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 2014  giugno 19 Giovedì calendario

L’EX PM DEL CASO TORTORA DIVENTA ASSESSORE ALLA LEGALITÀ A POMPEI


ROMA Quante volte - da Antonio Di Pietro ad Antonio Ingroia ma i casi sono anche altri - s’è vista la brutta abitudine del pm che diventa politico? S’è vista spesso. «Ma non è il caso mio», assicura Diego Marmo, il quale dopo l’arresto clamoroso, proverbiale e terribile di Enzo Tortora il 17 giugno del 1983 fece il pubblico ministero nel celeberrimo maxiprocesso per camorra contro il giornalista televisivo (e altri) la cui vicenda viene ancora considerata una delle pagine più buie della giustizia italiana. Diego Marmo è appena stato nominato assessore alla legalità al comune di Pompei, con superdelega alla difesa del patrimonio archeologico ambientale. Non c’è niente di male nel passaggio da magistrato a politico? «Io sono in pensione, sono un uomo da giardinetti. Quindi, nessun passaggio diretto e non vedo niente di male nella cosa», assicura Marmo. Il quale, dopo gli anni alla Procura di Napoli, è stato procuratore capo a Torre Annunziata.
Aveva la barba nera l’allora pm. E i Radicali per difendere Tortora lo avevano fatto eleggere al Parlamento europeo. I vecchi avvocati napoletani ancora se la ricordano la requisitoria del primo luglio dell’85. «Lei - così Marmo si rivolse al legale di Tortora, accusato da alcuni pentiti - difende un imputato che è diventato deputato con i voti della camorra.... I dissociati rischiano la pelle ma voi non avete nessun rispetto per la vita umana». Tortora uscì da quel processo con una condanna a dieci anni. Poi ribaltata in appello nel 1986 (assoluzione con formula piena e pentiti giudicati non credibili) e l’innocenza dell’imputato fu confermata il 13 giugno 1987 dalla Corte di Cassazione. Ma tutto ciò dopo il carcere, dopo gli arresti domiciliari e dopo un calvario che minò il fisico del conduttore pop di «Portobello». Il quale, assolto, annunciò: «E’ finito un incubo». Ma dodici mesi dopo la sentenza della Cassazione, Tortora morì per un tumore al polmone.
IL PASSATO
Vicende lontane e dolorose, anche per Marmo. Oggi è assessore in una giunta «laica» fuori dai partiti («Non ho mai fatto politica in vita mia») e dice: «Non voglio parlare di quella storia, per rispetto a una persona che non c’è più e che ha sofferto tanto». «Io comunque - spiega - sono stato soltanto pubblico ministero d’udienza. Cioè quello che si alza e fa le richieste di pena. Ho fatto le richieste per 290 persone, non solo per Tortora». L’assoluzione di Tortora dopo la sentenza di colpevolezza per associazione a delinquere di tipo mafioso e traffico di stupefacenti? «Non voglio, ripeto, parlare di lui, per un fatto di rispetto. L’assoluzione in appello dopo una condanna fa parte del gioco processuale».
MALAGIUSTIZIA

Il gioco in cui finì stritolato Tortora è indimenticabile. Ed è rimasto uno dei massimi esempi di malagiustizia. I pentiti, parlando di «quello di Portobello», inguaiarono ingiustamente il popolare giornalista. Ma i magistrati di quel processo hanno fatto carriera.

Il giudice Sansone, per esempio, sarebbe diventato presidente di Cassazione. Marmo è arrivato ad assumere la guida della Procura di Torre Annunziata. Adesso racconta: «Facendo il procuratore a Torre Annunziata mi sono reso conto di una serie di danni che si stanno facendo a un patrimonio dell’umanità, quel è quello della zona archeologica di Pompei».
Il nuovo sindaco della cittadina, Nando Uliano, 5 giorni fa lo ha fatto chiamare, è partita la proposta per farlo diventare assessore, Marmo sulle prime voleva dire di no e poi si è detto: «Devo metterci la faccia». E così ha detto di sì all’incarico.
Ma la vicenda Tortora resta viva nella coscienza di tutti, e non deve diventare archeologia.