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 2014  giugno 18 Mercoledì calendario

LETTERE


OGGI NON SI VEDONO GLI ECCESSI CHE HANNO SEGNATO BOLLE PASSATE
Ho riletto, per caso, l’articolo di Giuseppe Turani pubblicato il 26 febbraio 2007 su Affari&Finanza (La Repubblica): «Quel pazzo rally delle borse». Ebbene, fatte salve le dovute rettifiche - ad esempio Obama al posto di Bush, crollo borsistico del 2008/2009 al posto di quello del 2000 - lo scritto di Turani sembra calzare (quasi) a pennello per le vicende che i mercati finanziari stanno vivendo in questi mesi. Mi riferisco alla crescita apparentemente inarrestabile degli indici di borsa americani: Dow Jones e Nasdaq, pur registrando un andamento affannoso dell’intera economia. Essa fatica a mantenere il passo, tanto che la Federal Reserve da anni inonda i mercati finanziari di masse di dollari nella speranza di stimolare consumi e investimenti.
I prossimi mesi si incaricheranno di dimostrare la validità dell’assonanza tra gli accadimenti del 2007 e le vicende che caratterizzeranno il secondo semestre del 2014 e il 2015 negli Stati Uniti, in Europa e nel resto del mondo.
A tal riguardo è opportuno meditare su quanto ipotizzato da Turani nel corso del suo articolo: «Persino i più assennati non vedono nessuna nuvola nera in fondo all’orizzonte. Se proprio guardano con cura, vedono (e nemmeno tanto in là) una limatura delle quotazioni. Un "ritracciamento", come dicono loro, insomma un ritorno all’indietro. Ma solo del 10-15% (nel caso più estremo, quello di una botta collettiva di pessimismo). E in ogni caso, si tratterebbe di un salutare arretramento, fatto solo per ripartire poi, mondi di ogni peccato eventualmente commesso, verso nuove mete e nuovi rialzi».
Sàntolo Cannavale

Caro Cannavale,
non so quel che Turani penserebbe delle somiglianze fra la situazione del 2007 e quella odierna, e quindi si dovrà contentare di quel che penso io. Quel che è successo dopo il 2007 - Grande recessione, con la coda velenosa della crisi in Europa da debiti sovrani - è quel che il professore Giovanni Demaria (insegnava in Bocconi quando c’eravamo sia Turani che io) chiamava un "entelechiano". Cioè un avvenimento caduto dal cielo, uno spartiacque che viene a turbare le sinusoidi del ciclo, un unicum che va a cambiare comportamenti e teorie. Non proprio una carestia o un terremoto (gli entelechiani - fra gli altri - che Demaria ci faceva indagare), che dietro alla crisi più grave dagli anni Trenta ci furono manchevolezze della teoria ed errori della politica - non solo economica. Ma certamente una crisi inusuale e imprevista.
Ora il mercato è ripartito, ma bisogna mettere le cose in prospettiva. Dal 2007 a oggi il Pil nominale mondiale è aumentato del 36%, l’indice delle Borse mondiali del 7,5% (la capitalizzazione di Borsa del pianeta è aumentata di più, del 15% circa, grazie all’ingresso in Borsa di molte società). Se si accetta l’ipotesi media secondo cui la Borsa dovrebbe crescere grosso modo in linea con la crescita dell’economia, non vedo segni di sfrenati rialzi. Tanto più che i profitti - che si accostano alle quotazioni di Borsa anche più strettamente del valore aggiunto - sono aumentati ancora più del Pil (almeno in America, il rapporto profitti/Pil è ai massimi storici). Tutto questo non vuol dire che domani non ci possa essere un crollo di Borsa. Ma se ci sarà sarà a causa di altri entelechiani, dall’Ucraina all’Irak al cielo sa che cosa. Dal punto di vista strettamente economico non vedo gli eccessi che hanno segnato episodi di "bolla" del passato.
fabrizio@bigpond.net.au

Fabrizio Galimberti, Il Sole 24 Ore 18/6/2014