Mauro Bottarelli, pagina99 14/6/2014, 14 giugno 2014
L’ULTIMA PARTITA AL PUB IL REGNO PERDE L’ANIMA
LONDRA. «Last order!» grida il publican scandendo le parole come un venditore ambulante. La campana suona come a festa e i clienti abbandonano la pinta che hanno in mano per fiondarsi al bancone: è l’ultima occasione per prendere ancora da bere, l’ultimo drink della serata prima della chiusura. È il segnale che entro 15 minuti il pub manderà tutti a casa e chiuderà le porte, fino alle 10 del mattino dopo. E ormai è storia.
Perché sono davvero pochi i pub che ancora utilizzano il last order e quasi tutti fuori Londra, soprattutto nei paesini di campagna o nel Nord. Ci hanno pensato prima la deregulation di Tony Blair che consentiva di prolungare l’orario di apertura oltre le undici durante la settimana e mezzanotte nel week end e poi il cambiamento di gusti dei britannici, capaci di vincere a Trafalgar e Waterloo ma molli come dei fichi nel farsi colonizzare da spagnoli e francesi a colpi di tapas e bistrot, a mandare in crisi una delle più consolidate istituzioni britanniche.
Il pub, ormai, è retaggio per anziani, operai dei cantieri, hooligan e turisti in cerca dell’Inghilterra vera, tra una visita ad Harrods e una a Covent Garden. Sempre meno inglesi vanno al pub, luogo che per decenni e decenni è stato il vero punto di riferimento delle comunità locali, il posto dove non sei mai solo o straniero, il posto delle certezze che vanno in lavastoviglie con le pinte e ne escono più rafforzate che mai.
Attualmente ci sono ancora 50mila pub in Gran Bretagna ma stando agli allarmanti dati diffusi da Tom Stainer, militante di Campaign for Real Ale, il numero di locali che chiudono ogni settimana è davvero da epidemia: 28 alla settimana. Pub che chiudono e non riapriranno come tali ma magari come gastro-pub o Starbucks, comunità di persone che perdono per sempre il loro punto di riferimento, ricordi che vengono cancellati da una mano di vernice per tramutarsi in neon o marmo tanto elegante quanto algido e asettico. Per Tom Stainer, «non puoi essere solo in un pub. Anche se non parli con la gente, puoi sederti in un angolo, leggere il giornale, farti una pinta e sentirti comunque parte della società. Questo è il grande merito dei pub».
Ma quello, forse, era un altro mondo, in cui certe tradizioni non venivano intaccate da nulla, nemmeno dalla crisi che ha portato le catene della grande distribuzione come Tesco o Morrisons a lanciare offerte sempre più vantaggiose sugli acquisti di alcolici e i pub a essere sempre meno indipendenti, finendo in gestione a grandi catene che puntano a massimizzare i profitti. Non chiuderà mai, quindi, il pub agli aeroporti di Heathrow o Gatwick, ma quello all’imbocco di Ealing Broadway, se ben pagato, può tranquillamente abbassare le saracinesche e riaprirle come pizzeria italiana o ristorante vegano per la gioia di hipster e straight edgers, gli adepti dello stile di vita che prevede l’assenza di tabacco, alcool, droghe e sesso occasionale.
Ma per Tom Stainer c’è di più: «Esiste una lobby contro la cultura del bere molto forte al momento, la quale sta diffondendo una campagna di demonizzazione che non tiene conto di quanto moderato possa essere il consumo di alcool. Anche se non sei un forte bevitore, anche se non hai un problema, fanno in modo di farti sentire in colpa se bevi. Sempre più gente va in palestra, sempre più gente vuole sentirsi in forma». Il che non è certo un male in sé, calcolati anche i costi che l’alcolismo ha per il sistema sanitario britannico ma certamente crea un vacuum culturale, soprattutto ora che iniziano i mondiali.
Un popolo che notoriamente collettivizzava le emozioni di massa come quello inglese si chiuderà in casa con la sua scorta di birra contata e guarderà la partita da solo o con pochi amici, invece di condividere gioie e dolori del calcio con perfetti sconosciuti che in caso di gol diventano per magia i tuoi migliori amici di sempre.
Stainer parla di «cambiamento di costumi»: i britannici bevono il 23% in meno di birra rispetto a dieci anni fa, preferendo il vino o altre bevande e questo sta portando i pub a dover operare sui margini cosa mai successa nella patria del boozing (l’abitudine a bere in eccesso, per sbronzarsi) e spesso a dover fare i conti con la parola fallimento.
Ma per Stainer c’è anche altro ed è preoccupante a livello sociologico: «L’idea di avere qualcuno che abita nel tuo palazzo seduto alla fine del bancone non è più in linea con il modo di vivere attuale. Non penso che ci siano molti posti dove tu possa sentirti libero e contemporaneamente a casa come al pub ma forse questo non è più di moda».
In difesa dei pub del regno si è mossa anche la politica, con il deputato conservatore Brandon Lewis diventato una sorta di minister for community pubs de facto dopo aver proposto una nuova legge secondo la quale se i frequentatori di un pub che sta per chiudere presentano una petizione, il proprietario deve garantire loro la possibilità di acquistarlo prioritariamente a qualsiasi altra offerta.
Progetto eroico ma anche sintomatico della gravità della situazione: la pub culture sta morendo, sostituita dal mito dell’addominale scolpito o della cucina ricercata e del bere raffinato. Il binge drinking che ha caratterizzato gli inglesi e tramutato le storiche moquette dei pub in spugne assorbenti per secoli è ormai agli sgoccioli, come l’ultimo sorso di una pinta dal retrogusto amaro.
D’altronde, se a Dublino si beve più Corona che Guinness, perché quest’ultima – in base a un recente studio – è ritenuta la birra dei poveri e dei vecchi, vuol dire che un’epocale cambiamento nei costumi è davvero in corso. E nonostante sempre più pub cerchino di snaturarsi per piacere, offrendo angoli wi-fi o addirittura ospitando al loro interno uffici postali o drogherie, l’impressione è quella di una lotta disperata, senza reali possibilità di cambiare il corso della storia.
Da Italia-Inghilterra in poi, le serate nei pub saranno meno affollate del solito, lasciando al cliente che questa coppa ha deciso di seguirla a casa la seguente domanda: per quanti amici e familiari possa ospitare il tuo salotto, sicuro che valga la pena di perdere l’occasione che quello sconosciuto cui hai rovesciato addosso mezza pinta di London Pride un domani non diventi davvero il tuo migliore amico? Il pub è questo. Nient’altro.