Massimo Giannini, Affari&Finanza – la Repubblica 16/6/2014, 16 giugno 2014
SE I CUCCIA PASSANO L’ETICA NON PASSA MAI
Nessuno può sprecare la vita a pensare che “c’è stato un passato migliore”, secondo la formula nostalgica giustamente confutata da Francesco Piccolo. Ma a leggere il libro che Giorgio La Malfa ha appena pubblicato con Feltrinelli su Enrico Cuccia e sul “segreto di Mediobanca”, non puoi fare a meno di provare un filo di rimpianto. Non certo per quello che è riuscito a realizzare il Grande Vecchio. I suoi progetti sul glorioso capitalismo tricolore sono quasi tutti falliti. E’ fallito il disegno di costruire un sistema di grande industria capace di trainare il modello di sviluppo del Paese. E’ fallita l’idea di blindare gli assetti di potere della finanza con il “lucchetto” improprio dei patti di sindacato, delle partecipazioni incrociate e delle scatole cinesi. Ed anche l’ambizione di preservare la spina dorsale dell’economia privata dalle “manipolazioni” indebite della politica e dello Stato Padrone ha avuto un costo troppo alto. Per raggiungerlo, è nato il “capitalismo di relazione”, un sistema chiuso e autoreferenziale, abituato a lavorare nell’ombra e a non “rendere conto”. La prova è la lettera che Cuccia scrive a Prodi il 21 luglio del ’93, in piena battaglia sulla privatizzazione di Comit e Credit, alla quale Mediobanca può collaborare solo se è garantita la massima segretezza, perché “un lavoro di questo genere non può essere condotto a buon fine se si è frastornati dalle chiacchiere dei giornali, dalle interrogazioni dei parlamentari e dalle iniziative dei sindacati”. Un sistema che, se si è protetto dalla manomorta pubblica, alla fine non si è comunque salvato dagli schiaffi salutari del mercato globale. Detto tutto questo, di fronte ai miserabili mazzettifici di una Partitopoli senza vergogna e agli intollerabili arricchimenti di una finanza senza scrupoli, non si può non ricordare la fibra etica e morale di uomini come Cuccia, nei quali la semina del Partito d’Azione ha germogliato e dato frutti anche nelle stagioni più buie della Storia repubblicana. La prova, in epoca di bonus miliardari a manager che spesso producono più danni che risultati, è un’altra lettera del patron di Mediobanca, stavolta a Eric Roll (presidente della Warburg) sui due modelli di banca d’investimento, il “continentale” e l’anglosassone. Cuccia conclude così: “Non posso fare a meno di domandarmi se la moda recente per transazioni a rischio ultra alto non derivi almeno in certa misura da partners e dirigenti che hanno una visione altamente soggettiva dei profitti e delle perdite negli affari di cui si occupano, giacché essi stessi saranno tentati dai benefici di rischi elevati mentre la loro banca dovrà sempre e in ogni caso assumersi i costi delle eventuali perdite”. La missiva è del 21 giugno ‘95. Quasi vent’anni prima dell’avvento dei lupi di Wall Street. m.giannini@repubblica.it
Massimo Giannini, Affari&Finanza – la Repubblica 16/6/2014