Paolo Siepi, ItaliaOggi 17/6/2014, 17 giugno 2014
PERISCOPIO
Cesare Prandelli è l’allenatore della Nazionale. Ma chi non lo è? Shimon Edelman. Il Fatto quotidiano.
Renzi come Stalin, e Mineo come Trotsky? Come diceva Marx, la storia si ripete in forma di farsa. Jena. La Stampa.
Guardiola di finanza. Riccardo Mannelli. Il Fatto quotidiano.
Al momento, la sola opera pubblica non interessata da episodi di corruzione rimane il tunnel della Gelmini. Spinoza. Il Fatto quotidiano.
Saranno state le sei del pomeriggio, sotto una pioggia violenta, alla testa del corteo «Tutti insieme, nessuno indietro» per la liberazione dei marò, c’è la compagna di Massimiliano Latorre. Un piccolo uomo la vede arrivare a Campo dei fiori, scruta il corteo per qualche istante, per mestiere. Capisce di che si tratta e accelera subito il passo verso Piazza Farnese, afferrando al braccio la compagna e fuggendo di gran carriera sotto l’ombrello, rischiando di scivolare sui sampietrini che la pioggia aveva trasformato in saponette. Quel piccolo uomo era Ezio Mauro, il direttore di Repubblica. Sarà stato lì per una passeggiata di sabato pomeriggio, forse era diretto a prendere un tè a casa dell’editore Carlo De Benedetti, che a Roma abita proprio nella magnifica piazza dove era prevista la conclusione della manifestazione per i marò. Franco Bechis. Libero.
Giachetti e Mineo sono diversi. Il primo è renziano cum juicio, il secondo civatiano. Giachetti è divertente. Mineo si prende sul serio. Molto. Per farsene una precisa idea, ecco come iniziano le biografie nel loro blog. Roberto, primo capoverso: «Sono nato a Roma una cinquantina di anni fa, sono divorziato e ho due figli» - stop e amen. Corradino: primo capoverso: «Vengo da una famiglia di intellettuali siciliani. Il nonno, di cui porto il nome, matematico e scienziato, accademico dei Lincei. Mia madre insegnante di matematica al Liceo, mio padre all’Università. E poi mio zio Mario, economista, uomo politico, rivoluzionario. Ricordo, ancora adolescente, lunghe passeggiate in via della Libertà, con lui e con i suoi giovani compagni. Poi il circolo Labriola, il Lenin, la costruzione del centro di iniziativa comunista, del manifesto, la rivista Praxis» - minchia! Sdm. Il Foglio.
L’elezione di Orfini alla presidenza del Pd rappresenta di sicuro la capitolazione di un modello di sinistra che ha avuto sempre un’altissima considerazione di sé. Di quella sinistra che fa gli origami o soffia distaccata sui foglietti degli appunti mentre la plebe si accapiglia; che con la scusa dello storicismo ha sempre trovato una giustificazione buona per ogni errore o ritardo. Quella sinistra spocchiosa e culturalmente aristocratica, dalemiana e post-delemiana, pronta a dar lezioni urbi et orbi, ma che, nei fatti, non è riuscita ad arrestare il proprio declino. Per questa sinistra, Renzi è sempre stato una piuma, un palpito, un fenomeno marginale e passeggero, un leader assolutamente inadeguato alla ricostruzione di un’egemonia nel paese. Marco De Marco. Corsera.
Il parlamento vota la legge sulla responsabilità dei magistrati. Anm e Csm subito gridano: «A rischio l’indipendenza dei magistrati». Indipendenza da chi? Libertà di che? Dimenticare un fascicolo in un cassetto per sei mesi? Frank Cimini. Il Foglio.
Nel 1993, durante Tangentopoli, il mazzettaro Dc Mongini, appena confessò, fu espulso dal partito dal segretario Arnaldo Forlani perché «con le affermazioni fatte ha creato sconcerto nella pubblica opinione». Mongini commentò sarcastico: «Mi han cacciato non per quello che ho fatto ma per quello che ho detto». È così anche per Orsoni? Pare proprio di sì: se avesse negato tutto e atteso il processo, sarebbe rimasto sindaco fino al terzo grado di giudizio: invece ha parlato e si è fregato da sé. Ma allora che senso ha l’appello di Renzi a denunciare le tangenti? Chi le conosce è perché o le paga o le prende. E se le denuncia e patteggia la pena scontata di un terzo, si stronca ipso facto la carriera politica. Dunque non ha alcun interesse a farlo: gli conviene star zitto, sperare di non essere scoperto, e se poi lo fosse, negare tutto e affrontare il processo, che, 9 volte su 10, finisce in prescrizione che tutti scambiano per assoluzione. E resta al suo posto. Marco Travaglio. Il Fatto quotidiano.
Renato Vallanzasca, scoperto per aver rubato in un supermercato merci del valore di 70 euro, è stato processato per direttissima. Per i grassatori di milioni di euro ci vogliono decine di anni prima che si arrivi a una sentenza definitiva, che in generale non arriva perché è stata tagliata dalla prescrizione. E se casomai arriva, dopo sforzi inumani della magistratura, per i «ladri in grande stile» ci sono gli «arresti domiciliari» in lussuose ville che, proprio con i loro latrocini, si sono fatti o la beffa dei «servizi sociali», dove si fa finta, per quattro ore alla settimana, di imboccare gli ammalati di Alzheimer che vomitano quel cibo, non perché sono incapaci di ingurgitarlo, ma perché sono disgustati da colui che glielo dà. Massimo Fini. Il Fatto quotidiano.
Susanna Camusso è la prima donna a ricoprire l’incarico di segretario della centenaria Confederazione generale italiana del lavoro, Cgil, il principale sindacato italiano, con quasi 6 milioni di iscritti (anche se più della metà sono pensionati). Trattandosi di un sindacato che ha sempre fatto sfoggio di muscolarità, ci si aspettava che una mano femminile portasse a un ammorbidimento dei toni. Invece, quanto a bicipiti, la Camusso non s’è rivelata seconda a nessuno. Penso che dipenda dal fatto che per 20 anni ha presidiato l’ala più barricadera della Cgil, cioè la Fiom, il sindacato dei metalmeccanici oggi guidato da quell’altro mangiapadroni di Maurizio Landini. Vittorio Feltri e Stefano Lorenzetto, Buoni e cattivi (Marsilio).
Il pilota è come un fantino perché deve amministrare saggiamente le possibilità del motore. Enzo Ferrari. Il Fatto quotidiano.
Dio ha un piano: lo vogliamo suonare o no? Alessandro Bergonzoni nello spettacolo teatrale Nessi.
Penso a Peppino, Peppino Patroni Griffi. Alle sue ultime parole prima di morire: «Ce ne andiamo al ristorante e ordiniamo i tortellini in brodo». Raffaele La Capria. Il Foglio.
Hai paura del futuro? Rilassati, è abolito. Walter Fontana, sceneggiatore. Corsera.
Visita di leva: «Giovanotto, in quale corpo vorrebbe essere mandato?». «In marina». «Ma sa nuotare?». «Perché, non abbiamo più navi?». Gino Bramieri, Barzellette (Euroclub).
Per apprezzare la popolarità bisogna averla raggiunta. Roberto Gervaso. Il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 17/6/2014