Nicola Lombardozzi, la Repubblica 17/6/2014, 17 giugno 2014
LA RUSSIA TAGLIA IL GAS. E LA UE TREMA
MOSCA.
L’antica collaudata minaccia di una imminente “guerra del gas” sembra l’unica possibilità di sbloccare la sanguinosa crisi ucraina. Una crisi che Europa e Usa cominciavano, se non a dimenticare, quantomeno a rubricare come routine. Ieri mattina, mentre come ogni giorno infuriavano i combattimenti nella parte orientale del Paese, la Gazprom — il colosso energetico russo — ha spaventato la Ue bloccando le forniture di gas destinate a Kiev e adombrando la possibilità di un’interruzione totale dei flussi che alimentano il 15% delle industrie e dei sistemi di riscaldamento europei. La decisione di Gazprom, minacciata da settimane durante un’estenuante trattativa con gli ucraini sul prezzo, ha una sua spiegazione logica: l’Ucraina non ha ancora pagato il suo debito di 5 miliardi di dollari, pertanto la Russia ha deciso di fornire d’ora in poi solo il gas che verrà pagato in anticipo.
Ma perché l’Europa è a rischio? Perché, come avverte un minuzioso memorandum della stessa Gazprom, l’Ucraina che dipende totalmente dall’energia che le arriva da Mosca, potrebbe trovarsi in gravissime difficoltà già prima dell’autunno. E in quel caso, come ha già fatto nel 2006 e nel 2009, potrebbe “rubare” il gas destinato all’Europa attraverso le condutture che passano dal suo territorio e che riforniscono Italia, Austria, Slovenia e Bulgaria. La Naftogaz, la compagnia ucraina che gestisce le condutture, prova a rilasciare dichiarazioni tranquillizzanti («i nostri serbatoi sono pieni») ma l’Europa non si fida. Il commissario Ue all’Energia Guenther Oettinger teme che vi possano essere problemi già a inizio inverno.
L’unica strada sembra quella di riprendere al più presto una trattativa nella quale entrambe le parti, per motivi diversi, sono sembrate decise alla rottura. L’Ucraina, per sollecitare alla Ue quegli aiuti promessi, fermi per ora a pochi spiccioli. La Russia, per coinvolgere l’Occidente in quella che ritiene un’aggressione di Kiev alle minoranze russe dell’Ucraina orientale. L’emergenza energetica sembra infatti risvegliare l’interesse e le preoccupazioni internazionali per una guerra civile che si combatte senza soste ormai da due mesi. Il neo eletto presidente ucraino Poroshenko parla di un possibile cessate il fuoco nei prossimi giorni ma si ripromette prima di «mettere sotto controllo» le frontiere con la Russia. Un proposito che non sembra realizzabile senza un’ulteriore escalation del conflitto.
A peggiorare le cose ci si è messo il ministro degli Esteri ucraino Andriy Deshchytsia, sorpreso a cantare a braccetto con i neonazisti di Pravj Sektor che manifestavano davanti alla ambasciata russa: «Putin è una testa di c..». «Come si può discutere con un personaggio simile?», commentava il suo omologo russo Sergej Lavrov. Ma la chiave resta il gas. Il premier Medvedev indicava l’unica strada possibile: «Kiev paghi i debiti e torniamo subito a discutere».
Nicola Lombardozzi, la Repubblica 17/6/2014