Francesco Verderami, Corriere della Sera 14/6/2014, 14 giugno 2014
IL CENTRODESTRA RICOMINCIA DA 2 PROFESSORI
Diviso e destinato così all’irrilevanza, il centrodestra potrebbe aver trovato chi lo incolla: due professori. Il professor Guzzetta, famoso in passato per le sue battaglie referendarie insieme a Segni, è oggi il «suggeritore» dell’idea lanciata da Berlusconi: indire una consultazione popolare sul presidenzialismo.
Sarà un caso ma la presentazione del progetto avverrà nelle stesse ore in cui l’Ncd di Alfano annuncerà l’avvio della raccolta di firme per un progetto di legge di iniziativa popolare sul semipresidenzialismo, che è una pensata del professor Quagliariello. Dalla politica il professor Guzzetta è sempre stato attratto. Nella politica, il professor Quagliariello da tempo c’è finito dentro. Che siano ignari o partecipi dello stesso disegno poco importa, ma non c’è dubbio che il tema sia il vero (e al momento unico) collante che può consentire un riavvicinamento degli spezzoni di ciò che un tempo è stata l’area dei moderati.
D’altronde la rifondazione delle istituzioni, se davvero le riforme andranno avanti, difficilmente potrà limitarsi alla cancellazione del bicameralismo e al varo di una nuova legge elettorale. In caso contrario la Terza Repubblica sarebbe un patchwork della Prima e della Seconda, con il rischio di avere ruoli e poteri pericolosamente sovrapposti, specie nel rapporto tra il premier e il capo dello Stato. L’argomento non è oggetto di dibattito solo nel centrodestra, «è una questione — come rivela il coordinatore di Ncd — che trova orecchie sensibili anche nel Pd e che a tempo debito andrà affrontata».
Intanto questa materia costituzionale sta per diventare una sorta di incubatrice politica. Da un lato c’è l’idea berlusconiana che ricalca una vecchia proposta della sinistra, suggerita allora da Violante, formalizzata da Ceccanti (che di Guzzetta fu sodale referendario) e che venne firmata persino da uno degli odierni senatori «ammutinati» del Pd: Chiti. Dall’altro lato c’è l’idea alfaniana di un progetto di legge che mira a coinvolgere subito i cittadini con la firma. Certo l’iniziativa del Cavaliere ha un iter più tortuoso, perché il Parlamento dovrebbe approvare un disegno di legge costituzionale per consentire il voto popolare. E non sarebbe una novità, dato che c’è un precedente: risale all’89 quando gli italiani approvarono il conferimento dei poteri all’Europa.
Il punto però è un altro, e cioè che il centrodestra prova a verificare se — issando il vessillo del presidenzialismo e battendo strade diverse — sarà capace di ritrovarsi e ricomporsi. Così Berlusconi chiederà a Renzi il lasciapassare del Pd in Parlamento al suo disegno di legge. Mentre Ncd cercherà di mobilitare l’opinione pubblica con la raccolta delle firme per la propria iniziativa. Sono due indizi che insieme a un terzo, l’assoluta necessità di evitare le elezioni anticipate, fanno capire che intanto le riforme andranno avanti. È vero, la mediazione sulla modifica del bicameralismo non si è ancora sbloccata: l’idea di un «Senato dei sindaci» non piace a Forza Italia. E come non bastasse ci sono ancora da risolvere problemi assai spinosi, più che sul metodo di elezione della Camera Alta, sulle sue future competenze e sui poteri da affidare alle regioni.
Ma la mossa di Renzi di sostituire i senatori «ammutinati» del Pd in commissione Affari costituzionali a Palazzo Madama, ha cambiato il quadro. Non è dato sapere se sia stata un’iniziativa studiata per imporre in Aula il diktat del governo al Parlamento, o il frutto di un azzardo: in ogni caso ha provocato una reazione che nemmeno il premier si aspettava. Perché adesso senza quei quattordici voti democratici, al Senato non ci sarebbero i numeri per andare avanti senza l’appoggio di Berlusconi. Di qui il gioco al rilancio di Forza Italia, che vuole strappare qualcosa al presidente del Consiglio. Ecco perché forse questa settimana non ci sarà il rendez vous tra Renzi e il Cavaliere: l’incontro si svolgerà solo per annunciare l’intesa.
Probabilmente ci vorrà del tempo, ma come dice il capogruppo azzurro Romani «sarebbe un errore per noi uscire dal percorso delle riforme, e Forza Italia, che proprio su questa strada vuole avviare un percorso di riunificazione del centrodestra, lavorerà perché l’accordo si realizzi». Una tesi che collima con quella di Quagliariello, secondo cui «tutti dovremmo adottare la strategia dei piccoli passi, invece di andare avanti per strappi», che sembra peraltro un messaggio a Renzi. Certo, non è che Berlusconi sia entusiasta di far da comprimario al presidente del Consiglio, ma per quanto sia poco convinto e riottoso ha assicurato ai suoi che «non verrò meno alla parola data». Serve per tentare di ricostruire il centrodestra. Così il presidenzialismo può diventare l’incubatrice di una futura federazione.