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 2014  giugno 14 Sabato calendario

IL COSTO DELLE FORZE ARMATE E GLI OBBLIGHI DELLE ALLEANZE


Un tempo sapevamo chi fosse il nemico, ma la guerra per fortuna era “fredda”. Poi, crollato il muro di Berlino e sparita la minaccia sovietica, abbiamo cominciato a combattere. Nell’ultimo ventennio abbiamo partecipato a varie “missioni di pace”, a mio avviso non tutte effettivamente servite a tutelare la pace mondiale o i nostri interessi. Adesso la crisi ci costringe a effettuare tagli. Pure nelle spese militari. Obiettivamente i costi delle forze armate italiane non sembrano eccessivi, se raffrontati a quelli delle altre grandi nazioni d’Europa. Ho tuttavia l’impressione che si continui a prestare più attenzione al quanto che al come. Stiamo comprando nuovi costosissimi aerei da combattimento, ma non si capisce contro quale nemico tecnologicamente avanzato dovremmo impiegarli. Potrebbe spiegare ai lettori contro quale nazione l’Italia potrebbe trovarsi a dover usare armi tanto sofisticate per difendersi da una futura aggressione?
Carlo Knight


Caro Knight,
La fine della guerra fredda ha privato la Nato della sua funzione originaria e il ricorso all’Alleanza negli ultimi quindici anni (dalla guerra del Kosovo alla guerra afghana) non ha giovato alla sua credibilità. Nella prima, il conflitto ha avuto per risultato la nascita di un piccolo Stato là dove sarebbe stato preferibile trovare soluzioni meno pregiudizialmente ostili alla Serbia. Nella seconda siamo stati gli ausiliari impotenti di una strategia americana che è irrimediabilmente fallita. Credo che la Nato abbia smesso di svolgere una funzione conforme agli interessi dell’Europa e che da questa constatazione i membri dell’Ue dovrebbero trarre spunto per creare il loro sistema di difesa. Ma non possiamo dimenticare contemporaneamente che l’Alleanza Atlantica è ancora, almeno per il momento, l’istituzione a cui abbiamo affidato la nostra sicurezza e che la sua esistenza, tra l’altro, ci ha permesso di ridurre considerevolmente le nostre spese militari. Cerchi d’immaginare quanto avremmo dovuto spendere se non avessimo aderito a un trattato in cui si afferma (art. 5) che un attacco contro uno è un attacco contro tutti.
Naturalmente anche questo, come tutti i patti, comporta degli obblighi. La riduzione del bilancio militare non può andare al di là di un certo limite e uno stato maggiore degno di questo nome non può esimersi dall’immaginare scenari in cui l’Italia debba impegnarsi militarmente a fianco dei suoi alleati (una considerazione che sarebbe valida anche se esistesse una difesa europea). L’acquisto di nuovi aerei rientra per l’appunto in questa prospettiva. Si può discutere sulla scelta e sul numero dei velivoli da acquistare. Ma il continuo aggiornamento della propria aeronautica e la preparazione di un personale militare adeguato sono obblighi a cui un Paese come l’Italia, con le sue dimensioni territoriali e la sua collocazione geografica, non può sottrarsi.
La sua domanda – contro quale nazione dovremmo armarci? – era comprensibile negli anni della Guerra fredda. È meno giustificata in un momento in cui la minaccia sta prendendo nuove forme e il potenziale nemico nuovi volti.