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 2014  giugno 14 Sabato calendario

FINANZA VIRTUALE, NON SOLO BITCOIN


Banche, assicurazioni società di brokeraggio, mercati azionari tremate. Il futuro potrebbe spazzarvi via.
Che l’economia globale stia diventando sempre più virtuale è ormai chiaro da tempo. Ma stanno emergendo segnali di una svolta nel mondo degli scambi economico-finanziari che potrebbe dimostrarsi dirompente quanto quella di Facebook nelle relazioni interpersonali. E i primi a pagarne le conseguenze sarebbero proprio gli intermediari finanziari.
A fare da battistrada è Bitcoin, la più diffusa moneta virtuale, o criptovaluta, oggi esistente. Pur non avendo la copertura, né tantomeno la garanzia, di uno Stato, in cinque anni si è affermata come strumento valutario usato in tutto il mondo. È diventata una realtà economica da oltre 5,5 miliardi di dollari. E dal 26 giugno avrà la sua prima presenza fisica in Italia, con l’istallazione di un "bancomat Bitcoin" alla Stazione Termini di Roma.
Cameron e Tyler Winklevoss, i gemelli di Harvard che hanno accusato Mark Zuckerberg di aver rubato idea e codici del social network universitario precursore di Facebook, sono convinti che il potenziale di Bitcoin sia superiore a quello del colosso di Zuckerberg. Tant’è che hanno investito circa 50 milioni di dollari.
Ma Bitcoin è solo l’inizio. Dalla valuta senza Stato, si stanno creando le basi per arrivare a una finanza senza banche. E in ultima battuta addirittura a un’economia che non necessita intermediari. Il progetto più ambizioso è quello di Vitalik Butarin, un ventenne canadese di origine russa che con altre sette "visionari" ha fondato Ethereum, da lui definita "il lego della finanza futura". Il suo piano è di creare da zero un meccanismo di scritture contabili criptate e condivise in modo decentralizzato - i cosiddetti "blockchain ledger" - come quello sul quale l’anonimo inventore di Bitcoin ha basato la sua valuta virtuale.
"Nel 2009, quando parlavo di Bitcoin la gente riteneva che fosse un’ idea folle, che non avrebbe funzionato mai. Ma nel giro di pochi anni è stata accettata. Con progetti quali quello di Ethereum i tempi potrebbero essere persino più brevi. Perché hanno il vantaggio di nascere sulle fondamenta già accettate di Bitcoin," dice a Il Sole 24 Ore Primavera De Filippi, giovane ricercatrice italo-francese del Berkman Center for Internet and Society dell’Università di Harvard.
I fondatori di Ethereum intendono applicare il meccanismo del blockchain a qualsiasi settore dell’economia - e della società - in cui siano utilizzabili contratti "intelligenti". "Parliamo di smart contract auto-ottemperanti", spiega De Filippi. "L’idea di fondo è che il contratto e il suo codice siano la stessa cosa, e quindi che il contratto sia prima definito e poi automaticamente eseguito dal codice. Un’analogia può essere quella con un distributore automatico: basta inserire la cifra stabilita perché la macchina consegni il prodotto desiderato. Non occorre fidarsi delle intenzioni della macchina, né la macchina deve fidarsi di quelle del cliente. La transazione è predeterminata. Nel caso dei contratti intelligenti l’interazione è determinata dal codice e ogni transazione viene registrata nei libri contabili criptati decentralizzati e distribuiti a tutti coloro che hanno accettato regole e procedure del protocollo di Ethereum". In questo modo si potranno creare rapporti di scambio di ogni genere del tutto autonomi, o come si dice in gergo "disintermediati", e privi delle garanzie fornite da autorità terze, come una banca, un’azienda o uno Stato. Come è appunto il caso di Bitcoin.
"L’idea è di evitare intermediazioni gestite da esseri umani, quindi suscettibili ad abusi o corruzione, e passare a un sistema decentralizzato e autogovernato basato su algoritmi con codici aperti a tutti e perciò del tutto trasparenti", aggiunge De Filippi.
Da Toronto e Zurigo, dove sono basati, i pionieri Ethereum puntano a lanciare la prima versione della loro piattaforma entro la fine del 2014. "L’obiettivo è di creare un sistema aperto di blockchain che possa essere utilizzato da chiunque per creare nuovi modelli di business o nuove forme di partecipazione sociale senza controllo centralizzato", ci spiega Joseph Lubin, che a 49 anni è il più anziano degli otto fondatori di Ethereum, e certamente quello con maggiore esperienza, avendo lavorato in società di software, hedge fund e persino a Goldman Sachs.
Quella di Ethereum è una sfida tecnologicamente difficile, perché intende costruire un nuovo sistema di blockchain anziché utilizzare quello già testato di Bitcoin. E potrebbe non riuscire.
Meno ambiziosi e ritenuti quindi più credibili sono svariati altri progetti di servizi finanziari e commerciali basati sull’utilizzo di criptovalute quale Bitcoin. Come quello di Circle, una startup di Boston che sta per lanciare una serie di prodotti finanziari digitali intesi a favorire l’uso di Bitcoin tra il grande pubblico che ha già raccolto 26 milioni di dollari di venture capital.
Quali delle tante iniziative del settore riuscirà ad affermarsi è difficile prevederlo anche per un’esperta come Primavera De Filippi. Ma a suo giudizio non c’è dubbio che il trend sia inarrestabile.
cgatti@ilsole24ore.us

Claudio Gatti, Il Sole 24 Ore 14/6/2014