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 2014  giugno 14 Sabato calendario

MOSE-EXPO E IL «GIRO» DEI CONTANTI


Mose Venezia, Expo Milano, vertici della Guardia di Finanza Napoli, Carige Genova. Quattro storie di presunte tangenti e truffe che talora si intersecano tra loro, e che oggi vengono scannerizzate dalla cronaca attraverso la decrittazione di intercettazioni, telefoniche e ambientali, e di documenti sequestrati in centinaia di perquisizioni, oltre che di filmati che vedono i diretti protagonisti della vicenda scambiarsi denaro in pubblico. C’è però una domanda chiave in queste quattro vicende a cui ancora le indagini non hanno dato una risposta. Una domanda molto tecnica e insieme semplicissima: da dove arriva il fiume di denaro in contante che i magistrati veneziani, milanesi, napoletani hanno individuato come tangenti.
Una parte, certo, attraverso il meccanismo di false fatturazioni che, sporcando denaro pulito, vanno a creare riserve di nero. E il resto? Dal sistema bancario italiano? Possibile. Ma difficile. Perché c’è una legge, la 231 del 2007, che obbliga il sistema creditizio a segnalare le operazioni sospette. Il sistema bancario deve, dunque, necessariamente attenersi alle rigide disposizioni sulla limitazione dell’uso del contante. E non c’è dubbio che le transazioni dei torrenti di quattrini che sgorgano a monte delle inchieste in corso siano state effettuate proprio in contanti (mazzette da 500mila euro chiuse negli armadi, buste rigonfie transitate di tasca in tasca en plein air, spalloni che varcano frontiere, cash stipato in scatole di cellulari).
In particolare a sancire le regole di comportamento degli operatori bancari sul tema specifico è il primo comma dell’articolo 41 della 231/2007 che stabilisce che i soggetti (bancari, intermediari finanziari, professionisti) quando siano in possesso di dati o abbiano motivi ragionevoli di ritenere che siano in corso o siano state compiute movimentazioni anomale di contante (che non necessariamente significa riciclaggio) devono inviare una segnalazione all’organo istituzionalmente preposto ad analizzare i dati. Cioè l’Unità di informazione finanziaria, braccio operativo di Banca d’Italia che, a sua volta "girerà" le operazioni ritenute sospette a due organi investigativi specifici in grado di approfondirli: il Nucleo speciale di polizia valutaria e la Direzione investigativa antimafia. E quali sono le caratteristiche di un’operazione a rischio? A definirle è, ancora una volta, il primo comma dell’articolo 41: «Il sospetto è desunto dalle caratteristiche, entità, natura dell’operazione o da qualsivoglia altra circostanza conosciuta in ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacità economica e dell’attività svolta dal soggetto cui è riferita, in base agli elementi a disposizione dei segnalanti, acquisiti nell’ambito dell’attività svolta ovvero a seguito del conferimento di un incarico. È un elemento di sospetto – prosegue il testo normativo – il ricorso frequente o ingiustificato a operazioni in contante». E proprio di questo stiamo parlando. Contante come risorsa scarsa, commodity per definizione, con un valore facciale percentualmente inferiore a quell’incalcolabile "valore aggiunto" dato dalla sua intracciabilità.
Commodity preziosa, che, come tale, si paga a caro prezzo, e che rende spesso necessario ai protagonisti esporsi in telefonate e contatti diretti senza poter ricorrere ai tradizionali schermi offerti da costosi intermediari o da fiduciari che possano, in qualche modo, allargare la cerchia dei beneficiati. Ed ora ritorna la domanda originaria e legittima: esistono delle "riserve" all’estero di denaro cash immediatamente disponibile per questo tipo di operazioni illecite? E se si dove si trovano? Dalle rilevazioni del 2010 dell’ufficio elaborazioni statistiche di Banca d’Italia sui dati di rimpatrio dello scudo fiscale ter emerge che tra i denari rimpatriati giuridicamente (e non fisicamente rientrati in Italia) ci sono la bellezza di 5 miliardi in liquidità che non figurano né in conti correnti né in conti di deposito. È liquidità "dormiente" nelle cassette di sicurezza svizzere. Che il denaro arrivi proprio da lì?

Stefano Elli, Plus24 – Il Sole 24 Ore 14/6/2014