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 2014  giugno 14 Sabato calendario

I SANBERNARDO SENZA BOTTICELLA


da Berlino

Niente è dunque vero? I tori non si eccitano per la cappa rossa sventolata dal torero, perché sono daltonici. E, a proposito di colori, non è mai esistita la linea rossa tra la Casa Bianca e il Cremlino, il telefono diretto per evitare una crisi dei missili come a Cuba, una guerra nucleare.
Non era tecnicamente possibile. Nerone non era cattivo come si dice e fu un bravo imperatore. Il generale napoleonico Cambronne non disse mai l’eroica battuta «la vecchia guardia muore ma non si arrende», bensì un «merde» più prosaico e altrettanto efficace. È un falso storico la bandiera rossa issata sul Reichstag a Berlino, ed è un falso la composizione dei marines che issano la bandiera a stelle e strisce su Iwo Jima. Nessun cristiano fu dato in pasto ai leoni nel Colosseo. La carica dei 600 a Balaklava non fu travolgente come si vede al cinema, e via di questo passo. Perché meravigliarsi se alla fine la gente dubita che gli americani siano sbarcati sulla Luna? Fu Kubrick, il regista di 2001 Odissea nello spazio, a ricostruire in studio il saltello di Armstrong sulla superficie lunare?
Non possiamo credere neanche alle storie più semplici. Tutte leggende? Il Sanbernardo, l’enorme cane peloso, che salva gli alpinisti sepolti dalle valanghe e porta al collo la borraccia con l’acquavite per riscaldarli e rincuorarli? Bene, anche lui è una favola. La Svizzera celebra il suo cane più celebre, Barry, a 200 anni dalla morte con una mostra a Berna, inaugurata ieri al Museo di storia naturale, ma gli elvetici sono gente seria e raccontano la verità. I Sanbernardo non hanno mai spacciato alcol in giro per montagne e vallate.
Secondo quanto si racconta, Barry avrebbe salvato sulle Alpi almeno 40 uomini. Viveva a 2.500 metri di quota, nell’ospizio dei monaci agostiniani sul passo del San Bernardo, che allevavano i cani giganteschi e bonari fin dal XVII secolo. Il Sanbernardo si spense per vecchiaia nel 1812, il priore lo fece imbalsamare, e oggi i visitatori possono ammirare l’eroico cane, con l’immancabile borraccia con la rossa croce elvetica appesa al collo. Un’immagine che è diventata un simbolo della Svizzera, come Heidi, la bionda pastorella, e Guglielmo Tell con la sua balestra.
Già nel 1956 gli storici avevano accertato che la borraccia è un’invenzione, ammette Marc Nussbaumer, l’esperto del museo. Ma la mostra vuole spiegare i rapporti tra verità storica e la nascita dei miti. Un modo elegante per tirarsi fuori dagli impicci: se ci si limitasse alla realtà, chi verrebbe a rendere omaggio a Barry? Un falso il racconto che lui e i suoi compagni canini abbiano salvato decine di soldati che seguivano Napoleone nella traversata delle Alpi. Si sarebbero sperduti nella tormenta e i Sanbernardo li salvarono dalla morte certa per assideramento. Con il loro naso sensibile li scoprirono sepolti nella neve, li tirarono fuori e offrirono una buona sorsata di grappa ristoratrice. Secondo un altro racconto, Barry avrebbe trovato un bambino disperso sulle Alpi e se lo sarebbe caricato sull’ampio dorso per trasportarlo all’ospizio appena in tempo. Il cosiddetto Knabenritt, la cavalcata del fanciullo, è rappresentata in una serie infinita di quadri oleografici che non mancano nei libri delle elementari in ogni cantone.
È vero però che nel corso dei secoli i monaci, accompagnati dai cani, salvarono almeno 2 mila viandanti, militari e contrabbandieri. Erano dei gregari, degli aiutanti, non dei protagonisti. Oggi i monaci offrono gite turistiche per le vallate in compagnia dei Sanbernardo, con la botticella al collo. Nel prezzo è compresa anche la bevuta finale. Non importa che siano vere o false: le leggende come le favole, con cui si confondono, sono necessarie per vivere. E rendono bene agli enti del turismo.

Roberto Giardina, ItaliaOggi 14/6/2014