Anais Ginori, la Repubblica 18/6/2014, 18 giugno 2014
CHEF. “LA MIA CUCINA DA POMPIDOU A HOLLANDE”
PARIGI
Tutta colpa degli asparagi. Se l’asse franco-tedesco è in crisi forse è anche colpa degli ortaggi che Angela Merkel ha fatto servire a François Hollande durante la loro prima cena. Il presidente francese odia gli asparagi, ma lo chef della Cancelleria, Ulrich Kerz, non lo sapeva. Il cuoco tedesco pensava di andare sul sicuro: proprio questa verdura era tra le preferite di Nicolas Sarkozy, insieme alla scaloppina alla milanese. «Un brutto momento» riconosce Kerz, ancora in imbarazzo per quest’imperdonabile errore di menù.
Sono gli inconvenienti di uno dei mestieri più rischiosi del mondo: dare da mangiare ai leader che ci governano. Non è semplice stare ai fornelli di ristoranti per pochi eletti, nelle cucine della Casa Bianca, del Cremlino, dell’Eliseo, di Buckingham Palace o del Quirinale. I cuochi di capi di Stato e di governo si riuniranno tra meno di un mese a Londra per un vertice che è una sorta di G20. “Les chefs des chefs”, è il club gastronomico più esclusivo del mondo. I membri di questo circolo non appaiono nelle guide Michelin, non possono andare nelle trasmissioni televisive. Ma sono loro i veri Masterchef: cucinano solo al vertice, per riunioni informali e cene ufficiali, imboccano presidenti, premier e sovrani.
«In un ristorante è lo chef che propone il menù, nel nostro caso è sempre il cliente. Siamo costretti ad adattarci in continuazione» sintetizza Bernard Vaussion, che ha servito ben sei presidenti della République. È arrivato all’Eliseo quando c’era George Pompidou, e se n’è andato in pensione qualche mese fa con François Hollande. Il presidente socialista gli ha regalato una piccola soddisfazione: ha chiesto di reintrodurre i formaggi. Sarkozy, preoccupato dalla dieta, li aveva aboliti ed era quasi astemio. Il più goloso era Jacques Chirac, che non si faceva mai mancare la testina di vitello, mentre François Mitterrand era il più esigente. Vaussion si ricorda ancora la volta in cui una scaloppina di foie gras non è stata di gradimento del presidente.
Se uno chef presidenziale sbaglia, può scoppiare un incidente diplomatico. «Non abbiamo diritto a una seconda chance» continua Vaussion che ha appena pubblicato un libro di memorie “Au service du Palais”. Una visita di Stato può essere rovinata oppure suggellata da un buon pasto. Cristeta Comerford, prima donna a guidare le cucine della Casa Bianca, ha dovuto superare diversi stress test prima di essere assunta. Si lavora in velocità per decine, a volte centinaia di invitati e con un tempo prestabilito: una cena ufficiale non dura mai più di cinquanta minuti. Se un ospite arriva in ritardo, com’è successo per Muammar Gheddafi al Quirinale nel 2009, la pasta non è più al dente. Mark Flanagan, capo delle cucine di Buckingham Palace, è stato costretto a tenere in caldo le vivande mentre l’ex presidente Jacques Chirac era rimasto bloccato da un corteo dentro Londra. Errare è anche umano. Una volta, lo chef dell’imperatore del Giappone, Kinjiro Yabe, ha scoperto al momento di servire la cena che aveva dimenticato di accendere la vaporiera per il riso.
Questi chef molto speciali hanno anche un altro tipo di pressione che i cuochi normali non hanno. Sono responsabili della salute alimentare di un leader, e dunque del governo di una nazione. Non ci si può permettere un’indigestione o, peggio, un avvelenamento. I controlli di sicurezza sono molti: dalle semplici verifiche sui fornitori, come accade all’Eliseo o a Buckingham Palace, fino ai medici che sorvegliano tutte le pietanze servite al Cremlino. Putin è un cliente molto esigente: suo nonno, Spiridon Putin, era cuoco nonché assaggiatore di Lenin e Stalin.
Prima di un ricevimento, gli chef prendono informazioni su eventuali allergie o disgusti degli ospiti. Ci sono note riservate che circolano nell’esclusivo club, custodite come segreti industriali. «La diplo-gastronomia è fondamentale per le relazioni internazionali » spiega Gilles Bragard, fondatore del circolo “Chefs des Chefs”, autore di un libro su tutti i retroscena di questo mestiere che non è per forza ben pagato. Lo stipendio, dice Bragard, oscilla tra gli 80 e i 100mila dollari ed è inferiore a quello che i cuochi potrebbero guadagnare in rinomati ristoranti. Ma c’è anche il privilegio di sedersi al banchetto della Storia, com’è successo all’israeliano Shalom Kadosh, che dal 1976 serve tutti i primi ministri israeliani, e si ricorda le prime cene tra Jimmy Carter e Menahem Begin. «La politica divide gli uomini, la buona tavola li unisce» conclude Bragard. E soprattutto i capi di Stato e di governo passano ma gli chef restano al loro posto, salvo in Canada dove lo spoil system si applica anche alle cucine. Fino al prossimo assaggio.
Anais Ginori, la Repubblica 18/6/2014