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 2014  giugno 17 Martedì calendario

LE CAVIE SALVATE DAI COMPUTER


Lo scienziato non è un mostro che gode nel far soffrire gli animali. Anzi, per moltissimi di loro sarebbe un sogno poter fare a meno delle cavie, magari sostituendole con freddi e inanimati computer. Prova ne sono i numerosi studi che hanno come obiettivo la creazione di metodi alternativi che, anche se non in grado di annullare la necessità della sperimentazione animale, in futuro potrebbero ridurla. A fare il punto, centinaia di ricercatori da tutto il mondo nel convegno «Qsar 2014», fino a venerdì presso all’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano. Sotto la lente i metodi complementari cosiddetti «in silico», cioè al computer. «Siamo determinati a sostenere lo sviluppo di questo ambito di ricerca, al fine di ridurre ulteriormente il numero di animali nei progetti di ricerca», spiega Silvio Garattini, direttore dell’Irccs di ricerche farmacologiche di Milano. Ulteriormente perché la volontà di ridurre al minimo l’utilizzo degli animali è uno principi guida a cui si ispirano i ricercatori in laboratorio e che, specialmente negli ultimi anni, ha permesso di tagliare l’impiego di animali per «scopi scientifici». Solo la ricerca targata «Mario Negri» ha ridotto di quasi dieci volte l’utilizzo di cavie animali, passando dalle oltre 120mila di qualche decennio fa alle 15mila di oggi.
IL CAMBIO DI PASSO
La volontà di limitare l’utilizzo di animali in laboratorio è evidente anche dai dati dell’ultimo rapporto della Commissione europea sulle statistiche della sperimentazione animale, secondo cui nel 2011 sono stati impiegati nella sperimentazione mezzo milione in meno di animali rispetto al 2008. In particolare, in Europa siamo passati dai 12 milioni di animali impiegati nei laboratori di industrie, università e centri di ricerca nel 2008 agli 11,5 milioni del 2011. Certamente siamo ancora di fronte a cifre alte, ma che evidenziano la tendenza degli scienziati a limitare l’utilizzo di animali come cavie. Anche nel nostro Paese, secondo i dati europei più aggiornati, si è registrato un calo significativo: dai poco più di 864mila animali nel 2008 a poco meno di 782mila nel 2011. «I numeri scendono perché grazie alla ricerca si è riusciti ad affinare i metodi di lavoro» spiega Roberto Caminiti, professore di fisiologia all’Università Sapienza di Roma e presidente del comitato per l’uso degli animali della Federazione delle società europee di neuroscienze.
Oggi, ad esempio, molti test in vivo, cioè che richiedono l’utilizzo di animali vivi, possono essere sostituiti da analisi in vitro, cioè in provetta. Poi ci sono i test «in silico», quelli virtuali, che consentono di elaborare una mole di dati in pochissimo tempo e fornire indicazioni sulle proprietà desiderate o indesiderate dei composti, come reazioni allergiche, mutagenesi, cancerogenesi, tossicità per l’apparato riproduttivo, tossicità ambientale, biodegradabilità. Per l’industria farmaceutica significa un enorme risparmio di tempo e denaro.
LA LEGGE
Tuttavia «al momento non esistono metodi alternativi, al computer o con le cellule, nella ricerca di nuove terapie - precisa Garattini - capaci di dare le risposte di efficacia e di sicurezza che il modello animale, pur nei suoi limiti, è in grado di assicurare». La pensa così anche Caminiti. «Se ci fosse un modo per evitare la sperimentazione sugli animali, sarei il primo a esserne contento», continua. «Però sappiamo che non è così e non sarà così per molto tempo. La sperimentazione sugli animali di un farmaco - aggiunge - è imposta dalla legge prima che possa essere usato dagli uomini. L’alternativa sarebbe quella di dare un farmaco di cui non si conoscono bene gli effetti direttamente alle persone malate». Del resto grazie agli animali abbiamo a disposizione terapie contro moltissime patologie. Ad esempio, grazie ai primati non umani è stato possibile debellare la poliomielite, sviluppare la dialisi, mettere a punto farmaci anti-asmatici e terapie antiretrovirali contro l’Hiv, testare la stimolazione cerebrale profonda per il Parkinson, ecc. «Oggi più che mai sono ancora insostituibili per le ricerche sul vaccino contro la malaria, l’epatite C, l’Hiv, e non di meno per cercare di trovare un modo per combattere l’antibiotico-resistenza», conclude Caminiti.