pagina99 14/6/2014, 14 giugno 2014
350 I MILIARDI PERSI PER IL CYBER CRIME
A rendere la rete e le comunicazioni elettroniche sempre meno sicure non è solo la crescente invasività dei governi emersa con il caso Snowden. Adeguatamente sfruttati, i dati di utenti telefonici, internauti, aziende e enti istituzionali garantiscono profitti immediati a bassissimo costo. Così l’industria dei professionisti del crimine sul web prolifera. Con danni enormi.
In un recente rapporto, il Center for Strategie and International Studies (Csis) ha stimato, per conto dell’azienda produttrice di antivirus McAfee, che la criminalità informatica costa ogni anno all’economia globale fra i 375 e i 575 miliardi di dollari (la media fa 350 miliardi di euro), con danni alle imprese che vanno dal furto di proprietà intellettuale ad attacchi hacker mirati.
Il fenomeno, date anche le dimensioni, segnala il Csis, finisce per avere ripercussioni a catena su commercio, competitività, innovazione, senza dimenticare i costi sociali: 200 mila posti di lavoro persi nel 2013 negli Usa e 150 mila nell’Unione europea.
In cima alla lista dei Paesi più colpiti dal cybercrime ci sono proprio Stati Uniti, seguiti da Cina, Giappone e Germania. Insieme, nel 2013 i quattro Stati hanno totalizzato danni per 200 miliardi di dollari. In particolare le perdite legate alla sottrazione di dati sensibili, come quelli sulle carte di credito, sono stimate 160 miliardi di dollari. Lo scorso anno nei soli Usa 40 milioni di persone hanno subito furti di questo tipo.
A pesare nel computo complessivo dei danni sono soprattutto i costi connessi ai costi necessari a ripristinare l’organizzazione delle aziende e delle istituzioni che subiscono un attacco. Come dimostra il caso dell’Italia. Secondo il Csis, lo scorso anno il nostro Paese ha subito perdite dovute ad attacchi di hacker per 875 milioni di dollari. Ebbene, a fronte di un danno di portata tutto sommato limitata, i costi di “pulizia e ripristino” hanno toccato gli 8 miliardi e mezzo di dollari (circa 6,5 miliardi di euro).
Non a caso, proprio il crimine informatico ai danni dell’Italia viene indicato come la principale minaccia al sistema Paese, dal punto di vista della sicurezza, in una recente relazione (intitolata Politica dell’informazione per la sicurezza) presentata dai nostri servizi segreti al Parlamento. Il rapporto mette in guardia sul «significativo incremento» di attacchi informatici finalizzati «all’acquisizione di informazioni sensibili e alla sottrazione di know-how pregiato». Un fenomeno «potenzialmente in grado di danneggiare o paralizzare il funzionamento dei gangli vitali dello Stato». A subire danni è stato soprattutto «il patrimonio informativo di enti governativi, militari, ambasciate, centri di ricerca», come anche quello «di società operanti nei settori aerospaziale, della difesa e dell’energia, anche di fonte alternativa». Gran parte degli attacchi mirano a sottrarre informazioni finanziarie, ma anche dati su brevetti e sul patrimonio intellettuale delle aziende italiane. La tipologia di aggressioni virali censite dai servizi comprende: attacchi a «piattaforme mobili, segnatamente quelle di mobile banking; la diffusione di siti web dannosi o infetti per la distribuzione di malware; il lancio in elevati volumi di campagne di spam, finalizzate a promuovere false offerte commerciali; l’inoculazione nei sistemi degli utenti di codici maligni; il massiccio impiego di ransomware ovvero del blocco di un sistema a scopo di riscatto».