Niccolò Zancan, La Stampa 18/6/2014, 18 giugno 2014
Tutto il giorno chiusi in casa a guardarsi in faccia senza riconoscersi. Con le telecamere delle televisioni puntate contro ogni finestra
Tutto il giorno chiusi in casa a guardarsi in faccia senza riconoscersi. Con le telecamere delle televisioni puntate contro ogni finestra. Con i carabinieri che vanno e vengono, pieni di fogli da firmare. E sospetti, pianti, pugni sul tavolo. Ogni tanto si scosta la tendina del balcone e si affaccia il padre, quello che credeva di essere il padre di Massimo Bossetti. Entra un parente: «Vi prego, cercate di capire la situazione...». Interno di famiglia all’inferno. Pensavano di conoscersi da una vita, erano degli estranei. Bossetti Bossetti MAMMA ESTER «Se è stato mio figlio Massimo, deve pagare» dice agli amici Ester Bossetti. «Ma non ci credo. Non è stato lui, sono sicura...». E tutti gli amici abbassano lo sguardo. Vanno via. Nessuno osa dire una parola. Perché nulla qui, in questo condominio con i bambini che giocano a pallone sull’erba, è uguale a come sembrava fino a ieri. La vita normale della famiglia Bossetti oggi doveva essere un’altra. La signora Ester, 67 anni, magra, «con il viso tirato, ancora bella», sarebbe uscita a piedi alle sette e trenta di mattina. Avrebbe camminato per dieci minuti a passo spedito, fino alla casa della vedova del più importante imprenditore edile della zona. La famiglia si chiama Belli. La signora è malata. Ester Bossetti si sarebbe occupata di lei. Cibo, cure, attenzioni. Dopo aver fatto per quattro anni le pulizie nell’asilo nido di Terno d’Isola, aveva trovato questa nuovo lavoro da badante. «Le piaceva molto. Una persona allegra, puntuale. Ci davamo il cambio. Io faccio il turno di notte. Mai detto nulla di quei figli nati fuori dal matrimonio. Lo giuro. È una storia assurda». La famiglia Bossetti la nega alla radice. Non sopporta il peso di questo segreto. Se non è stato vero per quarant’anni, non lo è neanche adesso. massimo giuseppe bossetti, il presunto assassino di yara gambirasio 46742f5a25a9a4b3191386467cc51d9c massimo giuseppe bossetti, il presunto assassino di yara gambirasio 46742f5a25a9a4b3191386467cc51d9c UNA VITA NORMALE Oggi, nella vita normale della famiglia Bossetti, bisognava seguire la convalescenza del marito Giovanni. Erano da festeggiare i successi di tre figli amatissimi: Massimo, Laura e Fabio, un piccolo imprenditore edile, una madre felice, un idraulico molto conosciuto nella zona. Artigiani con la Volvo e la villetta. E tutto filava liscio. La cresima del nipote, le paste della domenica. «Massimo veniva qui a comprare le mimose per la mamma - racconta la fioraia Laura Maffi - sempre allegro, abbronzato. Adorava i bambini. Prendeva in braccio mia figlia, giocava con lei. E pensavo: cavolo, che fortuna sua moglie... Mi è venuto da piangere». GLI AMICI E «L’ANIMALE» Gli amici in piazza lo chiamano animale. Ma è una cosa affettuosa: «Non ha mai raccontato quel segreto di famiglia - dice Maurizio Ghisleni - non credo neanche che ne fosse a conoscenza. Con l’animale andavamo in Vespa al “Jack” di Curnasco. Discoteca. Donne. Intesi? Gli piacevano le donne, l’animale era regolare. Normalissimo...». È questa la parola del giorno. La normalità è evocata come un antidoto. yara gambirasio yara gambirasio Alle cinque di pomeriggio, a casa di mamma Ester entra il sindaco del paese. Corrado Centurelli, avvocato: «Sono sconvolti e provati, ma respingono le accuse. Per loro Massimo è innocente. Combatteranno per difenderlo. Anche io l’ho conosciuto: una persona normalissima. Posso dire che lui e la moglie sono proprio una bella coppia». IL PASSATO INCONFESSABILE Questa storia ha due scene madri. Raccolte. Ultra locali. Certe volte la geografia è importante come un Dna. La prima si svolge in alta Val Seriana. C’è un piccolo paese che si chiama Parre. E sotto Parre, di passaggio sulla provinciale, la frazione di Ponte della Selva. massimo giuseppe bossetti massimo giuseppe bossetti Nel 1969, abitano lì sia la famiglia Bossetti, sia quella dell’autista di pullman Giuseppe Guerinoni. Abita lì anche un collega ed amico di Guerinoni, si chiama Vincenzo Bigoni, ed è l’unico che aveva capito e non era stato zitto: «Guerinoni mi aveva confidato di aver messo nei guai una ragazza di Rovetta». Rovetta è un’altra frazione della stessa zona. Quella ragazza «inguaiata», secondo gli investigatori, è proprio Ester Arzuffi, la signora Bossetti. Erano vicini di casa. È stato un segreto custodito benissimo. Anche quando le indagini su Yara Gambirasio avevano indicato proprio in Guerinoni il padre naturale dell’assassino. YARA E BREMBATE La seconda scena madre è nell’autunno del 2010. Si svolge a valle. Giù, verso Bergamo. Nel triangolo compreso fra Mapello, Terno d’Isola e Brembate. Anche qui sono tutti vicini. Si incrociano quotidianamente. C’è una famiglia normale che porta i fiori a nonna Ester. C’è un padre di quarant’anni che i vecchi amici ancora si ostinano a chiamare affettuosamente «l’animale». Non ha più la Vespa, ma un furgone bianco da muratore. E anche se non abita proprio a Brembate, passa il suo tempo libero proprio qui. Perché? «Veniva spesso a prendere il caffè da noi», dice la cassiera del bar di via Sorte. «Era sempre qui a farsi la lampada», dice la titolare del centro estetico di via Locatelli. la casa di massimo giuseppe bossetti la casa di massimo giuseppe bossetti A cento passi dalla casa della famiglia Gambirasio. A un minuto dalla palestra in cui una ragazzina con l’apparecchio ai denti, molto brava nella ginnastica artistica, la sera del 26 novembre è stata avvicinata dal suo assassino. Si chiamava Yara, aveva 13 anni. L’hanno ritrovata con i vestiti strappati e la calce nei capelli.