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 2014  giugno 17 Martedì calendario

IO, UN’ALIENA E L’INFIMO MONDO


Avrebbe appena compiuto cento anni, Anna Maria Ortese. E non smette di sorprendere questa grande scrittrice visionaria. L’autrice di Il mare non bagna Napoli e di Il cardillo addolorato viene omaggiata da una raccolta di saggi da oggi in libreria: Nessun male può dirsi lontano. Anna Maria Ortese, una scrittrice morale (a cura di Paolo Di Paolo, pp. 100, euro 15, richiedibile a info@empiria.com). La scrittura di Ortese è analizzata in testi di Antonella Anedda, Giulio Ferroni e Luigi Fontanella; la sua voce è presente nei colloqui con Paolo Mauri, Luigi Vaccari, Giorgio Di Costanza. In coda, un suggestivo ricordo di Raffaele La Capria. Anticipiamo un brano di un auto-ritratto di Ortese raccolto da Goffredo Fofi nel 1996, due anni prima della morte della scrittrice.



Io sono una persona antipatica. Sono aliena, sono impresentabile. Sono esigente col mondo, non vorrei che le cose fossero come sono, ma conoscendo del mondo solo le parti infime e dando giudizi che invece riguardano tutto, finisco per sembrare e per essere ingiusta, e così preferisco non parlare. Io sono in contraddizione continua con me stessa. Per questo quando mi si chiedono notizie su di me mi viene rabbia. I soli che possono amarmi sono coloro che soffrono. Se uno davvero soffre sa che nei miei libri può trovarsi. Solo persone così possono amarmi. Il mondo? Il mondo è una forza ignota, tremenda, brutale. Le creature belle che pure ci sono, noi le conosciamo poco, troppo poco.
Non seguo la letteratura contemporanea, so poco chi sono gli scrittori che valgono. Non conosco gli altri, degli altri paesi, e questo è sbagliato. E anche questo va messo sul conto dell’antipatia… i poeti? Caproni. E naturalmente Montale: le sue poesie mi vengono incontro, c’è il Nord, c’è il freddo, certo, ma con una radice dolcissima. Mi piaceva molto Gozzano.
Stevenson ha avuto un’influenza su di me? Sì, perché guardava tutto con gli occhi di un bambino, c’era il gioco della vita, i briganti, l’avventura… Il «cattivo» dell’Isola del tesoro, il Capitano zoppo, non è, come ha detto qualcuno, il male odioso, puro, totale.
Dove c’è divertimento, non può esserci il male assoluto, c’è il lato ingenuo del male, il lato infantile. Il male vero è l’industria, è il denaro. Il male è il freddo che essi provocano; se oggi ci fosse più calore, non ci sarebbe tutto questo male. Prima gli uomini avevano a disposizione elementi favolosi di realtà, oggi hanno voluto perderli: non c’è più la campagna, non ci sono gli animali… resta solo il denaro, che chiede e impone un’altra natura, una natura artificiale.
Una volta delle persone in cenci potevano sembrare vestite di tutto lo splendore della terra. (...) Io sono stanca di vedere ricchi, gente che spende troppo per vestire, che vive nell’imitazione di gente ancora più ricca. L’oro, il denaro, hanno tutto questo spazio perché c’è la televisione, non potevano averlo senza televisione. Il desiderio è diventato un veleno. Nessuno consiglia il distacco, nessuno consiglia a nessuno: «ferma il desiderio». Occorre fermare il desiderio. Invidio la libertà che c’era prima dell’industria. Se uno è soffocato da un peso, questi va aiutato a rimuoverlo. Siamo una famiglia, dobbiamo assumerci le responsabilità di una famiglia. Chi soffre deve essere aiutato subito. Dove questo non avviene, non posso considerarlo il mio mondo.
Ognuno è responsabile della caduta degli altri, e deve pagare per loro. Siamo coinvolti non per una nostra colpa, ma come membri di una famiglia. Anche se ne fossimo i membri privi di colpa, abbiamo delle responsabilità».
Ognuno è responsabile della caduta degli altri, e deve pagare per loro. Siamo coinvolti non per una nostra colpa, ma come membri di una famiglia. Anche se ne fossimo i membri privi di colpa, abbiamo delle responsabilità».


Anna Maria Ortese