VARIE 17/6/2014, 17 giugno 2014
APPUNTI PER GAZZETTA - IL CASO YARA
REPUBBLICA.IT
Forse non sapeva di essere figlio di Guerinoni. La caccia a ’Ignoto 1’ è stata lunghissima. Di lui, il ricercato numero 1 dalla polizia e dai carabinieri che indagavano sul caso, non si sapeva nulla. Solo che era il figlio biologico di Giuseppe Guerinoni, l’autista di bus morto nel ’99. "Al momento non sappiamo" precisa Dell’Osso se Bossetti sapesse di essere il figlio di Giuseppe Guerinoni. "E non sappiamo nemmeno - aggiunge - se lo sapesse il padre, ma questo forse non lo sapremo mai. La madre certamente lo sapeva".
Bossetti e Guerinoni, intreccio e segreti. Con la svolta di nell’inchiesta sull’omicidio di Yara, non solo è stato individuato il presunto assassino, ma è stata riscritta, in parte, anche la genealogia di due famiglie di quelle valli della Bergamasca setacciate per anni dagli investigatori: i Guerinoni hanno scoperto legami parentali con il presunto killer, mentre ai Bossetti è stato detto, in pratica, che quell’uomo è figlio di un’altra persona. In parallelo alla vicenda giudiziaria corre, dunque, un intreccio di segreti familiari e verità tenute nascoste per anni e che sembrano essere uscite pienamente alla luce solo quando è finito in carcere Bossetti.
DALLA SCOMPARSA A OGGI: LE TAPPE DEL CASO
Un’indagine complessa. Il provvedimento arriva dopo tre anni di indagini lunghe e complesse compiute in stretta collaborazione tra Procura, carabinieri e polizia". Il comandante provinciale dei carabinieri di Bergamo, Antonio Bandiera, commenta il modo in cui si è arrivati a Massimo Giuseppe Bossetti, muratore originario di Clusone, l’uomo che ha lasciato una traccia di sangue sui leggings che Yara Gambirasio aveva addosso il giorno in cui è stata uccisa in un campo di Chignolo d’Isola. E che da martedì è in stato di fermo.
Venerdì la svolta. La svolta nel caso "è arrivata" venerdì 13 giugno "quando abbiamo avuto la conferma del Dna della madre di ’Ignoto 1’. Da lì ci sono state attività d’indagine frenetiche 24 ore su 24" afferma il colonnello Bandiera. Decisivo, ha spiegato, è stato il controllo su strada "con l’etilometro" che è stato svolto domenica 15 giugno. Uno "stratagemma", ha detto, per raccogliere il Dna del sospettato. "Abbiamo la conferma al 100% - ha precisato - che si tratta dello stesso Dna trovato sul corpo di Yara".
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Diciottomila campioni di Dna. Indagine lunga e complessa, appunto, in cui si è arrivati a raccogliere più di 18mila campioni di Dna, partita con l’individuazione di tutti telefoni cellulari che nelle ore della scomparsa della ragazza si erano collegati alle celle della zona. Ma non solo: "Oltre a fare verifiche e a procedere alla raccolta del Dna dei titolari delle utenze, abbiamo controllato anche i conviventi. E poi gli amici di Yara, le persone che frequentavano la palestra. Insomma, un grosso lavoro".
"Mai abbassato la guardia". Gli investigatori ricominciano a raccogliere codici genetici in tutta la zona, questa volta alla ricerca di una donna. Fino a trovarla, e attraverso di lei a risalire a Bossetti. "È stato un lavoro lunghissimo - chiude il comandante - difficile e oneroso, ma non abbiamo mai abbassato la guardia. E i risultati sono arrivati".
Eccoli, i reperti chiave del giallo di Brembate. Sono quattro e — ritengono gli investigatori — è soprattutto tra questi quattro oggetti, oltre che sui vestiti della vittima, che si nasconde la firma dell’assassino di Yara Gambirasio. Il suo dna. Ovvero la più certa tra le tracce che possono incastrarlo. Del materiale biologico è già emerso; altro arriverà. Un paio di guanti di lana neri con sottili striature grigie (erano nella tasca del giubbino indossato da Yara). La batteria del telefonino Samsung. La sim card dello stesso apparecchio. Un lettore MP3 bianco e rosso (anche questo Samsung, un modello ideato per gli sportivi)
POLEMICA ALFANO
ROMA - È in manette Massimo Giuseppe Bossetti, l’uomo che gli inquirenti ritengono essere l’assassino di Yara Gambirasio, ma la vicenda non è ancora chiusa. Ad alimentare le polemiche, questa volta, è la modalità con la quale è stata data la comunicazione della svolta delle indagini. Lo scontro coinvolge la Procura di Bergamo e il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, che ieri ha dato per primo la notizia. "Era intenzione della Procura mantenere il massimo riserbo" sul fermo di Bossetti, spiega il procuratore Francesco Dettori. "Questo anche a tutela dell’indagato in relazione al quale, secondo la Costituzione, esiste la presunzione di innocenza".
DALLA SCOMPARSA A OGGI: LE TAPPE DEL CASO YARA
Il fermo di Giuseppe Bossetti, chiarisce ancora il capo della Procura di Bergamo, "avrà lo stesso iter di tutti gli altri". Perciò, dal momento del fermo, avvenuto ieri pomeriggio, le carte dovranno arrivare entro 48 ore al giudice per le indagini preliminari che, da parte sua, avrà ancora 48 ore di tempo per interrogare il presunto colpevole e convalidare l’arresto.
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Il ministro dell’Interno respinge le osservazioni della Procura: "In un giorno di grandi successi non voglio fare polemiche. Non ho divulgato dettagli e non credo che il procuratore ce l’abbia con me. Piuttosto si dovrebbe chiedere chi ha inondato il nostro mondo dei mass media di informazioni e dettagli. Certamente non è stato il governo". "L’opinione pubblica - aggiunge Alfano - aveva diritto di sapere e di essere rassicurata e ha saputo".
L’opinione pubblica doveva sapere e ha saputo. Ma il tweet rilasciato in tarda mattinata da Alfano dopo lo scambio con la Procura bergamasca è sintomatico di come il ministro abbia accusato le critiche, rimarcando nel messaggio come il presunto colpevole Bossetti sia al momento anche un presunto innocente.
Come aveva appunto evidenziato il procuratore Dettori, lasciando chiaramente trasparire il fastidio per l’annuncio del ministro che ieri, anche su Twitter, aveva parlato di individuazione dell’assassino di Yara, senza lasciare spazio alcuno al dubbio.
"La soluzione del caso di Yara Gambirasio è un grande risultato - scrive oggi Alfano su Twitter -. Ovviamente la presunzione di innocenza vale per tutti".
TUTTI GLI ARTICOLI SUL CASO YARA
Poco dopo, il procuratore Bettori viene intercettato dai cronisti insieme al procuratore generale di Brescia, Pier Luigi Maria Dell’Osso, e alla pm titolare del caso Yara, Letizia Ruggeri. "Non c’è nessuna polemica, ma questa situazione non mi è piaciuta" ribadisce Bettori, perché era intenzione degli inquirenti di mantenere la vicenda sotto silenzio almeno fino alla firma del gip sulla convalida dell’arresto di Bossetti. E quando gli vengono riportate le parole del ministro dell’Interno sul diritto dell’opinione pubblica di essere informata, Bettori replica: "Il ministro Alfano può avere l’opinione che vuole". Nessun commento, invece, dal procuratore generale Dell’Osso: "Ognuno si regola come meglio ritiene, non è affar mio parlare dei comportamenti che non siano di colleghi del mio distretto".
"È importante da parte di tutti evitare le polemiche e apprezzare coralmente un grande risultato investigativo. Per questo non ho compreso la reazione del Procuratore di Bergamo. I cittadini non avevano forse il diritto di conoscere una notizia così rilevante?", ha dichiarato in una nota il viceministro alla Giustizia, Enrico Costa.
Non risparmia critiche al ministro il leader del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo, che su Facebook scrive: "Il ministro Alfano l’ha fatta grossa. Siamo letteralmente senza parole. È gravissimo quello che è successo". E sul blog condivide un post pubblicato dal sito Tze tze che commenta in maniera negativa la diffusione da parte del ministro dell’Interno della notizia del fermo del presunto assassino.
Si astiene dai commenti, invece, l’ex ministro dell’Interno, Roberto Maroni: "L’avrei fatto anch’io? Ci ho pensato quando ho visto la dichiarazione del procuratore di Bergamo, che voleva mantenere il riserbo sulla vicenda, a tutela della persona arrestata. Preferisco non commentare".
A difesa di Alfano interviene invece il sociologo Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori. "Non intendiamo entrare nel merito della polemica politica, che vede su fronti contrapposti la Procura di Bergamo e il ministro dell’Interno Angelino Alfano - dichiara Marziale -, ma la rivendicazione di cautela dei magistrati può essere letta con perplessità dall’opinione pubblica, perché tutti stavamo aspettando l’esito positivo delle indagini e la soddisfazione espressa da Alfano rappresenta la liberazione degli italiani da un macigno insopportabile". Per il sociologo, "stando alle dichiarazioni diffuse dagli organi d’informazione, le prove a carico del muratore arrestato sarebbero schiaccianti e, per tale ragione, non c’era motivo di lamentarsi per la frettolosità del ministro nel comunicare il fermo di Bossetti".
ester
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Caso Yara, la madre del presunto killer: "Se è vero che è stato lui, è giusto che paghi"(fotogramma)
Il giorno dopo la notizia del fermo di Massimo Giuseppe Bossetti - muratore originario di Clusone - per l’omicidio di Yara Gambirasio, la Bergamasca ripiomba nello stesso incubo di quattro anni fa, quando la tredicenne sparì nel nulla a Brembate di Sopra. Il suo corpo fu trovato tre mesi dopo a Chignolo d’Isola. A casa Gambirasio, i genitori della giovane vittima, non rispondono. Chiusi nel riserbo che li ha sempre contraddistinti, affidano al proprio avvocato le poche dichiarazioni sul caso. Il presunto killer, invece, si trova in carcere, dopo il primo interrogatorio in caserma, in cui l’indagato si è avvalso della facoltà di non rispondere. Si attende ora la convalida del fermo
Bergamo, il presunto omicida di Yara lascia la caserma
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La madre di Bossetti. Parlando con una vicina, la madre dell’indagato, Ester Arzuffi ha detto: "Poteva succedere a un nostro conoscente, invece è successo a noi. Se è stato lui, deve pagare". Nella palazzina di Terno d’Isola, paesino della bergamasca, dove la donna vive col marito arrivano parenti e conoscenti per portare conforto alla coppia. "Ester è devastata - dice un’amica - non si spiega questa cosa. Dice che non può essere stato davvero suo figlio". E ancora: "E’ vero che ha fatto il test del dna, ma sostiene che il figlio sia di suo marito Giovanni". La folla di giornalisti e fotografi davanti al palazzo, ha innervosito gli inquilini che hanno chiamato i carabinieri. Tutti i reporter sono stati allontanati.
Laura, la sorella gemella. In mattinata, i coniugi Bossetti hanno avuto un lieve malore in mattinata, tanto che si era pensato di chiamare un’ambulanza. Dal balcone, di tanto in tanto, si affaccia anche Laura, la sorella gemella di Bossetti, insieme a tre donne, amiche di famiglia che in queste ore, come i tanti vicini di casa, stanno "portando sostegno alla famiglia". Così continuano a ripetere tutti, come in coro, insieme alle frasi "sono persone perbene" e "non ci saremmo mai aspettati una situazione simile".
La difesa: "Massimo riserbo". "Ho sempre mantenuto il massimo riserbo. E intendo mantenerlo fino a che non ci saranno notizie certe confermate negli atti della procura": è la posizione dell’avvocato Silvia Gazzetti, confermato difensore di Bossetti. L’avvocato ha confermato che durante l’interrogatorio svolto dai carabinieri "si è avvalso della facoltà di non rispondere. E’ stata una sua libera scelta. Al momento dell’interrogatorio, nonostante le circostanze, era sereno. L’interrogatorio si è svolto in un clima di tranquillità".
Omicidio Yara Gambirasio: le foto del presunto assassino
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L’assedio dei cameramen a casa Gambirasio. E’ tornato l’assedio mediatico in via Rampinelli, a Brembate di Sopra, dove si trova la villetta della famiglia Gambirasio. Al citofono rispondono le voci molto giovani dei fratelli o della sorella di Yara. "Mamma e papà non ci sono - dicono - non possiamo aprire nè parlare con nessuno". Subito dopo la notizia del fermo, casa Gambirasio è stata chiusa al traffico, giornalisti e cameramen sono tenuti a qualche centinaia di metri di distanza. A parlare per la famiglia, è il legale dei Gambirasio: "Li conoscete - dice Enrico Pelillo - sono persone molto pacate e misurate, nessuno ha esultato ma hanno sempre avuto fiducia nelle indagini". E su Bossetti: "Nessuno sapeva chi fosse. Fino a lunedì".
Arrivano i vertici di questura e carabinieri. Il questore di Bergamo, Fortunato Finolli, e il comandante provinciale dei carabinieri di Bergamo, Antonio Bandiera, sono arrivati poco fa nella casa dei genitori di Yara. Poco prima era entrato nell’abitazione anche un avvocato. Sono poi arrivati anche dei dirigenti della squadra mobile. In casa oltre alla madre di Yara c’è anche il padre Fulvio che è tornato nell’abitazione pochi minuti prima dell’arrivo degli inquirenti
TUTTE LE TAPPE DEL CASO YARA
Il test del dna. Oltre che su indagini classiche, l’inchiesta si è basata sugli esami genetici. Il test del Dna dice che Bossetti è ’Ignoto 1’, ovvero il figlio illegittimo di Giuseppe Guerinoni, autista di bus morto nel ’99. Al figlio di Guerinoni era stato associato il Dna delle tracce genetiche ritrovate sul cadavere di Yara. Un uomo che però, almeno fino a lunedì, era rimasto sconosciuto, proprio perché illegittimo, così come era sconosciuta la madre naturale con la quale Guerinoni aveva concepito "Ignoto 1". I carabinieri, per ottenere il dna di Dossetti e fare le analisi necessarie prima del fermo, sono ricorsi a un semplice espediente: un normale controllo stradale durante il quale l’uomo è stato sottoposto al test dell’etilometro.
Lo stesso giudice di Fikri. Il suo cellulare, inoltre, sarebbe risultato tra quelli che avevano impegnato la cella della zona dove è stato ritrovato il cadavere dell’adolescente nell’ora in cui sarebbe avvenuto l’omicidio. Secondo alcune ricostruzioni, non confermate, Bossetti sarebbe il nipote della donna di servizio dei Gambirasio. Sarà con tutta probabilità il gip Ezia Maccora ad occuparsi della convalida del fermo. Si tratta dello stesso gip che valutò e archiviò la posizione del marocchino Mohammed Fikri, fermato e poi rilasciato e la cui posizione è stata definitivamente archiviata.
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La folla contro Bossetti. Subito dopo che si è sparsa la notizia del fermo, la folla ha aspettato Bossetti fuori dalla caserma dove si trovava sotto interrogatorio per vederlo e gridargli in faccia: "Bastardo, assassino". L’indagato ha trascorso la notte in carcere. Quarantaquattro anni e una sorella gemella, è sposato e ha tre figli.
CORRIERE.IT
[Esplora il significato del termine: ancora accertamenti da svolgere Il questore: si indaga per accertare se Bossetti abbia agito da solo Fortunato Finolli: «Il caso dal punto di vista giudiziario non è chiuso». In tarda mattinata il colonnello Bandiera aveva ricostruito l’iter investigativo di tre anni e mezzo di Redazione Online 4 Bergamo shadow Massimo Giuseppe Bossetti, il fermato per l’omicidio di Yara Gambirasio, potrebbe non aver agito da solo. Parole del questore di Bergamo, Fortunato Finolli: «Ci sono accertamenti da svolgere per capire e i tempi non sono quelli della stampa. Il caso dal punto di vista giudiziario non è chiuso, dobbiamo attualizzare la presenza della persona a quattro anni fa». Nel pomeriggio, alla caserma dei carabinieri di Bergamo, si è svolta la conferenza stampa del colonnello Antonio Bandiera sulle indagini che ieri hanno portato all’arresto di Massimo Giuseppe Bossetti, il presunto assassino di Yara Gambirasio. shadow carousel Bossetti in caserma, fuori l’attesa Bossetti in caserma, fuori l’attesa Bossetti in caserma, fuori l?attesa Bossetti in caserma, fuori l’attesa Bossetti in caserma, fuori l?attesa Bossetti in caserma, fuori l’attesa Bossetti in caserma, fuori l?attesa Bossetti in caserma, fuori l’attesa Bossetti in caserma, fuori l?attesa Bossetti in caserma, fuori l’attesa Bossetti in caserma, fuori l?attesa Bossetti in caserma, fuori l’attesa Bossetti in caserma, fuori l?attesa Bossetti in caserma, fuori l’attesa Bossetti in caserma, fuori l?attesa Bossetti in caserma, fuori l’attesa Bossetti in caserma, fuori l?attesa Bossetti in caserma, fuori l’attesa Bossetti in caserma, fuori l?attesa PrevNext «Voglio sottolineare che si è stata un’indagine lunga, un’indagine complessa che ha visto operare diversi reparti di eccellenza dell’Arma dei carabinieri, il nucleo investigativo di questo Comando provinciale, il Ros dei carabinieri, il Ris, unitamente anche ai reparti della polizia di Stato. Il coordinamento eccellente della Procura di Bergamo ci ha permesso di operare fino all’ultimo insieme dividendoci il lavoro e portando a compimento questo grande risultato. È il successo dell’Italia come sistema Paese, Procura e forze dell’ordine insieme. Siamo partiti inizialmente con una grande attività di natura scientifica, con l’individuazione non facile di un profilo biologico, di Dna, sui leggings di Yara. shadow carousel Caso Yara, gli inquirenti Caso Yara, gli inquirenti Caso Yara, gli inquirenti Caso Yara, gli inquirenti Caso Yara, gli inquirenti Caso Yara, gli inquirenti Caso Yara, gli inquirenti Caso Yara, gli inquirenti Caso Yara, gli inquirenti Caso Yara, gli inquirenti Caso Yara, gli inquirenti Caso Yara, gli inquirenti Caso Yara, gli inquirenti Caso Yara, gli inquirenti Caso Yara, gli inquirenti Caso Yara, gli inquirenti Caso Yara, gli inquirenti Caso Yara, gli inquirenti Caso Yara, gli inquirenti PrevNext Poi siamo andati ancora avanti arrivando a Giuseppe Benedetto Guerinoni, noto come il padre di Ignoto 1. Successivamente abbiamo approfondito le nostre attività su una pista investigativa del tutto nuova per quello che riguarda il contesto nazionale ma probabilmente anche a livello internazionale: sono stati raccolti migliaia e migliaia di Dna in modo scientifico, sono stati analizzati tutti i cellulari attivi nella cella la sera della scomparsa di Yara. Per ogni cellulare è stato fatto un lavoro oneroso: siamo andati a cercare non solo l’intestatario di ogni singolo utente, ma anche chi erano i suoi conviventi. Abbiamo vagliato le cerchie amicali e relazionali, la zona del rinvenimento del cadavere, la palestra: siamo arrivati a numeri importanti che richiedevano tempo, abbiamo investito le nostre migliori risorse, non abbiamo mai abbassato la guardia neanche un giorno. Sono orgoglioso di quello che hanno fatto i nostri militari. Venerdì abbiamo avuto la conferma del Dna della madre di Ignoto 1 e da quel momento è iniziata una nuova attività: 24 ore su 24 ci siamo dedicati alla persona che poi è stata fermata. Con uno stratagemma, durante un controllo effettuato su strada, siamo riusciti a trovare un nuovo profilo Dna da analizzare: abbiamo avuto la conferma che al 100% si tratta dello stesso Dna trovato sugli indumenti di Yara. Questa è stata l’evoluzione, voglio sottolineare ancora una volta la sinergia e il coordinamento in questo iter investigativo durato 3 anni e mezzo». Bossetti ha passato la sua prima notte nel carcere di via Gleno, a Bergamo:su disposizione del pubblico ministero non può incontrare nessuno. È in cella d’isolamento anche per una scelta di sicurezza della casa circondariale: si vogliono prevenire assolutamente eventuali ritorsioni da parte di altri carcerati. All’operaio 44enne accusato di aver ucciso Yara Gambirasio il pm di Bergamo Letizia Ruggeri ha contestato «l’omicidio» della ragazzina e di «averle adoperato sevizie e aver agito con crudeltà». È quanto si legge nel provvedimento di fermo del muratore di Clusone. Tra le accuse contestate non c’è quella della premeditazione del delitto. Secondo il pm, Bossetti ha trafitto la ragazzina «con tre colpi al capo e con plurime coltellate in diverse regioni del corpo e, abbandonandola agonizzante in un campo isolato, ne cagionava la morte». Le indagini condotte dai carabinieri e coordinate dal pm di Bergamo Letizia Ruggeri hanno accertato che il Dna trovato sugli slip e sui leggings di Yara Gambirasio e quello di Massimo Giuseppe Bossetti c’è «sostanziale, assoluta certezza di compatibilità». ] ancora accertamenti da svolgere
Il questore: si indaga per accertare
se Bossetti abbia agito da solo
Fortunato Finolli: «Il caso dal punto di vista giudiziario non è chiuso». In tarda mattinata il colonnello Bandiera aveva ricostruito l’iter investigativo di tre anni e mezzo
di Redazione Online
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Bergamo
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Massimo Giuseppe Bossetti, il fermato per l’omicidio di Yara Gambirasio, potrebbe non aver agito da solo. Parole del questore di Bergamo, Fortunato Finolli: «Ci sono accertamenti da svolgere per capire e i tempi non sono quelli della stampa. Il caso dal punto di vista giudiziario non è chiuso, dobbiamo attualizzare la presenza della persona a quattro anni fa».
Nel pomeriggio, alla caserma dei carabinieri di Bergamo, si è svolta la conferenza stampa del colonnello Antonio Bandiera sulle indagini che ieri hanno portato all’arresto di Massimo Giuseppe Bossetti, il presunto assassino di Yara Gambirasio.
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«Voglio sottolineare che si è stata un’indagine lunga, un’indagine complessa che ha visto operare diversi reparti di eccellenza dell’Arma dei carabinieri, il nucleo investigativo di questo Comando provinciale, il Ros dei carabinieri, il Ris, unitamente anche ai reparti della polizia di Stato. Il coordinamento eccellente della Procura di Bergamo ci ha permesso di operare fino all’ultimo insieme dividendoci il lavoro e portando a compimento questo grande risultato. È il successo dell’Italia come sistema Paese, Procura e forze dell’ordine insieme. Siamo partiti inizialmente con una grande attività di natura scientifica, con l’individuazione non facile di un profilo biologico, di Dna, sui leggings di Yara.
Poi siamo andati ancora avanti arrivando a Giuseppe Benedetto Guerinoni, noto come il padre di Ignoto 1. Successivamente abbiamo approfondito le nostre attività su una pista investigativa del tutto nuova per quello che riguarda il contesto nazionale ma probabilmente anche a livello internazionale: sono stati raccolti migliaia e migliaia di Dna in modo scientifico, sono stati analizzati tutti i cellulari attivi nella cella la sera della scomparsa di Yara. Per ogni cellulare è stato fatto un lavoro oneroso: siamo andati a cercare non solo l’intestatario di ogni singolo utente, ma anche chi erano i suoi conviventi. Abbiamo vagliato le cerchie amicali e relazionali, la zona del rinvenimento del cadavere, la palestra: siamo arrivati a numeri importanti che richiedevano tempo, abbiamo investito le nostre migliori risorse, non abbiamo mai abbassato la guardia neanche un giorno.
Sono orgoglioso di quello che hanno fatto i nostri militari. Venerdì abbiamo avuto la conferma del Dna della madre di Ignoto 1 e da quel momento è iniziata una nuova attività: 24 ore su 24 ci siamo dedicati alla persona che poi è stata fermata. Con uno stratagemma, durante un controllo effettuato su strada, siamo riusciti a trovare un nuovo profilo Dna da analizzare: abbiamo avuto la conferma che al 100% si tratta dello stesso Dna trovato sugli indumenti di Yara. Questa è stata l’evoluzione, voglio sottolineare ancora una volta la sinergia e il coordinamento in questo iter investigativo durato 3 anni e mezzo».
Bossetti ha passato la sua prima notte nel carcere di via Gleno, a Bergamo:su disposizione del pubblico ministero non può incontrare nessuno. È in cella d’isolamento anche per una scelta di sicurezza della casa circondariale: si vogliono prevenire assolutamente eventuali ritorsioni da parte di altri carcerati.
All’operaio 44enne accusato di aver ucciso Yara Gambirasio il pm di Bergamo Letizia Ruggeri ha contestato «l’omicidio» della ragazzina e di «averle adoperato sevizie e aver agito con crudeltà». È quanto si legge nel provvedimento di fermo del muratore di Clusone. Tra le accuse contestate non c’è quella della premeditazione del delitto.
Secondo il pm, Bossetti ha trafitto la ragazzina «con tre colpi al capo e con plurime coltellate in diverse regioni del corpo e, abbandonandola agonizzante in un campo isolato, ne cagionava la morte». Le indagini condotte dai carabinieri e coordinate dal pm di Bergamo Letizia Ruggeri hanno accertato che il Dna trovato sugli slip e sui leggings di Yara Gambirasio e quello di Massimo Giuseppe Bossetti c’è «sostanziale, assoluta certezza di compatibilità».
ESTER
«Resto in silenzio, soffro»: Ester Arzuffi, 67 anni, la madre di Massimo Bossetti, parla da dietro la porta di casa, al secondo piano di un condominio di Terno d’Isola. Una donna distinta, che si è chiusa in casa con il marito Giovanni, molto malato, e due amiche. «Stanno davvero molto male, davvero, abbiate rispetto», dice l’amica che spunta sull’uscio. Poi alle 12.20 arriva un gruppo misto di investigatori, carabinieri e polizia: tre uomini e una donna in casa. Dopo i test del dna si punta a ricostruire le fasi salienti della vita di Ester Arzuffi. In tarda mattinata sono stati fatti allontanare tutti i giornalisti e i fotografi che si erano radunati davanti alla porta d’ingresso dell’ abitazione. I carabinieri sono intervenuti in seguito alle proteste dei coinquilini dell’edificio.
«Poteva succedere a un nostro conoscente, invece è successo a noi. Se è stato lui, deve pagare»: così Arzuffi si era rivolta poco prima a una vicina, secondo quanto si è ascoltato al citofono di casa che era aperto. A Terno d’Isola, per un breve periodo dopo il matrimonio, avrebbe vissuto anche il figlio Massimo Giuseppe, assieme alla moglie e madre dei suoi tre figli, Marita Comi. «Ester è devastata, non si spiega questa cosa. Dice che non può essere stato davvero suo figlio». Così un’amica della famiglia Bossetti, dopo aver parlato la donna. «Continuava a dirci che è vero che ha fatto il test del dna, ma sostiene che il figlio sia di suo marito Giovanni».
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Tre colpi al capo, più coltellate inferte con crudeltà in diverse parti del corpo, lasciato agonizzante in un campo isolato: è atroce e chiara la ricostruzione dell’omicidio di Yara Gambirasio descritta dal provvedimento di fermo disposto dal pm per Giuseppe Massimo Bossetti. Elementi tali da far dire al procuratore generale di Brescia Pier Luigi Maria Dell’Osso che «la situazione ci fa dire che il caso è praticamente chiuso».
La pista «Ignoto 1» ha ora il nome del muratore Giuseppe Massimo Bossetti: per i carabinieri il suo Dna è lo stesso del materiale biologico ritrovato sugli slip di Yara, i test lo confermano al 100%, la compatibilità è assoluta. Lo scrive il pm di Bergamo Letizia Ruggeri descrivendo la morte della tredicenne di Brembate di Sopra, scomparsa il 26 novembre del 2010: Massimo Bossetti secondo l’accusa ha seviziato Yara Gambirasio con crudeltà, l’ha accoltellata ripetutamente prima di abbandonarla, agonizzante, in un campo isolato fino alla sua morte. Nel provvedimento di fermo nei confronti del muratore di 44 anni, il magistrato contesta a Bossetti il reato di omicidio con l’aggravante dell’aver operato sevizie e di aver agito con crudeltà, ma senza ipotizzare la premeditazione. Altri elementi emergono dal provvedimento di fermo: «Polveri riconducibili a calce» ritrovati nei polmoni di Yara, residui comunemente usati in edilizia e compatibili quindi con la professione di muratore di Bossetti. E ancora, l’analisi delle celle telefoniche: il giorno della scomparsa di Yara il cellulare di Bossetti aggancerebbe la cella di Brembate in un orario compatibile con la scomparsa della 13enne.
Nel corso dell’interrogatorio nella caserma del comando provinciale di Bergamo l’uomo ha respinto le accuse e si è avvalso della facoltà di non rispondere, mentre i legali dei Gambirasio si dicono soddisfatti per i recenti sviluppi: «Sono un buon punto di partenza, perché da un’indagine contro ignoti siamo giunti a un’indagine con un indagato. Ma - aggiungono - nessuno ha esultato. I genitori di Yara sono persone molto pacate e misurate che hanno avuto fiducia nelle indagini». È ancora da chiarire se ci fosse stato un contatto tra la famiglia Gambirasio e il presunto omicida: «Saprete tutto nei prossimi giorni» è l’unica dichiarazione rilasciata dal questore di Bergamo, Fortunato Finolli. Insieme al comandante provinciale dei carabinieri Antonio Bandiera in queste ore è tornato nella casa della famiglia Gambirasio. «una visita di cortesia - ha precisato -, non c’entra nulla con le indagini».
INCASTRATO DAL DNA
Bossetti, 44 anni, padre di tre figli, una sorella gemella, incensurato, è stato incastrato domenica sera con un normale controllo stradale, durante il quale è stato sottoposto al test dell’etilometro: con questo espediente i carabinieri hanno estratto il Dna che è risultato «perfettamente coincidente» con quello trovato sugli slip di Yara Gambirasio. È lui l’assassino - ne sono convinti inquirenti e investigatori - «l’Ignoto 1» cui davano la caccia da anni. L’esame del Dna che lo indicava come figlio illegittimo dell’autista di autobus Giuseppe Guerinoni, scomparso nel 1999 e a cui era riconducibile il profilo genetico trovato sugli slip di Yara, sarebbe stata solo l’ultima conferma, perché Bossetti era già stato individuato: apparteneva a quel gruppo di persone che gli investigatori ipotizzavano potessero essere, in qualche modo, coinvolti nel delitto. Erano partiti dal suo cellulare che era rimasto agganciato alla cella della zona di Brembate di Sopra nelle ore di quel 26 novembre del 2010 quando Yara era uscita dalla palestra per tornare a casa, distante poche centinaia di metri, e non era mai tornata.
LA MADRE DI BOSSETTI: «SE È STATO LUI DEVE PAGARE»
«Poteva succedere a un nostro conoscente, invece è successo a noi. Se è stato lui, deve pagare». È sconvolta Ester Arzuffi, la mamma del presunto killer. Al secondo piano della palazzina di Terno d’Isola, la donna è chiusa in casa, non risponde al citofono e al momento non vuole rilasciare dichiarazioni. Con lei, nell’abitazione ci sarebbe il marito Giovanni, e due donne, che sono arrivate in tarda mattinata. Solo a loro la madre di Bossetti ha aperto la porta. A Terno d’Isola, per un breve periodo dopo il matrimonio, avrebbe vissuto anche il figlio Massimo Giuseppe, assieme alla moglie e madre dei suoi tre figli, Marita Comi.
BOTTA E RISPOSTA PROCURA-ALFANO
Intanto, all’indomani dell’arresto di Bossetti, scoppia la polemica tra la procura di Bergamo e il ministro dell’interno Angelino Alfano sulla diffusione della notizia. A dar fuoco alle polveri, di primo mattino, il procuratore capo orobico Francesco Dettori. «Era intenzione della Procura mantenere il massimo riserbo - dice - anche a tutela dell’indagato in relazione al quale, secondo la Costituzione, esiste la presunzione di innocenza». Immediata la replica del ministro: «Credo che il procuratore di Bergamo non ce l’avesse con me anche perché non ho divulgato dettagli, si dovrebbe chiedere invece chi ha inondato i mass media di una quantità infinita di informazioni. Certamente non è stato il governo». «L’opinione pubblica - ha aggiunto - aveva il diritto di sapere ed ha saputo anche per essere assicurata». Nella tarda mattinata la controreplica di Dettori che getta un po’ d’acqua sul fuoco ma non arretra: «non c’è nessuna polemica ma questa situazione non mi è piaciuta».
«Non credo che il procuratore ce l’avesse con me, in quanto non ho dato nessun dettaglio - ribadisce il ministro - piuttosto si dovrebbe chiedere chi ha inondato i mass media di una quantità infinita di informazioni e dettagli. E certamente non è stato il governo». In ogni caso, sottolinea il titolare del Viminale, «l’opinione pubblica aveva comunque il diritto di sapere e ha saputo. Questo è un elemento rassicurante perché i cittadini devono sapere che in Italia chi delinque va in galera».