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 2014  giugno 18 Mercoledì calendario

NOMINE, LA SCELTA DI RENZI: C’È IL VIA LIBERA A JUNCKER


ROMA — Li ha voluti al suo desco. Tutti i ministri interessati alle tematiche più importanti del prossimo semestre europeo. E come un professore, gentile ma determinato, li ha interrogati. Domande su domande. E ovviamente qualche consiglio.
Mentre Giorgio Napolitano parlava e ascoltava non è sfuggita a nessuno la grande sintonia che si è ormai instaurata tra il presidente della Repubblica e il premier. Parlavano lo stesso linguaggio (nella sostanza, ovviamente, non nella forma, perché su quella sono lontani anni luce)sugli argomenti principali di quella colazione di lavoro. Anche se senza ombra di dubbio il capo dello Stato non si esprimerebbe mai come fa tante volte il premier con i fedelissimi, quando non ne può più di certi dibattiti e veti: «Le discussioni dei tecnocrati hanno rotto le scatole a tutti: così nessuno riesce a sentirsi europeo e questo è un grosso sbaglio perché tutti abbiamo bisogno di Europa, ma di un’Europa diversa da quella che è apparsa finora».
Era un incontro di routine, è vero, quello di ieri. Ma fino a un certo punto. Perché oggi Renzi incontrerà a pranzo Herman Van Rompuy, mentre gli sherpa di vari paesi (Italia inclusa) stanno definendo il documento sul futuro dell’Unione che Renzi aveva chiesto come perimetro per definire le sfide europee. Ma soprattutto perché si sta facendo avanti, nonostante l’opposizione di Cameron, la candidatura alla presidenza della Commissione Ue di Jean Claude Juncker. E il presidente del Consiglio italiano non ha nessuna voglia di ostacolare quella soluzione. Anzi. Il suo interesse è un altro. Non certo quello di osteggiare Angela Merkel e il suo candidato. Piuttosto, di condizionare quella nomina a una «politica che non sia più improntata sull’austerità, come è accaduto fino ad adesso», e di ottenere due posti in commissione per l’Italia.
Insomma, per farla breve, nel corso del pranzo del Quirinale, il presidente del Consiglio ha ufficializzato davanti al capo dello Stato e agli altri ministri la sua intenzione di «dare il via libera» alla nomina di Juncker. «Noi - ha spiegato a questo proposito - con il peso della nostra delegazione all’Europarlamento potremo condizionare il nostro “sì”, chiedendogli di garantire un programma basato su una maggiore flessibilità delle regole di bilancio, cioè dando la possibilità di scorporare dai calcoli del deficit alcuni tipi di investimenti pubblici a fronte di riforme strutturali in corso di attuazione». Napolitano, che era già al corrente di questa volontà di Renzi, sostiene la scelta del premier. Come sostiene un’altra delle partite che il premier intende giocare sullo scacchiere europeo. Ossia quella della «crescita». Il presidente della Repubblica, a questo proposito, durante l’incontro conviviale ha citato il recente documento dei socialdemocratici a favore delle «riforme e della crescita». E questo ha dato nuova carica al premier (semmai ne avesse avuto bisogno): «Sappiamo tutti che la crisi non è finita, che ci sono ancora dei problemi, ma possiamo vincerla. Per questa ragione tutti noi, a cominciare dai ministri, dobbiamo fare più informazione sulle riforme che stiamo portando avanti. Bisogna far capire ai nostri partner europei e anche agli italiani che le riforme strutturali incisive che riusciamo a fare sono una buona notizia non soltanto per noi ma anche per la Ue».
Su questo tema, però, tutti i commensali hanno notato che l’approccio del ministro dell’Economia Padoan è stato molto più cauto di quello del premier. Il titolare del dicastero di via XX Settembre ha sottolineato che alcune riforme potranno avere «un forte impatto sociale». E poi per quanto riguarda la possibilità di ottenere maggiore flessibilità nelle regole Ue, ha osservato: «Dobbiamo essere prudenti. È un percorso difficile. Ci sono delle criticità e degli ostacoli. Qualcosa si potrà ottenere, ma rimaniamo ancorati alla cautela». Parola che, come è noto, Renzi non conosce. Del resto, è anche grazie a questa sua “ignoranza” che è arrivato lì dove è arrivato: a palazzo Chigi, al 40,8 per cento delle europee, e, adesso a poter giocare da protagonista la partita della Ue.