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 2014  giugno 19 Giovedì calendario

LA RABBIA DEL PADRE «IO, PRESO IN GIRO PER QUARANT’ANNI»


DAL NOSTRO INVIATO PARRE (Bergamo) — Il vecchio è seduto sulla panchina di pietra. Davanti a lui scorrono i camion sulla provinciale 49, che attraversa la val Seriana. Fa caldo, ma indossa una giacca di feltro. Ha ottant’anni. Si chiama Giovanni Franchina, dice che faceva l’impresario. Non rifiuta la compagnia. Fa un cenno di invito a sedere con lui. Ascolta la domanda e annuisce. «Certo che me li ricordo. Il papà del Giovanni Bossetti guidava i camion, aveva cominciato a farlo in tempo di guerra. Il figlio andò via da qui che era già grande, ma tornava spesso, con la Ester, con i suoi amici. Certo, c’era anche il Guerinoni, chi non lo conosceva».
Ponte Selva è una frazione di Parre, il paese dei Bossetti, nel senso che si chiamano quasi tutti così, ma si spalma sul territorio di altri due comuni, Piario e Ponte Nossa. Un gruppo di vecchie case intorno a un ex convento, stretto dal fiume Serio e dalla strada a percorrenza veloce, con il vecchio bar della Posta che ha solo cambiato nome e arredamento. La compagnia dei paesi si trovava qui, a fondo valle. A fare da magnete erano le giovani operaie dello stabilimento Pozzi, ragazze di pianura che venivano ospitate nelle case popolari vicino al convento. Giovanni Bossetti arrivava sempre con la sua fidanzata, Ester che era nata a Rovetta ma viveva a Piario. Era amico e coetaneo di Vincenzo Bigoni, che veniva da Villa d’Ogna, ancora più in alto, e poi si sposerà con Miranda Bonetti di Parre, dove ancora vive oggi. Faceva l’autista. Era collega di Giuseppe Guerinoni, nato a Gorno, che guidava gli autobus da Bergamo fin quassù, e aveva preso casa a Parre, dove godeva di una certa celebrità. «Era un gran bell’uomo» ricorda la signora Maddalena Bossetti, non parente.
Il signor Franchina un po’ si commuove nel ricordare un tempo così lontano. «Era molto diverso da oggi. La corriera del Guerinoni portava su le ragazze, e con loro c’era tanta allegria». Non c’è più nulla di quel mondo antico. La cascina dove è cresciuta Ester Arzuffi ha la facciata gialla consumata dal tempo, e assi di legno marcio a sbarrare le finestre. Quella dei Guerinoni è già al secondo passaggio di proprietà e conseguente ristrutturazione dopo la morte del proprietario, avvenuta nel 1994. Le vecchie case di Ponte Selva sono abitate dalle famiglie di immigrati che lavorano nei cantieri della Val Seriana. Anche il prete, don Roberto, è nuovo, appena trent’anni. «Pregate, e non parlate». L’altro giorno ha concluso così la sua omelia.
Ci sono voluti decine di «mi spiace non ricordo», di porte chiuse e di citofoni suonati per arrivare a quella panchina, a uno degli ultimi abitanti anziani di Ponte Selva. A qualcuno che ancora si ricordasse di Giovanni Bossetti, l’uomo che percorre questa storia come un’ombra, come una nota a margine, un’immagine sbiadita che passeggia d’estate lungo il torrente Ogna con Ester incinta dei due gemelli. Il «Gianni» faceva l’operaio proprio alla Pozzi, la fabbrica di tessuti dall’altra parte della provinciale che porta in valle. In quegli anni Giuseppe Guerinoni abitava a Ponte Selva, nella case sul «curvone» che avevano il nome dello stabilimento. Tutti sapevano dove abitava. Parcheggiava il suo «tramino» color arancione davanti a casa, perché lassù non c’era il deposito. Il 28 ottobre 1970 all’ospedale di Clusone nascono Massimo Giuseppe e Laura. È solo cinque anni dopo, quando nasce Fabio, che i Bossetti si trasferiscono a Brembate di Sopra.
«Che vergogna». L’ha detto. Lo ha gridato. Lo hanno sentito oltre la porta dell’appartamento al secondo piano. Adesso tutti questi ricordi di paese, queste madeleines da sere d’estate e balere che andavano con il liscio, hanno il sapore del veleno, del tradimento. «Sono stato ingannato per quarant’anni» ha detto ai carabinieri che lo hanno preso a verbale. Giovanni Bossetti ha vissuto una vita di finzioni. E chissà se ha cominciato a pensarlo nel 2012 quando nelle indagini sulla morte di Yara è apparso il nome di Guerinoni e a Ester hanno prelevato il primo campione di saliva, oppure l’estate seguente, quando si è saputo dai giornali che il suo amico Bigoni aveva tirato fuori una vecchia confidenza di Guerinoni su un figlio avuto da una relazione extraconiugale e mai riconosciuto. O forse il sospetto c’era da sempre, forse certe cose si sentono e si preferisce ignorarle. Non sappiamo, non è neppure giusto fare ipotesi su una apocalisse privata.
Giovanni Bossetti è un uomo molto malato. Lunedì, quando hanno arrestato Massimo Giuseppe, ha chiesto di essere dimesso dall’ospedale dove era stato ricoverato. Il giorno seguente Ester ha chiamato il 118 dalla casa di Terno d’Isola. Era lei a stare male. Nel nastro della registrazione è rimasta impressa la coda di una lite furibonda, la rabbia di un uomo che urlava «mi hai rovinato, mi hai preso in giro». Lei piangeva. Anche lui piangeva. Per le certezze perdute, per il destino terribile che lo attende nel tempo che gli rimane. Quello di un padre che scopre di aver amato e cresciuto un figlio non suo. Un figlio che forse è un assassino.