Enrica Brocardo, Vanity Fair 18/6/2014, 18 giugno 2014
PATTINARE SULLA VITA
«Nella mia vita ho fatto solo questo. Tutte le mie decisioni più importanti le ho prese pensando al pattinaggio. A 14 anni mi sono trasferita in un collegio in Germania: studiavo, ma i miei pensieri per lo più erano rivolti allo sport. D’estate mi allenavo in Canada, invece di andare al mare. Mi compravo scarpe da ginnastica perché mi servivano, al posto di quelle con i tacchi. Ho raggiunto obiettivi importanti ma adesso voglio fare anche altro. Capire come sono fuori dal pattinaggio».
Carolina kostner indossa un paio di scarpe con la zeppa che stonano un po’ con il Kinesio tape, il bendaggio adesivo terapeutico che porta su una caviglia. Più che una conquista, una mediazione. «Il mio fisioterapista mi ha sgridato».
Parla a voce molto bassa e ancora più lentamente, come se valutasse anche le preposizioni. Si direbbe che per lei un’intervista sia un po’ come fare un salto triplo con qualcuno a fianco pronto a darti una spinta e farti cadere. «Stacco per un anno», dice.
«Niente agonismo, niente gare».
Non suona come un vero e proprio addio. Però lei ha 27 anni. Fino a che età è possibile fare agonismo?
«Non c’è un limite. Ma la media è tra i 23 e i 25. Già a 14, se raggiungi certi livelli, puoi entrare nella categoria senior. La ragione è che il corpo di un’adolescente funziona in modo diverso. A quell’età recuperi meglio la fatica. Anche mentalmente è più facile: tante cose non le capisci ancora, quindi non senti la pressione, l’attenzione mediatica. Per questo tante pattinatrici vincono da giovanissime e poi si ritirano».
Non è il suo caso.
«Per me è stato diverso. Ho raggiunto i primi grandi successi a 15-16 anni. Nel 2003, quando arrivai da zero al quarto posto degli Europei, capii che ce la potevo fare. Il sogno c’era anche prima, ma il pattinaggio in Italia è sempre stato uno sport esotico, e io venivo da un paesino dove di solito la gente scia. Poi, però, c’è stato un periodo in cui ho fatto fatica. Mi interessava l’allenamento, capire che cosa potevo riuscire a fare sui pattini, più che mostrare i risultati in pubblico. Anche se in gara volevo far bene, il fatto di esibirmi lo vivevo un po’ come una costrizione. Ma neppure per un momento ho perso la voglia. Ora è diverso. Ognuno capisce quando è il suo momento di smettere. Te lo senti dentro».
Considerata la sua età, è consapevole che rientrare sarà difficile?
«Sì. Ma ho il desiderio di imparare che cos’è la vita. A prescindere da quello che deciderò dopo, quest’anno non potrà che arricchire il mio pattinaggio e me stessa».
Che cosa si aspetta di scoprire?
«Sono una persona molto creativa, libera. Sento il bisogno di viaggiare, di parlare con le persone, di poter dire: “Oggi faccio questo, domani non lo so, mi sveglio e decido”. Finora ho avuto una vita programmata. Allenamento alle otto di mattina, gara: sapevo che in una certa data sarei stata in Cina piuttosto che da qualche altra parte del mondo, e che la settimana di vacanza se ne sarebbe andata via a sbrigare impegni come il commercialista, il dentista, il parrucchiere».
Insomma, le manca la libertà.
«Esatto. E credo che non essere legata a un programma stimolerà la mia creatività. Non mi aspetto nulla di preciso, piuttosto sono curiosa di vedere che cosa succede. Comunque, ci sono tante possibilità per continuare a pattinare fuori dalle gare».
Immagino si riferisca a spettacoli come Intimissimi On Ice, dove si esibirà all’Arena di Verona in settembre.
«Sì. Mi permette di fare quello che amo, il pattinaggio, con maggiore libertà. E poterlo condividere con il pubblico è ancora più bello. In fondo, è quello che sognavo da piccola quando la domenica, davanti alla famiglia riunita, chiedevo a tutti di guardare la mia esibizione di danza».
Che cos’ha di diverso questo spettacolo da Opera On Ice dell’anno scorso? La location è la stessa, e ancora una volta ci sono la musica lirica e i campioni del pattinaggio.
«Vogliamo arrivare ancora a più persone: per questo motivo avremo cantanti pop, effetti speciali, interattività. Ma, nel frattempo, mi prenderò il tempo anche per altro. A luglio vado a lavorare con un coreografo in Russia: niente regole, niente tensione della gara, tre giorni a ballare sul ghiaccio. Solo a pensarci sono già felice. E magari dopo verranno altri progetti. Ma davvero, non so. Al di fuori del pattinaggio agonistico, conosco poco».
Avrà in mente anche qualcosa che non riguardi i pattini, mi auguro.
«Un viaggio in California, quest’estate, con un’amica canadese che non vedo da anni. Noleggeremo una macchina e per due settimane andremo in giro senza un programma preciso».
Stavamo pensando di inserire nell’articolo anche un’immagine di lei con il suo fidanzato, Alex Schwazer. Che cosa facciamo, la lasciamo o la togliamo?
Carolina reagisce alla mia domanda con un imbarazzo così intenso e sincero che provo una fitta allo stomaco.
«Non siamo più insieme».
Posso chiederle quando e come è successo? Poco prima di Sochi si era parlato di una sua relazione con il pattinatore Tomás Verner.
«Non ho letto i giornali, però so delle voci e non erano fondate. Con Alex è finita non da tanto. La decisione l’abbiamo presa insieme. Stiamo vivendo due momenti di vita del tutto diversi e ognuno di noi deve poter trovare la propria felicità, e guardare avanti. Fra noi c’è amicizia, stima e rispetto, nessun rimprovero. Tutti e due abbiamo bisogno di spazio e ce lo stiamo dando a vicenda. Ma se un giorno ci incontreremo di nuovo, ben venga».
Già due anni fa stava per ritirarsi. Non è che ci ripensa anche questa volta?
«So che in autunno mi verrà voglia di tornare in pista, ma so anche che per rimanere al livello che ho raggiunto dovrei rinunciare a tutto il resto. E questa volta ho scelto di dare a me stessa uno spazio di libertà».