2007 erano 243, 662 e 1345). Non è chiaro se perché è aumentata la consapevolezza e, quindi, la voglia di rompere il muro di omertà che spesso accompagnava questi episodi in passato. Di certo sono leggermente diminuiti gli omicidi volontari, ma anche perché dalla tragica "contabilità" sono scomparsi quelli legati a fenomeni di tipo mafioso o a scopo di furto.
Il che vuole dire che, sempre di più, l’orco agisce senza apparente motivo. Magari tra le mura domestiche. Secondo i dati di Eures, gli infanticidi (vittime tra 0 e 6 anni) vengono compiuti in buona parte da donne di età compresa tra i 26 e i 32 anni, magari vittime di depressione, anche post partum, o che soffrono di patologie psichiche documentate. Al contrario il 90% dei padri uccide i propri figli quando questi sono nella fase preadolescenziale.
La verità, però, è che non esiste un identikit perfetto del «mostro». A volte i bambini sono le vittime inconsapevoli dei conflitti tra adulti (emblematico il caso dell’uomo che ad aprile, a Pescara, si è dato fuoco in auto con la figlia di 5 anni dopo aver discusso con l’ex moglie). Di vendette e ritorsioni. A volte si trasformano in un «intralcio» verso la realizzazione di progetti personali (per l’omicida di Motta Visconti andavano uccisi perché lui non aveva il coraggio di divorziare).
Recentemente si è aggiunta la motivazione religiosa. Non è raro, infatti, leggere di bambine uccise perché il padre non condivideva il loro modo di vestire o il fidanzato di religione (e etnia) diverse dalle proprie.
Ma è inutile cercare di aggrapparsi alle statistiche, ai tentativi di analizzare, spiegare, ricondurre in una cornice di "normalità" ciò che normale evidentemente non è.
C’è poi un fenomeno ancora più strisciante che coinvolge i minorenni. È quello della pedofilia. Sempre secondo Meter dal 2003 al 2013 il numero di siti segnalati alle autorità competenti ha superato i 100mila. E se da un lato il numero diminuisce (nel 2012 erano 15.946 nel 2013 6.389), cresce progressivamente il fenomeno del Deep Web cioè la parte nascosta della rete dove le associazioni a delinquere stanno espandendo i loro traffici.
In tal senso i social network hanno progressivamente assunto un ruolo determinante nella diffusione della cultura pedofila. Non solo è in crescente aumento il fenomeno del sexting (invio di messaggi sessualmente espliciti ndr ). Secondo l’Indagine nazionale sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza condotta nel 2011 da Telefono Azzurro ed Eurispes su un campione di 1.496 ragazzi di età compresa tra i 12 e i 18 anni, circa un ragazzo su dieci (10,2%) riceve messaggi o video a sfondo sessuale con il cellulare, mentre il 6,7% ne ha inviati ad amici, fidanzati, adulti, o altre persone, anche sconosciute. Perché non sempre il «carnefice» di un minorenne è un adulto.
Nicola Imberti