Adriano Sofri, la Repubblica 18/6/2014, 18 giugno 2014
LE DIVISE NERE E LE COLORATE MAGLIE DI CALCIO
Alcuni dei trucidati indossavano maglie di calcio. Qui se ne vedono un paio, quella di Nani, col numero 17, è forse del Manchester, forse della nazionale portoghese. In un’altra foto, quella della catasta dei morti, c’è una maglietta di Ibrahimovic in primo piano, di quando era del Milan, col numero 11, accanto a un numero 7 del Real Madrid, col nome non leggibile, un numero 16 del Barcellona, un 11 con la maglietta nera. Quest’ultimo era ancora vivo in un’altra foto, condotto alla mattanza, assieme a un altro con la stessa maglietta e lo stesso numero: venute da uno stock comune.
Si è detto che i giovani uomini rastrellati e portati al macello potessero essere militari governativi sciiti, che si erano procurati affannosamente un travestimento in abiti civili. Queste magliette non sembrano coprire una divisa, e comunque sono magliette — procurate in chissà quale bazar di vestiti taroccati, in chissà quale spedizione di scarto di organizzazioni caritatevoli — che valgono a loro volta una divisa. La lugubre orribile uniforme nera degli assassini, con gli slogan che si pretendono sacri, e la divisa di chi ha intravisto e immaginato un mondo in cui si gioca al calcio, si fa il tifo per le squadre più prestigiose e per i campioni dalle imprese e dagli ingaggi più favolosi, e se ne fa una bandiera, a volte imitando la guerra, più spesso evitandola. A un altro capo del mondo si giocavano i campionati del mondo di calcio, qui e in Siria si giocava la partita della strage condotta in nome di Dio, anzi della propria stecchita versione di uno stesso Dio. Le immagini diffuse compiaciutamente dai registi dell’Isis per rivaleggiare con le immagini trasmesse dagli stadi brasiliani.
Qui, in Iraq, le squadre più prestigiose dell’Occidente avevano fatto la loro invasione di campo, e poi, raddoppiando l’errore e la colpa, avevano dato forfait e abbandonato il campo. Le magliette colorate stanno indosso a uomini che hanno fatto il tifo per la squadra che sembrava più forte e proclamava di fare il gioco più leale: nella prossima fotografia staranno indosso a cadaveri tatuati coi numeri dei campioni, cadaveri di gente che ha sbagliato squadra.
Adriano Sofri, la Repubblica 18/6/2014