Giampaolo Cadalanu, la Repubblica 17/6/2014, 17 giugno 2014
“IL CALCIO È PECCATO” ASSALTO DI AL SHABAAB STRAGE IN UN VILLAGGIO
Per un commando di fanatici islamisti quale potrà essere l’obiettivo più prezioso: un villaggio costruito su un terreno semidesertico e popolato da ex emigrati ritornati in Kenya, o il resort di lusso pieno di occidentali, con case di legno e corallo, spiagge bianche, bikini e cocktail alcolici? La cittadina polverosa di Mpeketoni o l’isola dorata di Lamu? I somali di Al Shabaab hanno una sola risposta: vanno puniti i keniani. Domenica sera gli integralisti, probabilmente una squadra ridotta, hanno dirottato un bus, hanno assaltato il posto di polizia, uccidendo i pochi agenti disponibili in paese. Poi hanno rubato tutte le armi e hanno cominciato la strage, dando alle fiamme alberghi e case. Almeno 48 persone sono rimaste sul terreno.
Ma perché, si chiedevano ieri i corrispondenti delle tv mondiali, inquadrati con l’espressione incerta davanti a muri di legno ancora fumanti. Una risposta c’è. È l’unica possibile, per adesso, ed è suggerita dall’orario dell’attacco: secondo la Croce Rossa, i primi colpi d’arma da fuoco sono risuonati alle 8 e mezzo locali, le 18.30 in Italia, mentre era in pieno svolgimento la partita Svizzera- Ecuador. Ecco la colpa dei contadini di Mpeketoni, che sudavano per strappare al suolo mais, cassava, banane e manghi: avevano deciso di guardare i campionati del Mondo, come tanti, africani e non solo, cercavano di prendere fiato seguendo il volo innocuo di un pallone.
Tempo rubato all’adorazione di Dio, tempo strappato alla preghiera e al completamento di sé - jihad in senso ampio - dovere di ogni buon musulmano: per chi vede il mondo attraverso la visione dell’islam più retriva, il calcio è peccato, Football haram. Non è una battuta giornalistica, è un tema di discussioni molto accese sui siti Internet dell’islam radicale e probabilmente è diventato anche un elemento di strategia per i gruppi più sanguinari.
Non è ben chiaro che cosa irriti i fondamentalisti: sulla Rete si discute se sia possibile giocare a pallone con regole diverse, per non seguire l’esempio degli infedeli, o si cita Moqtada al Sadr, leader sciita secondo cui la Sha’ria proibisce le attività che distolgono dalla fede. Viene da sorridere quando si vedono paragoni fra la barba del Profeta e il ciuffo di David Beckham. Il sorriso però sparisce quando Boko Haram impone a forza di attacchi e minacce la chiusura dei locali dotati di televisione nello stato nigeriano di Kano. O peggio, quando l’Isis in Iraq spinge i fan a vedere le partite di nascosto e mostra una testa decapitata definendola «il nostro pallone da campionato del Mondo».
Giampaolo Cadalanu, la Repubblica 17/6/2014