Arturo Zampaglione, Affari&Finanza – la Repubblica 16/6/2014, 16 giugno 2014
TIME, IL RITORNO ALLE ORIGINI DOPO 25 ANNI DIVORZIA DA WARNER
New York
Per mezzo secolo quel grattacielo di 48 piani del Rockefeller Center, nel cuore di Manhattan, è stato un centro nevralgico e simbolico del giornalismo mondiale. Ma tra pochi mesi Time Inc, la holding con 7900 dipendenti e 130 riviste in giro per il mondo tra cui il glorioso settimanale fondato da Henry Luce nel 1923 - lascerà quel prestigioso edificio per trasferirsi downtown e risparmiare sull’affitto. Già da tempo i giornalisti di Timesono stati decimati dai licenziamenti e non godono più di vecchi privilegi come i carrelli di vini e liquori a disposizione lungo i corridoi. Ma adesso l’offensiva sui costi lanciata da Joseph Ripp, 62 anni e da meno di uno chief executive di Time Inc, diventa più incisiva e soprattutto più urgente: dalla settimana scorsa la società editoriale è stata scorporata dal gruppo Time Warner, dopo 25 anni di strada comune, ed è stata quotata in modo autonomo a Wall Street. Nel suo portafoglio, riviste e siti. Niente più introiti televisivi o cinematografici per riequilibrare il declino delle tirature e della pubblicità sulla carta stampata. Ripp deve vedersela da solo facendo leva sui suoi asset e riducendo i costi. Oltre al trasferimento del quartier generale, il Ceo ha in programma di tagliare le spese complessive del 25% con nuovi licenziamenti in massa. Ma come si è arrivati a questi nuovi assetti societari? Perché, dopo essere rimasta una azienda editoriale pura dal 1922 al 1989, quando si fuse con Warner e poi con Aol,
torna adesso alle origini? E quali prospettive economiche hanno i dipendenti e gli azionisti vista la difficile situazione del giornalismo? Dopo aver inaugurato quasi un secolo fa, grazie all’intuizione di Luce e del suo partner Briton Hadden, una nuova formula per l’informazione, la rivista Time è rimasta a lungo un centro di potere e una fabbrica di utili. Fino agli anni 90 la tiratura superava i 4,2 milioni di copie. Luce e i suoi successori avevano allargato il parco delle testate, tra cui spiccano People, Fortune, Entertainment week e Sports Illustrated. Ma l’avvento di Internet e i cambiamenti nello stile di vita dei giovani, ha cambiato per sempre le regole dell’editoria. Tra il 2011 e il 2013 gli incassi pubblicitari di Time Inc sono scesi del 6% e le tirature dell’11. in tre anni il fatturato del gruppo si è ridotto dell’8,8% e gli utili operativi sono crollati del 41 fino a 330milioni di dollari. A complicare le cose fino alla settimana scorsa, c’era il fatto che le testate di Timeerano intrappolate in un gruppo con ben altri problemi e ambizioni. Nel 2000, mentre l’esuberanza irrazionale legata alla new economy contagiava il mondo, Steve Case, chief executive di Aol, commise quel che fu definito “il più grande errore della storia imprenditoriale di tutti i tempi”, fondendo la sua società con il colosso dei media Time-Warner. Quella maxi-operazione da 165 miliardi fu definita allora con molta leggerezza un punto di svolta nei rapporti tra informazione e hi-tech. Si ipotizzarono altri consolidamenti a raffica nei due settori e conseguenze a catena su tutti i concorrenti. I risultati furono l’esatto contrario. Le culture delle due aziende non riuscirono mai ad integrarsi. Il brusco tramonto del mito della new economy trascinò nel baratro i titoli del settore tecnologico, a cominciare da quelli del conglomerato Aol Time Warner. Il declino del business dell’informazione, con la perdita di copie vendute e di pubblicità, mandò poi in tilt bilanci e dividendi. Così nel 2009 si arrivò al primo divorzio. Aol fu separata dal resto del gruppo e abbandonata a se stessa. Adesso è il turno del secondo divorzio: quello di Time. Con una complessa operazione societaria, Jeffrey Bewkes, chief executive di Time Warner, ha scorporato e spolpato Time Inc distribuendone i titoli agli azionisti Time Warner, che riceveranno anche 600 milioni di dollari di un dividendo speciale pagato dalla nuova società. L’obiettivo di Bewkes era di liberarsi della carta stampata e di concentrarsi sul resto, a cominciare da cinema e tv. Ripp parte adesso con 1,3 miliardi di debiti e un modello di business traballante. Può farcela o è una impresa votata all’insuccesso? A sorpresa la quotazione a Wall Street di TIME, la sigla del nuovo titolo, va meglio delle previsioni. Gli analisti ipotizzavano che sarebbe crollata e Time Warner sarebbe salita. Ma la prima giornata di contrattazioni - lunedì scorso - si è chiusa con un calo di appena l’1%, lasciando così ampi margini per i progetti di Ripp. Il quale, a parte lo spostamento della sede, i licenziamenti e altre riduzioni di costi, farà leva su vendite in edicole, abbonamenti e pubblicità per rilanciare il gruppo e cercare acquirenti per singole testate o anche per l’insieme. E Michael Wolff, il celebre esperto di media, ipotizza che tra gli interessati ci sarebbe anche l’immancabile Rupert Murdoch. In alto, quattro storiche copertine di Time: Albert Einstein (designato “Uomo del secolo” nel 1999); John Kennedy (copertina del 26 novembre 1963, quattro giorni dopo il suo assassinio); Barack Obama (all’elezione nel 2008) e Janet Yellen, prima donna presidente della Federal Reserve (2014).
Arturo Zampaglione, Affari&Finanza – la Repubblica 16/6/2014