Sergio Rizzo, Corriere della Sera 18/6/2014, 18 giugno 2014
I CAPITALI ALL’ESTERO E QUELLA LEGGE CHE NON TROVA MAI LA STRADA
ROMA — «Negli ultimi vent’anni un filo robustissimo e continuo ha tenuto assieme corruzione, evasione, trasferimenti di ricchezza all’estero, pressione fiscale: lo stesso filo si è stretto al collo della nostra economia, strangolandola quasi fino alla morte». Questa sintesi estrema della deriva che ha imboccato l’Italia è in un libro di Nunzia Penelope che esce domani per i tipi di Ponte alle Grazie. Titolo: «Caccia al Tesoro».
Qual è il Tesoro? È l’immensa massa di denaro che ogni anno viene «sottratta alle casse di tutti i Paesi», dice il libro, soprattutto da «grandi multinazionali, banche, evasori fiscali e crimine» organizzato. Trentamila miliardi di dollari. Un furto a cui l’Italia dà un bel contributo, se si considera che una stima attendibile dei capitali italiani custoditi nei forzieri della Svizzera parla di una cifra compresa fra i 900 e i 1.000 miliardi di euro. A cui si devono aggiungere i 180, forse 200 miliardi spediti illegalmente nei paradisi fiscali. E qui comincia una storia che in «Caccia al Tesoro» viene raccontata nei dettagli. E’ quella della via italiana alla Voluntary Disclosure (VD), un meccanismo partorito dall’Ocse per favorire il rientro nei Paesi occidentali dei capitali esportati illecitamente. Qualcosa di simile al nostro scudo fiscale. Ma anche molto diverso: tanto per le sanzioni, più pesanti, quanto per le depenalizzazioni, meno generose. L’Italia decide di affrontare il problema nel dicembre del 2012, quando il ministro della Giustizia del governo Monti, Paola Severino, nomina una commissione composta da esperti della Banca d’Italia, della Guardia di Finanza e dall’Agenzia delle Entrate. Affidandone il timone a un signore che risponde al nome di Francesco Greco, magistrato che si era distinto nelle inchieste di Mani Pulite. In tre mesi viene fuori una proposta di legge che prevede sì il rimpatrio dei capitali con autodenuncia ma anche una profonda riforma delle norme sul riciclaggio. Il testo viene presentato il 23 aprile 2013. Ma cinque giorni dopo Monti deve lasciare il posto a Enrico Letta e la proposta finisce nel cassetto. Ci sono cose più urgenti da fare, e poi la politica è nel marasma più totale. Letta però non demorde. E il 28 gennaio del 2014 la proposta sulla Voluntary Disclosure viene riesumata. Ma questa volta sotto forma di un decreto legge. Spiega Nunzia Penelope: «La tempistica scelta dal nostro governo, del resto, è perfetta. (...) Verso la metà del 2013 improvvisamente aumentano le pressioni svizzere sull’Italia affinché si allinei con gli altri Paesi e apra una finestra per tutti coloro che intendono rientrare nella legalità. E il 28 gennaio 2014, infatti, il governo vara finalmente il decreto urgente sulla VD (…) È sparita però la parte sul rafforzamento dei riciclaggio: nella notte, una mano misteriosa l’ha espunta dal testo. Letta promette che sarà recuperata: “massimo due settimane” (...). Peccato che due settimane di tempo non le avrà. Il 14 febbraio il suo governo cade, anche Letta va a casa. A Palazzo Chigi arriva Matteo Renzi, ma il giovane rottamatore ha altre priorità. Sulla legge per il rientro dei capitali cala così, nuovamente, una cortina di nebbia, ovattata, silenziosa...»