Massimo Gaggi, Corriere della Sera 19/6/2014, 19 giugno 2014
I CAMBIAMENTI INQUIETI DELLA CIVILTÀ DEI ROBOT
Non mi stupisce che il tema sulla pervasività della tecnologia sia stato di gran lunga il più scelto dagli studenti (28,5%), anche se trovo doloroso che il saggio storico (le differenze rispetto all’Europa del 1914) sia stato il più trascurato (svolto appena dal 3,8% dei candidati). L’invasione della tecnologie nelle nostre vite è un fenomeno che tocchiamo con mano tutti i giorni e che, a seconda della nostra formazione, età, atteggiamento nei confronti della vita, percepiamo con varie gradazioni di eccitazione per le nuove possibilità a nostra disposizione, appagamento (la ricerca che diventa facile col motore di ricerca di Google, indirizzi misteriosi in un dedalo di viuzze raggiunti grazie a mappe digitali e Gps) e anche inquietudine. Sì, anche inquietudine perché la tecnologia, che progredisce più rapidamente della nostra capacità di adattamento, oltre a offrire tante opportunità in più, pone problemi enormi. Dilemmi che hanno a che fare con la sicurezza (dalle pistole di plastica fatte con la stampante 3D allo spettro di una guerra cibernetica condotta «accecando» intere nazioni), con l’etica (che fare davanti alle possibilità di programmazione genetica del nascituro?) e con la struttura stessa della società, visto che la tecnologia sta trasformando il mercato del lavoro. La civiltà dei robot abbatte i costi dei prodotti, riduce fatica e rischi per la manodopera (basti pensare ai vecchi impianti di verniciatura delle auto e alle fonderie), ma cancella anche un gran numero di mestieri e può alimentare tensioni sociali, come dimostrano le recenti proteste dei tassisti contro Uber, quasi una rivolta planetaria.Sono temi che mi hanno appassionato molto mentre scrivevo articoli come quello citato nella traccia e che, a maggior ragione, catturano l’attenzione di ragazzi immersi nella tecnologia dei loro smartphone, ma che poi leggono, con crescente inquietudine, di un aumento della disoccupazione (giovanile e non) almeno in parte legato proprio all’automazione che sta invadendo anche le professioni intellettuali. Comprensibile, quindi, la scelta di questo tema da parte del ministero. Comprensibile ma anche coraggiosa: scoperchiando la pentola della tecnologia, si spingono i ragazzi a riflettere sui cambiamenti nel mondo del lavoro, ma l’era digitale sta alterando anche i meccanismi dell’apprendimento e presto imporrà un cambiamento del modo di studiare e di insegnare. Corsi universitari online, introduzione della scrittura dei codici informatici come materia d’insegnamento come già avviene in molte scuole Usa, maggiore enfasi sulle materie scientifiche — matematica, fisica, biochimica — rispetto a quelle umanistiche: sono queste le discussioni di un futuro che, a giudicare dalle tensioni in molti licei, forse è già tra noi. Chissà se i ragazzi nei loro temi hanno parlato anche di questo, sfidando l’ortodossia dei programmi ministeriali.