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 2014  giugno 14 Sabato calendario

UN DEBITO A LIVELLI DA GUERRA MONDIALE


La verità è una: siamo in guerra. Una guerra non dichiarata, senza nemici visibili. Non sai dov’è il fronte perché semplicemente il fronte attraversa le nostre vite, i nostri comportamenti, ci cambia. E sta in questa serie di numeretti e percentuali, che toglie il sonno. Settimane fa ho fatto l’errore di chiedere alla Banca d’Italia la serie storica delle cifre sul debito pubblico italiano dal 1861 ad oggi. Così da questa paginetta “Xl” non riesco a staccare gli occhi, né riesco a non rimuginarci sopra. Il rapporto tra Prodotto interno lordo e debito pubblico, cioè tra quanta ricchezza produciamo e quanto spendiamo per produrla, uno dei totem che in questi anni hanno dettato agende politiche e armato la “dittatura” Ue, o è una cavolata o è una cosa seria. E se è una cosa seria, questo ha un solo significato: siamo in guerra. Il nostro debito oltre il 132% del Pil ha un solo termine di paragone nella nostra storia: gli anni della Seconda guerra mondiale.
Nel 1942 il debito pubblico schizzò dall’equivalente di 137 milioni a 190 milioni di euro (sì, avete letto bene: nel 2013 è arrivato a 2mila miliardi e 68 milioni), con un rapporto debito/Pil del 113,7%, del 102% nel ‘41, 112% nel ‘43. A dir la verità la punta massima del dissesto nei conti dello Stato era stata raggiunta appena l’Europa aveva finito di ingoiare la “Grande medicina purificatrice”, ovvero la Prima guerra mondiale: in Italia il debito è il 139% del Pil nel ‘19, il 159% nel ‘20 e ‘21, il 148% nel ‘22. È finita come sappiamo. L’età dell’oro è dal ‘47 alla fine degli anni ‘60-primi anni ‘70. L’indebitamento pubblico si mantiene udite sul 30% e scende al di sotto negli anni del boom economico nella prima metà degli anni ‘60 (per dire, avevamo 4 miliardi di euro di debiti nel ‘60 e 10 miliardi nel ‘68 con un Pil che galoppava: 12 miliardi nel ‘60 e 28 miliardi, sempre calcolati in euro, nel ‘68). In giorni di beatificazione di Enrico Berlinguer vale la pena ricordare che l’esplosione della spesa pubblica coincide, a partire dal ‘72, con l’avanzata del Partito comunista italiano al quale la Dc deve fare posto negli enti pubblici, nelle istituzioni. Le Regioni, un quarto di secolo dopo l’entrata in vigore della Costituzione, vengono create frettolosamente in buona parte anche per questo. E le Regioni si riveleranno eccezionali centri moltiplicatori della spesa. Incidono anche altri fattori naturalmente, a partire dalla recessione innescata dalla crisi energetica. Ma pesa anche questo elemento di politica interna. La riprova? Il debito delle amministrazioni pubbliche dal ‘76 al ‘79 raddoppia: da 52 a 95 miliardi. Da ridere, certo, rispetto ad oggi. Ma sono gli anni successivi alla Riforma sanitaria, che passa le competenze alle Regioni con la “mission” di “affidare i servizi alla collettività”, e mette la sanità nelle mani della politica. Con tutto quello corruzione, tangenti, organici gonfiati che ne consegue e che stiamo pagando ora. A Roma c’era una figura mitica, il rappresentante del Pci designato a presidente del Comitato di gestione della Usl (Unità sanitaria locale) del S. Camillo-Spallanzani Forlanini, ovvero il più grande polo ospedaliero europeo, e con la quinta elementare in tasca.
Poi certo il debito aumenta ancora negli anni ‘80, da 181 miliardi dell’82 ai 591 dell’89. Facile dare la colpa al craxismo e al rampantismo: in realtà l’Italia è alle prese con la de-industralizzazione, l’economia comunque continua a crescere e pone il Paese tra le grandi potenze mondiali. La verità è un’altra. Il debito pubblico arriva a 849 e a 959 miliardi e il rapporto debito/ Pil sfonda il muro del 100% (rispettivamente è del 105% e del 115%) nel ‘92 e nel ‘93. Toh, sono gli anni dei governi “tecnici” presieduti da Amato e Ciampi. I governi “tecnici”, oltre a impoverirci, non hanno risanato un bel niente. Una conferma? Il debito è il 116% del Pil nel 2009 (governo Berlusconi) e finisce al 127% nel 2012 e 132% nel 2013, governo Monti (più Letta). C’è un altro enigma: nonostante le lacrime e il sangue, nel ‘91 eravamo indebitati per 755 miliardi e nel 2013 per quasi quattro volte tanto (2mila miliardi 68 milioni). Come abbiamo fatto, chi ha “usurato” gli italiani?
Che cosa sia la “Guerra del debito” lo abbiamo capito in questi anni: uccide singoli e famiglie, azzera il futuro dei nostri figli, brucia le risorse, distrugge il lavoro, il tessuto economico e il tessuto sociale. Sì, siamo in guerra. Bisogna dirlo a Matteo Renzi (magari ci mette la faccia).
PS. Comunque coraggio: nel rapporto debito/Pil abbiamo sforato quota 100% in 65 anni su 153 di Unità d’Italia. Ce la possiamo fare.