Laura Lucchini, Linkiesta 18/6/2014, 18 giugno 2014
IL DECLINO DELLA BIRRA
C’è in particolare un settore dell’economia tedesca che in queste ore, più di ogni altro, spera che la Mannschaft arrivi in finale ai Mondiali di calcio in Brasile e che i cittadini tedeschi possano stare a lungo per strada a festeggiare. Si tratta dei produttori di birra, che da quasi quarant’anni a questa parte osservano una lenta ma inesorabile caduta del consumo interno. Dal 1976 a oggi solo in una occasione le vendite di birra in Germania sono tornate ad aumentare: è stato nel corso del mondiale del 2006 giocato in casa (e vinto dall’Italia). La nazionale tedesca arrivò allora in semifinale, giocando il maggior numero di incontri possibili, e le temperature furono tra le migliori di sempre. Nei primi mesi del 2014 le favorevoli condizioni meteorologiche hanno fatto registrare un nuovo aumento nelle vendite, ora nei birrifici si lavora a pieno ritmo per soddisfare gli ordini e con le dita incrociate, perché non finisca presto.
Il 2013 è stato l’annus horribilis dei birrifici locali. La caduta delle esportazioni come conseguenza della recessione in Europa ha coinciso nella patria dell’Oktoberfest, della Agustiner, della Becks e della Paulaner con temperature piuttosto basse e maltempo diffuso durante tutta la stagione estiva. La stampa ricorda qui che è stato per la birra l’anno peggiore dalla Riunificazione tedesca. Ad essere precisi, secondo quanto segnalano dalla Associazione Federale dei Birrifici (Dbb), il declino è iniziato ben prima.
«Le vendite interne di birra e il consumo ad essa relazionato diminuiscono dal 1976, cioè da quasi quarant’anni, in maniera piuttosto regolare, in media dell’1 o 2 per cento all’anno», spiega in un’intervista con Linkiesta Marc Oliver Hunholz, portavoce della Dbb. «Ci muoviamo però - aggiunge - tuttora su tassi di consumo molto alti, a livello internazionale: se si fa il paragone con Italia e Spagna — ovviamente si tratta di un paragone solo indicativo, essendo questi Paesi produttori di vino e noi li invidiamo per questo — vediamo che lì il consumo pro capite è tra il 25 e 35 litri a testa all’anno. In Germania nel 1976 si raggiungevano i 150,9 litri annuali pro capite e nel 2013 il consumo si è ridotto a 106,6 litri».
Il dato è funzionale a illustrare che il consumo continua ad essere sostenuto e che la quantità di birra venduta in Germania, 94,6 milioni di ettolitri lo scorso anno, è a livello internazionale molto alta. Ma è anche la ragione intrinseca del dramma dei produttori tedeschi che per anni hanno trascurato le possibilità di esportare, appagati dal consumo interno. Quando ora riescono a farlo (con eccezione del 2013 le esportazioni aumentano costantemente da anni) devono ritagliarsi nicchie in mercati già saturi e dove i consumatori di media bevono ben meno dei tedeschi.
Nel 2014 in Europa, in particolare Italia e Francia, sono tornate ad aumentare le importazioni di birra tedesche, ma cresce anche ad alta velocità il mercato cinese e si consolidano le vendite negli Usa. Ciononostante, anche «di fronte a un aumento delle esportazioni del 43 per cento nei primi quattro mesi del 2014, questo non è sufficiente a curare la crisi del consumo tedesco», ammette Hunholz. «Le esportazioni offrono piuttosto una via di uscita ai birrifici tedeschi in buona salute che vogliono compensare possibili cali nei consumi in patria».
La diversificazione dei prodotti, per esempio con l’offerta di più varianti analcoliche il cui consumo è in aumento, insieme alle esportazioni hanno permesso ad alcuni birrifici addirittura di crescere. Si tratta però per lo più di quelli più grandi. Il numero complessivo dei birrifici aumenta, ma proliferano quelli piccoli e artigianali e scompaiono quelli medi.
Alla radice di questa crisi di consumi ci sono in particolare due ragioni, secondo quanto segnalano gli esperti del settore. Da una parte il cambiamento demografico: la popolazione invecchia rapidamente, i più anziani consumano meno e i giovani sono meno numerosi. A questo si aggiunge un cambio di stile di vita: al giorno d’oggi non si può più consumare birra sul posto di lavoro e spesso viene richiesta una maggiore mobilità. I tedeschi amano le auto e la velocità, sulle autostrade non ci sono limiti e si guidano auto di grande cilindrata. Tutto ciò è incompatibile con il consumo di alcol. Così come lo è una nuova cultura del corpo e della alimentazione che prescrive (secondo Huhnholz senza fondamento) evitare la birra per restare in forma.
«Noi tedeschi, in particolare produttori di birra, ci ricordiamo del 2006 come “Il sogno estivo”»
In un panorama che lascia poco margine all’ottimismo portare a casa una buona annata 2014 sarebbe già un buon risultato. «L’ultima volta che le vendite interne sono aumentate è stato nel 2006 quando c’è stato il mondiale in Germania. Noi tedeschi, in particolare produttori di birra, ce lo ricordiamo ancora come “Il sogno estivo”. La Germania è arrivata in semifinale nel mondiale che si svolgeva in casa, molti turisti e fan erano presenti nelle città e hanno bevuto insieme agli altri e l’estate era grandiosa. Il tempo clemente ha permesso di interrompere la curva discendente del consumo», ricorda Huhn.
Nel 2014 l’anno è iniziato bene già per le temperature. Il tempo clemente è la causa più diretta di un aumento del consumo interno del 4,5 per cento nei primi quattro mesi dell’anno, per un totale di 29 milioni di ettolitri. «Se il mondiale si fa interessante per i tedeschi e cioè se i nostri undici arrivano avanti questo può chiaramente portare a che il consumo in tutta la Germania aumenti significativamente».
Nelle grandi città tedesche la febbre calcistica è piuttosto contagiosa. Le strade si riempiono dei grandi schermi messi a disposizione dai bar e che spesso trasmettono tutte le partite possibili della giornata. Le partite si guardano per lo più in luoghi pubblici dove la birra scorre a fiumi. I comuni delle metropoli hanno approvato deroghe alle regole di orari di apertura e durata delle feste di strada, per permettere a tutti di rimanere in giro anche per gli incontri notturni.
I produttori di birra calcolano che ci può essere un aumento ulteriore delle vendite dell’1 o 2 per cento almeno rispetto all’estate scorsa. Questo significa che si possono vendere tra i 70.000 e i 150.000 ettolitri in più nei mesi di giugno e luglio. Non risolleverà dunque l’intera sorte del settore, ma lo lascerà respirare e magari festeggiare.