Gabriele Romagnoli, la Repubblica 18/6/2014, 18 giugno 2014
TWEET, VIDEO E TRIBUNA I POTENTI DEL MONDO SUL CARRO DEL PALLONE
SALVADOR
Presto! Sul carro dei vincitori, appena parte, prima che si fermi! O anche di quelli che pareggiano, va bene lo stesso, il popolo apprezzerà comunque. Succede spesso, ai mondiali, che i leader politici scendano a bordo campo, ma il limite si passa quando arriva la foto con tweet del presidente iraniano Hassan Rouhani. Senza la tunica e il copricapo appare nel suo tinello, con una polo chiara e un pantalone nero a banda rossa da carabiniere a riposo. Non inquadrate, le ciabatte infradito. Ha la tv accesa, sul tavolo un bicchiere di te e ciotole di feroci salatini, tipo quelli con cui George Bush si strozzò guardando una partita di football (americano). Segue Iran-Nigeria e dopo uno storico 0 a 0 cinguetterà: “Sono orgoglioso dei ragazzi per il primo punto, spero ne seguano tanti”.
Di certo seguiranno tanti potenti con la zampata da attaccante opportunista. L’elenco è già lungo e si aggiorna a ogni tornata. Di Angela Merkel si era notata ieri in cronaca la presenza a Germania- Portogallo. Non paga del risultato ha voluto un selfie con Podolski, il più riposato dei tedeschi. In realtà è stata una sequenza: lui è immutabile, lei in un crescendo da allucinata a imbarazzata a sorridente. La permeava il pensiero della mossa successiva, il coronamento di un sogno: è entrata nello spogliatoio per farsi fotografare con l’intera squadra. Sta al centro, in giacca rossa e pantaloni bianchi, Khedira di bianco ha i calzini arrotolati, Goetze indossa soltanto un telo alla cintola. L’effetto è esteticamente discutibile, ma può dare al pubblico un’idea di scioltezza e cameratismo, alzando il gradimento. Dona Laura Chinchilla al termine del suo mandato, a fine 2013 aveva il peggior indice di approvazione nella storia dei presidenti del Costarica: 9%. Non rieletta, oggi potrebbe essere più apprezzata: si è fatta trovare a Santos, in adorante attesa dei giocatori che avevano battuto a sorpresa l’Uruguay. Li ha abbracciati tutti e ha rilasciato dichiarazioni importanti, tipo: “Gli ottavi sarebbero un sogno”.
Ci vuole tempismo in questo genere di cose. Bisogna cogliere l’attimo e saperlo fare con la dovuta misura. Il presidente francese Hollande ormai fa quasi tenerezza nella sua uguale incapacità di tenere nascoste o esibire le passioni: comunque lo faccia, sbaglia. Per il debutto dei Bleus contro il temibile Honduras ha strafatto. Par di vedere il suo spin doctor che lo aizza: “Monsieur le president, avete bisogno di essere associato a una vittoria. Ho controllato: l’Honduras fa pena”. “Sicuro?” “Sicuro”. Et voilà, maxischermo all’Eliseo, duecento invitati, dichiarazioni finali scritte da un ghost writer esperto d’altro: “Avevamo di fronte un avversario tosto, ma la squadra è stata solidale. Rigore giusto, c’è stata una sincera aggressività.
Benzema mi sembra in forma”. “Patetico” è stato il commento dell’opposizione e della nazione.
Altri hanno almeno rischiato. Cameron ha fatto gli auguri in video agli inglesi prima della partita con l’Italia e gli è andata male. Obama, stessa cosa prima del Ghana e ha vinto (ma allo stadio manda il vice Joe Biden, non si sa mai). Siamo solo all’inizio, al primo giro di valzer e già son quasi tutti in pista. Putin ha minacciato di arrivare per la finale. Difficile ci sia la Russia, ma si prenderà le chiavi per organizzare il Mondiale del 2018. Gliele consegnerà Dilma Rousseff, che piglia fischi anche se il Brasile vince e spera disperatamente nella Coppa per riconquistare la sua gente.
Ma la gente non è, o non è più, così sciocca. Tutti o quasi hanno capito che il presunto beneficio economico delle vittorie calcistiche è una sciocchezza: la Spagna non è mai stata tanto in crisi quanto dopo i trionfi. E il Brasile ha vissuto il suo momento di maggior prosperità quando usciva ai quarti. Il calcio non è un affare di Stato anche se dopo i precedenti mondiali, irati per le figuracce, il presidente nigeriano Jonathan Goodluck sospese la squadra e quello francese Sarkozy la chiamò a rapporto all’Eliseo.
Reazioni identiche da sistemi politici diversi dimostrano che esiste un difetto nella visione. È quello di pensare che politica e calcio possano influenzarsi a vicenda. Vale, in qualche misura, per la società: la nazionale francese multirazziale fece fare qualche passo avanti alla tolleranza. Non vale per i governi. Quello belga sta arrivando in massa a Rio: volano il premier Elio Di Rupo, il re Filippo e la regina Matilde. Seguiranno la partita con la Russia che dovrebbe qualificarli agli ottavi. Hanno bisogno di una spinta perché la loro economia è in difficoltà. Da quando? Da quando, dopo oltre un anno senza governo, se ne sono dato uno. È una mezza metafora: non è detto che un Paese vada meglio senza politici nelle poltrone, certo non influisce la loro presenza sugli spalti.
Gabriele Romagnoli, la Repubblica 18/6/2014